Il gioco dei regni – di Clara Sereni (recensione)

La genesi e la costruzione di questa biografia di famiglia, Clara Sereni, ce la svela nell'ultimo capitolo, quando descrive il lavoro fatto sui documenti di famiglia, su quelli di archivio e degli incontri con i testimoni diretti e indiretti.

Suo padre aveva passato l'intera vita a studiare, scrivere, annotare e catalogare (e il suo archivio personale sta all'Istituto Cervi dove è possibile leggere una biografia completa, che consiglio); poi c'erano la storia della famiglia Sereni, quella delle due Xenia Silderberg (madre a figlia) e quella dei coprotagonisti da Manlio Rossi Doria, a Eugenio Colorni, a Giorgio Amendola.

Nel 1977 Emilio Sereni muore (era nato nel 1907) e la figlia Clara, di fronte al corpo del padre, inizia una riflessione che impiegherà 10 anni a tradurre nella scelta di lavorare ad un affresco della sua famiglia; scrivere può essere un modo per capire: Quando provai a far ordine dentro di me quell'immagine generò un rancore confuso, e un dolore che non sapevo collocare; sforzandomi ad una ragione, tentai di cancellarla da me. Con la voglia forte di dichiararmi estranea, e innocente.
La pietà, che avrebbe potuto essermi d'aiuto, non rientrava nei canoni dell'educazione che mi aveva impartito. Per ritrovarla dentro di me, ho dovuto cercarla molto lontano. Nelle radici negate, troncate per volontà ma misteriosamente riaffioranti; in una sapienza antica, tranquilla di sé quanto occorre per discernere e salvare, fra i detriti della Storia, ciò che ancora può servire;

In questo libro si intrecciano storie della borghesia ebraica italiana, la prima fase della lotta terroristica alla autocrazia zarista condotta dai socialisti-rivoluzionari, il tema del sionismo e la costruzione dei primi kibbutz, problematiche di natura familiare ed affettiva, il legame tra i tre fratelli Sereni, le durezze della costruzione del gruppo dirigente del PCdI durante il fascismo.

Il mondo dell'ebraismo borghese ci rimanda a tradizioni e cultura, ad una concezione della educazione dei figli in cui bisogna dare regole, opportunità, senso della sfida, importanza dell'essere costruttori del proprio destino. Perché ricorda la mamma Alfonsa i suoi figli dovevano imparare ad affrontare fino in fondo le conseguenze delle proprie scelte.

I tre fratelli Enrico, Enzo ed Emilio (Mimmo) hanno alle spalle una grande madre (Alfonsa Pontecorvo) e hanno una infanzia che sembra predestinata ad un grande futuro per via della precocità negli studi, nella conoscenza delle lingue, nella capacità di fare gruppo. Sarà così solo in parte, per via del male di vivere di Enrico e per l'apparire sulla scena  del comunismo che muterà completamente i progetti di vita di Emilio dal socialismo sionista ad una integerrima adesione allo stalinismo prima e all'URSS poi.

La cosa che mi ha impressionato nel procedere con la lettura è stata l'adesione alla durezza delle regole del comunismo clandestino, quello dell'accerchiamento (le spie, i trotkisti, l'ebraismo, …) che porta Emilio Sereni ad una dimensione di vita che lo porta a rinnegare, o mettere da parte, la sua storia serrando i denti e decidendo che il comunismo viene prima di ogni altra cosa si tratti delle accuse infondate nei suoi confronti, dell'invasione dell'Ungheria, della guerra arabo israeliana del 67 o dell'invasione della Cecoslovacchia. Questo suo serrare i denti lo porterà ad un isolamento progressivo come ricorda la figlia Clara: Non lo ammise mai, forse perché nessuno affrontò il disagio di chiederglielo: stupiti del suo progressivo ammutolire tutti, perfino i compagni che gli erano stati più vicini, senza domande si ritrassero, per rispetto e per opportunità.

Il libro è scritto da una donna e, secondo me, sono le donne le vere protagoniste, quelle che hanno il coraggio di fare un po' da argine alla ideologia mantenendo aperta la dimensione dei sentimenti e quella della famiglia.: le due Xenia, madre e figlia, Alfonsa (la madre dei tre fratelli) e anche Clara, l'autrice che ha cercato di riconciliarsi con quel padre tanto ingombrante.

Leggendo, mi ero messe da parte un centinaio di citazioni e ve le risparmio perché è meglio leggerle in originale, magari accompagnando il tutto dalla lettura della biografia che ho linkato. Si tratta di lettere o di ricostruzioni che Clara Sereni fa partendo dai documenti.

Xenia e Mimmo sono a Parigi e si trovano a vivere le tragedie del gruppo dirigente del PCI stretto tra il consolidarsi del consenso intorno al fascismo, gli arresti a ripetizione di coloro che vengono mandati in missione in Italia, i sospetti nei confronti di chi è stato amico di un socialista o è ebreo (e dunque è potenzialmente una spia trotkista). La linea del partito è giusta e se non funziona vuol dire che ci sono dei traditori e che bisogna smascherarli. Clara  non lo scrive, ma Emilio Sereni, di passaggio a Mosca, viene addirittura condannato a morte e riuscirà a tornare in Francia solo umiliandosi di fronte a Stalin, ma sarà declassato e la moglie espulsa.

