Milano 1968: la prima occupazione di Scienze

Un documento preparato dal Comitato di Agitazione del Movimento di Scienze con le ragioni e il bilancio della prima occupazione. In coda al documento la mozione di occupazione giunta al termine di una assemblea di diversi giorni e conclusasi con una votazione per appello nominale durata diverse ore (nei giorni precedenti gli iscritti alla facoltà si registravano, esibendo il libretto, presso la segreteria della Presidenza in modo di compilare l'elenco dei partecipanti con diritto di voto).

Come si vede dal documento durante la prima occupazione l'obiettivo principale è quello della presa di coscienza da costruire attraverso la discussione ed emerge la necessità della partecipazione studentesca in vista di una profonda riforma della didattica

Una occupazione di lavoro

L'Occupazione, decisa il 28-2-68 dagli studenti di Fisica, Matematica, Biologia, Geologia e Scienze Naturali, dell'ala didattica dei rispettivi istituti, ha il significato di denuncia della situazione di crisi dell’Università, crisi al tempo stesso comune a tutte le Università italiane, e specifica delle attività di studio e di lavoro della nostra Facoltà.

L'occupazione, qualificandosi come “occupazione di lavoro" (cfr. mozione d'occupazione allegata) intende promuovere le condizioni di partecipazione studentesca a una determinazione di contenuti e metodi della didattica e al dibattito suI rapporto fra Università e sistema sociale, condizioni che caratterizzano l'impostazione della Nuova Università.

Il lavoro degli studenti occupanti consiste in:

1. Analisi delle strutture attuali dell’Università e dei disagi che ne derivano agli studenti stessi.

2. Analisi dei rapporti tra Università e potere politico ed economico con esame dei relativi condizionamenti reciproci.

3. Istituzione di seminari, gruppi di studio e di ogni altro strumento che permetta l’impostazione di uno studio fondato sulla partecipazione attiva degli studenti stessi.

Il metro su cui andrà giudicata la validità dell’occupazione è la maturazione della base studentesca, che tale  lavoro avrà promosso, e non già la quantità di concessioni che gli studenti sapranno strappare al potere accademico.

Crisi della facoltà

La più grave caratteristica negativa dell'Università attuale e quella di riflettere e rafforzare la discriminazione economica presente nella società, nei confronti degli esclusi dall'Università e nei confronti degli studenti lavoratori. “Fra gli studenti universitari i figli di papà sono l'86%. I figli di lavoratori dipendenti il 13,5%. Fra i laureati : i figli di papà il 91,9%, i figli di lavoratori dipendentil'8,1%" (Lettera ad una professoressa, pag. 75).

Se pure la Università italiana si può considerare di massa rispetto al numero degli iscritti, essa è di fatto una Università di élite : la massa prende le firme e dà gli esami; l'élite frequenta perché le condizioni economiche glielo permettono; è già preparata, perché proviene da un ambiente colto e professionalmente qualificato. Il tema qui appena denunciato della pratica negazione del diritto allo studio garantito della costituzione, deve essere continuamente presente nel dibattito interno all'Università. E questo non perché il problema del diritto allo studio sia solubile, per esempio, dal Movimento studentesco: la radice del problema investe infatti la struttura stessa del sistema sociale; bensì perché il tema del diritto allo studio serve a chiarificare la natura classista del sistema socioeconomico in cui l'Università è inserita, e a determinare in senso critico e contestativo di tale Sistema le attività universitarie di formazione professionale, culturale e di ricerca scientifica.

Il secondo tema che permette di chiarificare la crisi della Facoltà e della Università in generale è quello dello spreco.

1. Spreco del potenziale di lavoro intellettuale : la massa sempre crescente degli studenti, e i laureati che rimangono all'Università (la maggior parte senza qualifiche precise) non utilizzano appieno il loro tempo e le loro capacita poiché sono inseriti in strutture e attività  adatte ad altri tempi e ad altre dimensioni della popolazione universitaria. La coscienza di non svolgere un'attività socialmente utile (cui fa da corollario il fatto di ricevere un salario nullo o inadeguato) mantiene in una posizione astratta e alienata la massa degli studenti e dei laureati che rimangono all'Università. Solo la formazione di un piano di lavoro di massa, che abbia come obiettivo la formazione di competenze professionali critiche, e lo sviluppo della ricerca, può permettere il pieno utilizzo delle competenze e degli interessi della popolazione della nostra Facoltà, ponendo le condizioni di produttività che siano premesse di una remunerazione salariale adeguata e generalizzata.

