L’impotenza della politica e i suoi rimedi – di Giovanni Cominelli
Che cosa spinge al “cambio di casacca” di elezioni in elezione il 50% degli elettori e, pertanto, anche degli eletti? Quale inquietudine o irresolutezza o scetticismo muove 46 milioni di elettori italiani? Ma forse si potrebbe allargare l’oggetto dell’interrogazione alla platea europea e statunitense, cioè all’area delle democrazie liberali.
La politica democratica è diventata debole
Il fatto è che la politica democratica è divenuta debole o impotente in ordine alla sua finalità prima, che è quella di risolvere i problemi della tenuta delle società. Così, alla fine, gli elettori occidentali hanno incominciato a stufarsi dei riti democratici e a chiedersi se non sia meglio una politica che decida tutto e subito e tagli i nodi con la spada, invece che impiegare troppo tempo a districarli con le mani.
D’altronde, la Rete ha cambiato la percezione del presente storico. Esso si dispiega davanti nella sua drammatica completezza e presenta contemporaneamente tutto il fascio delle possibili decisioni da prendere. La realtà è profonda e complessa, ma lo sguardo scorre velocemente sull’intera piatta superficie e chiede decisioni immediate e semplici. Insomma, i processi di globalizzazione della realtà e della coscienza che li rispecchia stanno mostrando che la molla della politica democratica sta esaurendo la sua carica.
La causa di fondo è arcinota: l’economia, i commerci, la finanza, le culture sono planetari, la politica è statal-nazionale. Negli ultimi settant’anni ha funzionato una politica mondiale, intesa come governo del mondo. All’ombra del bipolarismo americano-sovietico e di vari organismi mondiali e continentali l’Onu, il Fmi, il Wto, la Nato, l’Asean, il Mercosur, il Nafta, l’Unione europea, il Consiglio d’Europa, la Bce ecc… le sovranità nazionali erano state costrette a muoversi, cooperare o confliggere, senza però far esplodere il quadro. Gli spiriti animali dell’incipiente processo di globalizzazione venivano addomesticati, almeno un poco.
L’avvento dell’anarchia globale
Dopo il 1989 le reti del governo mondiale o sono esplose o sono state bucate in vari punti. La caduta del bipolarismo mondiale, uscito dalla Seconda guerra mondiale, ha provocato una sorta di anarchia globale, con il ritorno di giochi strategici di potenza e un ritorno alle istanze nazionali e sovraniste, nel tentativo di arginare l’influenza sui cittadini delle potenze oscure della finanza e dei mercati globali.
Se il ritorno di sovranismo nazionalista in alcuni Paesi (USA, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Gruppo di Visegrad) non ha messo in discussione il carattere democratico-liberale della politica, in altri – Turchia, Russia, Cina – ha, viceversa, confermato e aggravato i tratti già pesantemente illiberali e autoritari dei regimi al potere.
In Italia, la reazione all’impotenza della politica globale ha generato ambedue le conseguenze suddette: il sovranismo nazionalista e la messa in discussione della politica democratico-liberale. La nuova Lega di Matteo Salvini punta con decisione sul sovranismo, fino a mettere in discussione l’Euro e l’Unione europea – lo fa in vario modo il 55% dei cittadini/elettori – ma lascia intatti i fondamenti della democrazia rappresentativa.
Il M5S è in oscillazione sul sovranismo, ma è la forza politica più decisa a mettere in discussione la democrazia liberale, fondata sulla rappresentanza e sulla separazione dei poteri. L’impotenza specificamente italiana della politica – il sistema istituzionale premia la rappresentanza proporzionale, ma penalizza l’istituzione-governo – ha generato una concezione e una pratica totalitaria della politica, che esclude la rappresentanza nel nome di una democrazia diretta, nella quale “uno vale uno”.
Il rischio dittatura e il rischio guerra. Le alternative positive
La Rete non è solo un mezzo tecnico che accelera la comunicazione e la proietta in una eterna contemporaneità; nel caso del M5S è il canale collettore che raccoglie tutti i rivoli e li porta verso un solo estuario: quello del leader/algoritmo carismatico.
Non è la prima volta, nella storia italiana ed europea, che le debolezze della democrazia liberale sfociano nella domanda/risposta di leadership carismatiche. Non è la prima volta che il disagio, l’odio, il moralismo, l’impotenza sfociano nella dittatura e, infine, nella guerra.
Negli anni ’20/’30, la crisi delle democrazie liberali nacque da un’incapacità di governo globale della crisi post-bellica. La Società delle Nazioni non fu in grado di costruire la rete di protezione contro i nazionalismi. All’interno di ciascun Paese, l’irruzione della crisi spostò improvvisamente grandi masse da sinistra a destra, in Germania dal partito socialdemocratico e dal partito comunista verso il partito nazionale dei lavoratori tedeschi: il NSDAP (National Sozialistische Deutsche Arbeiter Partei).
Ora, la storia non si presenta mai due volte sulla scena né è detto che una volta accada in forma di tragedia e un’altra in forma di farsa, come recita un fortunato detto di Marx. Può anche presentarsi come una tragedia 2.0. Non si allude qui – si intende – alle convulsioni parlamentari di questi giorni e alle mosse neo-dorotee di Di Maio e Salvini, bensì alle dinamiche di fondo delle società nazionali sotto ogni cielo, aggredite da ogni lato dai processi impersonali e potenti della globalizzazione.
Come costruire una politica democratica forte?
Intanto, occorre una battaglia culturale per la costruzione di una coscienza planetaria di ogni cittadino. I nazionalismi non sono solo una risposta furbesca di imprenditori politici senza scrupoli; nascono da una pressione immediata dei cittadini/elettori. Costruire una coscienza politica planetaria è la precondizione culturale per una politica in grado di governare il mondo. E il governo del mondo è la condizione per un efficace governo nazionale.
Il secondo fronte in Italia è una nuova architettura istituzionale della democrazia, che ne consenta il completamento sul lato della decisione. Una democrazia solo rappresentante, che non sia anche decidente, apre la strada a regimi illiberali. Da questo punto di vista, la democrazia liberale italiana si aggira ancora nelle trincee di Caporetto, 4 dicembre 2016. Né, al momento, si sa quanto potrà durare questa impotenza, prima che venga travolta da una domanda di massa di uomo forte.