Il Paese del comunismo lo accolse con polizia, interrogatori, arresto. Non si stupì, conosceva le tortuose teorie di Stalin sui controrivoluzionari, e concordava con lui - con il Partito - sulla necessità di guardarsi anche da se stessi. Non fece questioni di antisemitismo. Neanche quando capì che i dubbi, anzi le accuse a suo carico vertevano quasi esclusivamente sui suoi rapporti non sufficientemente prudenti con ebrei, da Hirschmann ad Abramovich a Curiel a Eugenio Colorni. A Enzo.
Si disse e disse che tutto questo, e l'altro che si poteva intuire, era giusto, anzi necessario. Così alto era il fine - un destino collettivo potenzialmente perfetto - che gli inciampi del singolo cammino non potevano avere importanza.
Tornò da Mosca convinto delle proprie scelte più che mai: la fortuna che aveva avuto - dì tornare - era una conferma, e i ricatti li chiamò linea politica.

La scelta è netta Xenia scrive alla madre di far finta che non è mai esistita, che è opportuno cessare ogni rapporto, anche epistolare; e ci tornerà sopra con la stessa durezza anche dopo la liberazione quando la madre ormai trasferita in Palestina (lei atea e di religione greco ortodossa) cerca di riannodare i rapporti: (...) Certo, quando penso a cosa significhi interrompere i rapporti tra noi, cioè non scriverci nemmeno due parole, ho una sensazione di terrore. Non riesco ad immaginare come questo sia possibile: io ti amo come prima, e forse di più, perché ora amo e rispetto in te non solo la madre ma anche la persona. Tu sei tutta la mia infanzia, tutta la conoscenza che ho del mondo: sei tutta la mia famiglia, e sopratutto sei mia madre. È per questo che mi ci è voluto tanto tempo per decidermi a scriverti: avevo paura di darti un dolore troppo forte, ma avevo paura anche per me. Ma noi rivoluzionari non abbiamo il diritto di esitare, o di aver paura. Se così è stato deciso, così deve essere.

Lo stesso fa Mimmo nei confronti del fratello Enzo (emigrato in Palestina nell'ambito di un progetto che doveva riguardare entrambi) ma disponiamo solo delle lettere di risposta di Enzo. Comunque, quando dopo la liberazione, giungerà la conferma che Enzo, attivo nella resistenza italiana, dopo diverse peripezie è stato ammazzato a Dachau, per qualche giorno la scorza di Emilio si piegherà alla commozione.

Certo con il partito le cose si sistemeranno e Sereni giocherà un ruolo importante nella fase finale della resistenza, nei primi governi De Gasperi e sino ai primi anni 60. Ma questo Sereni, studioso, appassionato di agraria e in generale di scienza, il Sereni che leggeva Poincarè a 15 anni, nel 56 si schiererà apertamente a favore dell'invasione dell'Ungheria e rimarrà per tutta la vita un silenzioso stalinista.

Nella lettura del libro mi ha particolarmente colpito la descrizione dettagliata della malattia (un cancro alla Tiroide) che nel 51 porterà Xenia alla morte passando per Roma, Mosca e Losanna. Una cosa mi ha particolarmente impressionato e consentito di chiarire quali fossero i livelli di subordinazione dell'uomo, anche del dirigente, nei confronti del partito. E' la lettera che Sereni manda alla segreteria per informare della malattia di Xenia e della opportunità di un  trasferimento in URSS nella speranza che la patria del socialismo disponga delle terapie radianti già in possesso degli americani.

Nella lettera sottolinea che Xenia conosce bene il russo e dunque durante i trattamenti terapeutici potrà comunque lavorare e conclude così: Scusatemi cari compagni, di distrarvi, in un momento così grave per la vita del Paese, con una richiesta di carattere personale. Ho sempre condotto la mia vita di Partito, credo, senza mescolarvi considerazioni del genere; e così ha fatto la mia compagna, che anche nei momenti più difficili ha sempre subordinato ogni preoccupazione personale e familiare alle necessità di lotta del Partito. So che questo non è che il dovere di ogni militante; e non farei una richiesta del genere, se non pensassi che essa è compatibile con un lavoro utile per il Partito da parte della mia compagna; mentre mi darebbe, certo, nuova forza per il mio lavoro, liberandomi dalla preoccupazione di una impotenza di fronte al male della mia compagna, che potete pensare quanto sia atroce.

Cosa dire in conclusione? E' un grande affresco della prma metà del XX secolo. Emilio Sereni era un uomo di marmo? Leggendo il libro il dubbio non si scioglie e non si capisce il processo che negli anni degli studi di agraria a Portici lo porta a rifiutare prima il sionismo e poi l'ebraismo, trasformandosi appunto in un uomo di marmo, anche se la figlia, lavorandoci per una decina d'anni ha condotto un meritevole percorso di conoscenza e di riconciliazione. Quelle che ci escono bene sono le donne.


Il gioco dei regni
Clara Sereni,
2017, Giunti Editore, prima edizione 1993 544 pag, 15 € epub 7 €


 Di Clara Sereni ho pubblicato la recensione a Via Ripetta 155