quando mollare i freni?
Se avete una elevata carica di reattività non proseguite nella lettura. Matteo Renzi ha rilasciato una intervista al quotidiano Avvenire seguita da una miriade di dichiarazioni orali sui media relativamente alla necessità di impostare l'uscita dalla emergenza.
La notizia l'ho appresa stamattina presto ascoltando un po' distrattamente la rassegna stampa di radio radicale e mi ha colpito in particolare un brano (che non ho poi ritrovato su Avvenire e che probabilmente faceva parte di altre dichiarazioni) in cui sosteneva la opportunità di rimettere in circolazione quei milioni di italiani (probabilmente esistenti, ma non identificabili) che si sono ammalati e sono guariti spontaneamente.
La base di partenza dei ragionamenti di Renzi è seria: bisogna far ripartire l'Italia il prima possibile. Concordo e so benissimo che se la soluzione definitiva basata sul vaccino non la vedremo prima di due anni occorrerà fare i conti con un cambiamento di stili di vita di tipo permanente.
Le misure per la ripartenza vanno assunte prima possibile. Concordo. Ma qui finiscono i concordo perché è molto diverso porre delle condizioni e delle modalità per la ripartenza dallo sparare date con leggerezza.
Prendo dall'Avvenire: "Le fabbriche devono riaprire prima di Pasqua. Poi il resto. I negozi, le scuole, le librerie, le messe… E allora faccio una proposta concreta: si torni a scuola il 4 maggio. Almeno i 700mila studenti delle "medie" e i 2 milioni 700mila delle "superiori". Tutti di nuovo in classe, mantenendo le distanze e dopo aver fatto comunque tutti un esame sierologico: una puntura su un dito e con una goccia di sangue si vede se hai avuto il virus."
Tutti i giorni mi guardo il meritevole lavoro fatto dal Sole 24 ore che esamina i dati e poi li analizza scomponendoli in dati sulle province, sulle regioni e sull'intero mondo.
Inizio l'esame con la immagine dell'Italia messa in apertura all'articolo. Guardate la situazione dei contagi accertati. Lo vedete che c'è una maggioranza del paese che è stata colpita solo in parte e in ritardo? Anche i cinesi, fatte le dovute distinzioni dimensionali, avevano una situazione analoga. Quando (con le dovute cautele) hanno riaperto? Lo hanno fatto quando nello Hunan la pandemia è stata debellata. E in Italia come stiamo?
Basta guardare l'immagine qui a lato per capire che la curva dei contagi dà i primi segni di rallentamento (la concavità sembra andare verso il basso, seppur molto lentamente) ma che siamo ancora parecchio lontani dalla messa sotto controllo.
L'altro elemento che salta all'occhio è che, per qualche ragione dovuta al basso numero di tamponi effettuati, il numero dei morti è di 1 a 10 contro valori attesi tra l'1 e il 3 che ci dice la scienza. Vuol dire che i malati in Italia sono molti di più (tra quelli allettati a casa e quelli apparentementi sani al domicilio). Inoltre dalle zone fortemente contagiate come Bergamo, Brescia e Cremona giungono notizie confermate dai sindaci (e non dagli untori) secondo cui, nei loro comuni, il numero di morti reali è da 2 a 5 volte quello conteggiato e questo dato fa da ulteriore moltiplicatore sul numero vero di ammalati.
La curva che tende alla concavità verso il basso ci induce a qualche segno di ottimismo anche se, per ora, sembra più una retta con una debolissima curvatura. Non pubblico le curve delle 5 regioni più contagate che risultano confermare il dato precedente mentre vado a vedere la situazione delle province più in crisi.
Come si vede c'è minore regolarità rispetto al dato globale, e questo in statistica è normale perché si opera su numeri più piccoli e c'è maggiore incidenza di singoli eventi, come potrebbe essere una casa di riposo in cui il contagio sta esplodendo e i ricoverati muoiono o un episodio di virulenza locale in un piccolo comune.
