un paese sull’orlo … – di Giovanni Cominelli

Diradati i fumi della propaganda, i fatti emergono con evidenza scintillante: se Di Maio smaniava di andare al governo non importa con chi, Salvini si è reso conto che non sarebbe stato in grado di realizzare il programma-contratto di governo: flat tax, reddito di cittadinanza, abolizione della Legge Fornero, uscire dall’Euro…

La spesa pubblica sarebbe salita di decine e decine di miliardi, l’uscita dall’Euro sarebbe stata un’impresa complicata. Nel frattempo, la credibilità del Paese presso gli acquirenti italiani e stranieri di titoli di Stato sarebbe precipitata.

Perciò ha giocato il jolly di Paolo Savona, al solo scopo di farsi dire no. Savona è noto per essere sostenitore di un Piano B, del tutto simile a quello già tentato da Varoufakis in Grecia: conosciuto solo da nove persone, tra cui un paio di Ministri, varato segretamente al venerdì di una qualunque settimana, con la chiusura di Banche e Bancomat dal Lunedì successivo, ritorno alla Lira, nominalmente dello stesso valore dell’Euro, ma in realtà svalutata del 50%. Con ciò anche il nostro enorme debito pubblico si sarebbe svalutato, con la più viva soddisfazione, si immagina, dei creditori italiani e stranieri.

E’ bastato fare quel nome, perché lo spread iniziasse un’ascesa che lo ha già portato a più che raddoppiare a 300 in pochi giorni. E, quindi a togliere dalle nostre tasche di cittadini incolpevoli, elettori e non di Salvini e di Di Maio, oltre 200 miliardi di Euro. Tanto per incominciare. Questo gioco irresponsabile ha condotto sull’orlo di una crisi del sistema istituzionale, con un virulento attacco al Presidente della Repubblica e alla Costituzione materiale e formale, quale non si era mai visto in settant’anni.

Salvini e Di Maio hanno costruito questa sceneggiata, quale ulteriore tappa di una campagna elettorale infinita, la cui posta in gioco è, almeno per Salvini, l’erosione finale del’elettorato di Berlusconi. Quanto a Di Maio, è certo che perderà molti dei voti che gli sono arrivati da sinistra.

Solo che la legittima dialettica interna al sistema dei partiti è stata scaricata sulle istituzioni della Repubblica: Presidenza e Governo. Atteggiamento tanto più sorprendente da parte di forze che in occasione del referendum del 4 dicembre 2016 – che prevedeva modeste riforme istituzionali (abolizione dello CNEL e
dell’attuale Senato, modifiche del Nuovo Titolo V) – si erano schierate “eroicamente” a difesa dell’intangibilità della Costituzione.

Il Paese è arrivato sull’orlo dell’abisso. Oltre il quale, si può solo intravedere la perdita dei risparmi, a cominciare da quelli piccoli, l’aumento del costo del denaro, l’impennata dei mutui, l’immiserimento di strati più poveri della popolazione, un futuro oscuro per giovani. Perché, ciononostante, il 51% degli italiani elettori ha creduto e forse continua a credere a dei politici cantastorie, che hanno raccontato la favola di un debito pubblico ulteriormente incrementabile e di una responsabilità preminente dell’Europa per le nostre difficoltà attuali? Con il risultato di lavorare per il re di Prussia, che a Berlino sta pensando seriamente di spingerci fuori della zona Euro!

Intanto, perché la classe dirigente economica, giornalistica, giudiziaria del Paese ha spianato negli ultimi anni la strada all’antipolitica, contribuendo a demolire la politica come attività di proposta razionale, di mediazione, di compromesso, nel nome di una rivoluzione radicale anti-casta. Non abbiamo dimenticato le dichiarazioni del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia alla vigilia delle elezioni a favore del M5S. E che dire degli infiniti talkshow televisivi, del Corriere della Sera – da Ferruccio De Bortoli, a Massimo Franco, ad Antonio Polito, a Gianantonio Stella – della TV 7 della Gruber, di Massimo Giannini di Repubblica, che hanno sparato a zero negli ultimi anni su Renzi e su Berlusconi e hanno accreditato furbescamente il M5S come forza di governo, nell’illusione di usarlo come scopa contro la politica tradizionale?

Questa classe dirigente opportunista e vigliacca, di imprenditori assistiti e di intellettuali-giornalisti di corte, si è illusa di cambiare spalla al fucile, stando al riparo dei propri sostanziosi emolumenti. Ha alimentato la rabbia contro le élites, di cui loro sono parte organica, ma irresponsabile, che non risponde a nessuno, se non ai poteri economici e corporativi che stanno alle loro spalle.

L’altra causa della creduloneria è il degrado del sistema educativo pubblico. Da decenni vengono avanti sulla scena pubblica generazioni senza storia e senza memoria, individui centrati su di sé, ammaliati dal presente, non interessati al futuro proprio e degli altri, individui-narciso. Si usa definire il M5S come movimento populista. No, è un movimento di individui per gli individui – uno vale uno – per i quali i bisogni diventano automaticamente dei diritti, da rivendicare nei confronti dello Stato.

La sostanza del contratto di governo M5S-Lega è questa: lo Stato, cioè tutti noi, é chiamato a soddisfare i bisogni-diritti di ciascun individuo. Peccato che questo individualismo, che produce un egoismo radicale, mini alla radice la statualità, la comunità statale e pertanto anche la possibilità che lo Stato possa intervenire ad assistere gli individui. All’orizzonte sta il collasso di una storia, di un Paese, di settant’anni di Repubblica.