2. Spreco delle risorse economiche : per disordine amministrativo degli Istituti; per errori nelle scelte di gestioni finanziarie dei Consigli di Amministrazione. I finanziamenti giungono agli Istituti da varie fonti e con diverse finalità: la disparità di provenienza non trova poi all'interno dell’istituto una soluzione programmata, ma restano fondi ai quali si attinge nelle più disparate maniere fino ad esaurimento. Questo fatto è documentato dalla frequente mancanza di un bilancio di Istituto, che renda conto di tutti  i movimenti di risorse economiche.

Degli errori di gestione del Consiglio di Amministrazione, richiamiamo soltanto i più macroscopici: la spesa di 283 milioni per costruire un garage (via Festa del Perdono) per soli professori, mentre mancano aule e mense studentesche; l’acquisto di Palazzo Beccaria, che richiederà la spesa di 300’000 lire al metro cubo, mentre il costa standard per aule universitarie è di sole 35’000 lire al metro cubo; l'impegno di 431 milioni per costruire un fabbricato destinato ad ospitare un calcolatore elettronico in comune alle Università di Milano, Torino, Genova e Pavia, mentre erano stati offerti edifici già pronti dal Politecnico e dalla Università di Pavia.

3. Il terzo tema è quello del rapporto fra crisi della didattica della nostra Facoltà e autoritarismo accademico.

Nella lezione, il professore impartisce nozioni che gli studenti sono tenuti ad apprendere con lo studio individuale. I contenuti dell’insegnamento sono proposti in forma frammentaria senza che sia mai richiesta una sintesi a livello di critica della scienza e una chiarificazione dei nessi tra attività universitarie, professioni, sviluppo sociale ed economico. Durante l'esame il professore controlla, in modo spesso arbitrario, l'apprendimento nozionistico. L'imposizione di questo sterile nozionismo porta lo studente a uno studio mnemonico che limita o impedisce lo sviluppo critico e la maturazione della sua personalità. Una volta laureato, lo studente si troverà di fronte a una società che non conosce e che non sa criticare, nella quale dovrà inserirsi per vivere diventando inconsciamente lo strumento che garantisce la stabilità di questo ordine sociale. Questa situazione della didattica si perpetua grazie alle condizioni di totale passività degli studenti, assuefatti ormai ai metodi autoritari presenti a tutti i livelli scolastici. Si presenta quindi l'importanza dell'obiettivo della contestazione dell’autoritarismo accademico mediante l'introduzione del dibattito a tutti i livelli delle attività universitarie e della affermazione delle esigenze di cui gli studenti sono portatori.

4. Il quarto tema, che è decisivo, è quello del potere  interno all’Università e dei suoi nessi con il potere economico e con il potere politico.  Il sistema del potere accademico è assai complesso e rende difficile una sua precisa identificazione  e quindi un suo attacco diretto. Ne elenchiamo alcuni aspetti:

  • L'assenza degli studenti a tutti i livelli in cui questo potere si esercita.
  • I rapporti di subordinazione-ricatto esistenti fra assistenti, borsisti ecc. e i cattedratici.
  • Il principio della divisione delle sfere di influenza e di non intromissione negli altrui feudi; spartizione di finanziamenti fra le Facoltà a livello del Consiglio di Amministrazione; spartizione di posti fra gruppi (fisico, matematico, eec.)a livello della Facoltà di Scienze; spartizione di finanziamenti e di incarichi frai cattedratici componenti i vari gruppi.
  • La mancanza di controllo, da parte dei diretti interessati, sulle decisioni del detentore di cattedra, riguardo al programma di ricerca e a contenuti e metodi della didattica. L'intreccio di interessi fra potere accademico, potere economico e potere politico impedisce di fatto una riforma democratica delle strutture universitarie, e limita l'intervento dello Stato a un'opera di consolidamento della situazione esistente (vedi leggi 1543, 1552, 2314 attinenti al finanziamento, allo sviluppo edilizio,  all’Ordinamento dell’Università).

Logica dell’occupazione

Di fronte a questa complessa situazione di crisi della Facoltà gli studenti hanno individuato il primo obiettivo strategico nella maturazione della base studentesca attraverso "la presa di coscienza della realtà in cui vivono e della conseguente partecipazione ai problemi culturali e sociali" (cfr. mozione di occupazione).  A livello operativo si e perciò rinunciato a qualificare il movimento sulla base di rivendicazioni particolari (non a caso sollecitate da docenti interessati a mantenere sostanzialmente immutata la situazione). Si e invece optato per l’apertura presso la base studentesca del dibattito sulle condizioni di studio. La Assemblea ha perciò richiesto inizialmente (cfr. mozione del 22 febbraio) la sola sospensione delle attività didattiche, affinché tutti gli studenti avessero il tempo e lo spazio per riflettere sulle proprie condizioni di studio e sui nessi fra queste e il sistema sociale. Dopo alcuni giorni dl intenso e proficuo lavoro in Commissione di studio, in cui a tutti i partecipanti appariva chiaro il senso della crisi dell'Università, il Movimento studentesco, considerata la sostanziale indifferenza delle Autorità accademiche, decideva di proclamare apertamente, con l'occupazione, la crisi della Facoltà.