Si vede che a MIlano non siamo messi bene e nemmeno a Brescia e a Torino mentre continua l'andamento altalenante di Bergamo fatto di flessi e controflessi.
Un altro elemento da prendere in considerazione è quello che esamina il rapporto tra il numero dei casi e la popolazione residente perché ne possiamo trarre una sorta di indice locale di virulenza.
Vediamo così che nelle zone più colpite siamo tra lo 0.2% e lo 0.8% con il livello più alto a Cremona 1.05% mentre Bergamo, Lodi e Piacenza sono tra 0.8% e 0.9%. Brescia che pure è fortemente colpita è solo (?) allo 0.6% trattandosi di una provincia molto estesa e con popolazione distribuita.
La immagine successiva ci rimanda alla situazione del nostro sistema sanitario e confronta i malati in terapia intensiva con i ricoverati in ospedale e con quelli malati al domicilio. In proposito teniamo presente che il dato dei malati al domicilio potrebbe essere falsato perché nelle province più colpite, ma anche qui in Toscana da dove scrivo, passano sino a 15 giorni prima che l'aggraveamento della situazione induca alla effettuazione del tampone e al conseguente riconoscimento di malattia mentre, su indicazione delle ASL, i medici di base (loro malgrado) fanno solo consulti telefonici.
I tre diagrammi ci dicono che
- i posti in terapia intensiva sono saturi, non che si è stabilizzato il numero di malati gravi e basta guardare al numero dei morti per capirlo. I posti si liberano quando l'ammalato muore o sta meglio e vengono immediatamente rioccupati.
- Lo stesso vale per i ricoveri ospedalieri che, come si vede, hanno raggiunto la tangente orizzontale (indice di stabilità), ma non è così per i malati al domicilio il cui numero non dipende dal numero di posti disponibili. Insomma, in questo momento l'epidemia è in atto è non è il caso di allentare la guardia.
Nei giorni scorsi gli Italiani hanno avuto una piccola soddisfazione, ma si tratta di una soddisfazione molto amara: non eravamo noi gli untori, non eravamo noi gli incapaci. Il contagio si è esteso a tutta l'Europa e qualche paese come la Spagna e il Regno Unito, guardando al trend, si trova in situazione molto simile alla nostra.
In realtà la situazione in Europa, come in Italia, è a macchia di leopardo con le grandi città e i luoghi di forte contiguità tra le persone, maggiormente colpiti.
In proposito varrà la pena, se il dato si dovesse consolidare, andare a studiare la stranezza della distribuzione italiana con Roma, Napoli e Palermo tutto sommato a bassa impatto. Per fortuna, ma proprio per questo non mi pare il caso di abbassare la guardia degli spostamenti. Provate a fare un parallelo tra Roma e quanto accade a New York dove si condensa una percentuale altissima del dato statunitense. Cosa accadrebbe se si infetta la nostra unica megalopoli?
Dopo aver vidto l'Europa esaminiamo ora i dati a livello mondiale, con una precisazione relativa all'asse dei tempi.
Il tempo zero di ogni paese corrisponde a date diverse e viene fissato in corrispondenza della scoperta di un numero significativo di casi in modo di rendere confrontabili tra loro le curve.
Balzano immediatamente agli occhi alcune cose:
- In Cina (linea gialla) la situazione è stata messa sotto controllo nel giro di un mese e dunque in Cina, quando è stato sensato farlo, si è riaperta l'economia ed è ricominciato il movimento delle persone, oltre alla comunicazione controllata con il resto del mondo. Da noi sono già passati più giorni e la curva non è per niente orizzontale
- gli USA (grigio), dopo una fase durata 15 giorni sono letteralmente esplosi e lì l'epidemia è in fase di forte aggressività; vedremo cosa accadrà con i morti in un paese che non ha un sistema sanitario universale come da noi
- l'Italia (rosso), la Spagna (nero) e la Francia (bordeaux), pur con tempi diversi, si trovano in situazioni similari di inizio del declino, che però ci fa solo sperare in un domani migliore. La Corea del sud (marrone) ha una situazione analoga alla Cina.
Poichè continuo a sentire, anche in TV (oggi il presidente lombardo Fontana), una gran confusione preciso che nei diagrammi che rappresentano il totale la fine della epidemia si ha con la orizzontale mentre il picco e successiva decrescita va riferito ai diagrammi con i dati giornalieri (il tasso di variazione).
C'è infine una ultima tabella che serve a farci prendere con le pinze tutti i dati che abbiamo visto sino ad ora, quella che compara, per i paesi più colpiti, il numero di malati con il numero di morti. Qui il dato decisamente non torna e non torna per svariate ragioni.
- L'11% dell'Italia ci dice che il numero dei nostri malati è assolutamente sottostimato. E' vero che in Italia se uno muore, era malato di cancro e gli viene la polmonite interstiziale, giustamente lo contiamo tra i morti di Covid, mentre in altri paesi, almeno all'inizio, hanno fatto i furbi, ma il dato, tenuto conto del fatto che a nostra volta abbiamo morti non conteggiati è comunque impressionante
- Tutti paesi europei, inclusi quelli di più recente coinvolgimento, hanno percentuali molto alte, il che lascia pensare che in tutta Europa la individuazione dei contagiati lasci a desiderare e che probabilmente un conteggio serio lo potremo fare solo a posteriori attraverso stime sulla presenza di anticorpi in campioni della popolazione
- Proprio l'elevato numero di morti rispetto ai contagiati ufficiali conferma quanto sostenuto da tutti i virologi sulle caratteristiche del COVID: lungo periodo di incubazione ed elevatissima contagiosità. Ma se tutto ciò è vero sarebbe bene che il mondo politico adott
Qualche giorno fa ho pubblicato la recensione al recente libro del professor Burioni virus – la grande sfida di cui consiglio vivamente la lettura agli amici che si occupano di politca, di economia o di sviluppo. Non mi schiero nelle querelle tra virologi e il libro si pone su un livello eminentemente storico e informativo. Ma poiché nessuno di noi nasce imparato mentre sarebbe bene imparare a contare sino a 10 prima di avanzare proposte eccessivamente leggere perché poco documentate, vale la pena di studiare invece di farsi dire cosa dire dai ghost writer.
Dice Renzi tutti a scuola ma:
- con il distanziamento e mi stupisce che uno con la moglie professoressa dica una cosa del genere; distanziamento in aula? Mi viene in mente che gli orecchioni li ho presi in III elementare dal mio compagno di banco
- "e dopo aver fatto comunque tutti un esame sierologico: una puntura su un dito e con una goccia di sangue si vede se hai avuto il virus". Ora l'esame ematico serve a vedere se hai sviluppato gli anticorpi dopo la malattia non se sei un malato attualmente asintomatico. Peccato che il contagio principale sia venuto e stia venendo dagli asintomatici. L'esame sierologico potrà servire, al più, a far ripartire le attività di coloro che risultassero positivi al test (contagiati e guariti) mentre non potrebbe dirci nulla sui negativi
30 marzo ore 18
Un po' per scaramanzia ho atteso i dati di stasera per ragionare sull'andamento del trend giornaliero (la percentuale odierna sui casi totali). Come si vede le cose vanno piuttosto bene, con una avvertenza. Trattandosi di un valore relativo (i casi di oggi fratto il totale) c'è il rischio di un eccesso di entusiasmo; infatti anche se ogni giorno il numero di nuovi casi fosse costante, il valore relativo diminuirebbe perché il totale dei casi aumenta.
Lo stesso vale per i valori alti dei primi giorni: il valore è alto perché il totale dei casi era piccolo.
Detto tutto ciò godiamoci questa diminuzione.