Riconosciuta la validità e la forza interna della presa di posizione degli studenti, la categoria degli assistenti poteva mettere in discussione la tradizionale subordinazione al potere accademico, esprimendo volontà e prese di posizione autonome (almeno gli assistenti, borsisti, ricercatori ecc. dei gruppi Fisico, Biologico e Naturalistico).

L’occupazione ha esaltato le contraddizioni nel complesso sistema del potere accademico. Di conseguenza i documenti e le mozioni approvate all'unanimità dai docenti dei gruppi fisico, matematico e biologico-naturalistico, hanno un carattere ambiguo, e non contengono nessuna presa di posizione precisa.

L'aspetto positivo di questi documenti e il fatto che -finalmente- il potere accademico riconosce l'esistenza degli studenti come categoria che deve partecipare alla determinazione delle attività universitarie.

Se però i documenti sopra citati intendono invece essere un "coperchio" al maturare del processo di chiarificazione della crisi, concedendo una minimale riorganizzazione della didattica (di cui si fanno presenti già pretestuose difficoltà dovute alle leggi vigenti, a scarsezza di personale e di fondi), non possono che essere rifiutati.

Va altresì sottolineato il fatto che, se possono essere utili contatti con i docenti articolati per corso di laurea  (ma si possono ipotizzare anche altre, più funzionali, articolazioni) è da respingere ogni proposta di frazionamento, che non farebbe che indebolire la forza contrattuale del Movimento studentesco che ha condotto l'occupazione.

L'obiettivo fondamentale dell'occupazione e la introduzione della partecipazione attiva di tutte le componenti universitarie in ogni momento della determinazione della attività didattica e della ricerca. Questo obiettivo, che è già di fatto realizzato nella attività degli studenti occupanti, può essere conseguito soltanto attraverso la maturazione politica della base studentesca, e nel coagularsi degli assistenti come categoria autonoma.

Questo obiettivo non è conseguibile – e non è mai stato infatti conseguito -da qualsiasi rapporto paternalistico di falsa benevolenza col potere accademico.

La riorganizzazione della attività didattica che pure è richiesta dagli studenti occupanti mira a sostituire a una Situazione di inefficienza cronica, in cui tutto il potere è del docente, una situazione di sperimentazione continua, discussa e verificata, quanto a contenuti e metodi, da docenti, assistenti e studenti su un piano di parità.

MOZIONE D'OCCUPAZIONE

Gli studenti di Scienze Matematiche, Fisiche, Biologiche, Naturali e Geologiche dopo sei giorni di lavoro di commissione durante i quali si sono impegnati in un serio lavoro di analisi della situazione universitaria e hanno ricercato la collaborazione delle Autorità Accademiche

DENUNCIANO

il rifiuto di queste di prendere in considerazione il loro lavoro

DENUNCIANO

altresì il tentativo di ignorare il movimento studentesco lasciando cadere nel vuoto tutte le sue richieste, e conducendolo in tal modo a una posizione di rottura di cui le stesse AA. sono le sole responsabili

AFFERMANO

  1. il proprio diritto di continuare l'analisi delle strutture universitarie.
  2. la volontà di iniziare immediatamente la sperimentazione della nuova Università che si e venuta delineando nel loro lavoro.
  3. di persistere nello stato di occupazione sinché le A.A. non daranno precise e inequivocabili prove di Collaborazione, riconoscendo innanzi tutto l'Assemblea degli studenti come unico rappresentante della loro volontà e fissando per la ristrutturazione dell’Università precise scadenze, di cui risponderanno di fronte all'Assemblea.

AFFERMANO

inoltre che l'occupazione è solo il mezzo contingente della lotta, il cui valore sta nella presa di coscienza da parte degli studenti della realtà in cui vivono e nella conseguente partecipazione ai problemi culturali e sociali.

SPECIFICANO

che l'occupazione è una occupazione di lavoro per ottenere uno spazio di tempo per la sperimentazione di una università nuova

CHIEDONO

ad assistenti e professori, che hanno partecipato alle commissioni, di confermare la loro volontà di collaborazione, continuando il lavoro anche durante l'occupazione, non considerandola una frattura.

Milano 28/02/1968