Dal Vietnam a Cuba – (5) Elezioni & Internet – di Roberto Ceriani

Domenica 11 marzo a Cuba è giornata di elezioni per scegliere i rappresentanti all’assemblea nazionale, che il 19 aprile eleggeranno il presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri. Sarà la prima volta in 60 anni che il presidente non si chiamerà Castro; Raul, che aveva preso il posto di Fidel nel 2006, a 86 anni si dimetterà.

Lo stesso giorno entra in vigore l’ora legale; in alcune chiese i rintocchi delle campane sono aggiornati, mentre in altre se ne conta uno di troppo. La stessa confusione si fa con gli orologi da polso, quindi l’orario di apertura dei seggi ne risente un po’, ma il clima è di festa e tutto si supera.

Le elezioni si tengono nelle scuole, dove la gente si reca ai seggi ben vestita. Fuori da ogni scuola c’è l’elenco dei candidati, comprensivo di fotografia, curriculum e proposte che farà se verrà eletto. Nei seggi che ho visto la maggior parte dei candidati sono di genere femminile. L’elettore può esprimere quante preferenze vuole e, se si trova in una città diversa dalla propria, può votare per i candidati locali. Il controllo per evitare doppie votazioni è debole: si farà dopo il voto su un registro nazionale e il trasgressore verrà sgridato, ma il doppio voto rimarrà valido.

Mi piace la possibilità di votare anche in un’altra città. Penso ai collegi elettorali di casa nostra e mi domando cosa significhi votare il rappresentante del quartiere in cui dormo. E’ una cosa bizzarra; già la capisco poco con i consiglieri condominiali, figuriamoci con i parlamentari! Se poi il giorno delle elezioni mi trovo altrove non posso neanche votare. Forse aveva senso in una società agricola, ma oggi siamo su un altro pianeta. Con gli strumenti telematici potremmo votare in qualsiasi parte del mondo per candidati che si trovano ovunque. Non capisco perché è così importante sapere dove dormo di solito e, come se non bastasse, dover garantire che la sera delle elezioni vado a dormire proprio dove ho la residenza. Mah?

A Cuba i seggi elettorali sono presidiati dai bambini! Mi spiego meglio: c’è un tavolo con tre persone addette alle operazioni di riconoscimento dell’elettore e alla consegna delle schede, ma poi l’elettore raggiunge l’urna, che si trova poco distante, e la trova presidiata da due bambini di 10-11 anni, uno per ogni lato.
I bambini, probabilmente facendo i turni con i compagni di scuola, indossano la divisa scolastica perfettamente stirata e aspettano in piedi l’elettore, molto compiti nel loro importante ruolo civile. Quando l’elettore inserisce la scheda nell’urna i bambini si mettono sull’attenti e gridano a voce alta, all’unisono, la frase “Ha votato!”. E’ una cerimonia un po’ strana, ma sembra di alto valore simbolico ed educativo, sia per i bambini sia per gli adulti.

Provo a immaginare cosa accadrebbe da noi se si facesse una cosa simile: proteste di massa contro l’uso delle divise scolastiche, genitori impegnati a filmare tutta la scena litigando con gli altri genitori, avvocati per difendere la privacy dei bambini, bambini sdraiati per terra a consultare lo smartphone mentre giocano con la PlayStation, madri che portano la merenda al pupo impedendogli di mangiare quella offerta dal seggio perché contiene olio di palma, padri che fanno ricorso al TAR per la violenza subìta dai figli…

INTERNET

Non sembra che a Cuba esista una censura su Internet, però praticamente Internet non esiste. In rari punti della città, di solito nella piazza centrale, si vedono decine di ragazzi seduti per terra con il telefonino in mano, segno evidente che lì c’è un’antenna WiFi, magari nascosta fra i rami di un albero. Questi capannelli di giovani internauti creano rare oasi di silenzio in un Paese in cui la musica esce da ogni casa e da ogni auto; un Paese in cui la gente parla con il vicino alzando i decibel vocali come se tutti fossero sordi.

Per connetterti al web occorre avere acquistato una card con appositi codici; costa circa un euro e permette di connettersi per 60 minuti, anche distribuiti in più sessioni. La lentezza della connessione fa scaricare rapidamente la scheda, quindi occorre comperarne un’altra, ma i venditori ufficiali sono rari. Ci pensano i bagarini a offrirti tessere a prezzo aumentato.

Oltre che fragile e soggetta a frequenti cadute, la connessione Internet è anche poco sicura. Te lo ricorda l’implacabile Google che ti fa apparire un messaggio di “protezione” (un po’ come i protettori prosseneti…) che dice più o meno: “Stai usando una connessione insicura quindi mi rifiuto di scaricarti la posta”. Non ti dice “Ti informo che esiste un rischio, ma sei libero di fare come ti pare”. No, Google decide al tuo posto e tu resti senza la posta. Viene voglia di prenderlo a calci nel Google!

L’arretratezza tecnologica di Cuba si vede anche dal numero ridottissimo di Bancomat. Ne ho visto solo uno in tutto il viaggio, mentre in Vietnam ce n’erano centinaia in città e decine in campagna. Non parliamo poi dall’uso quasi inesistente della Carta di Credito, ma su questo è complice l’embargo imposto dall’onnipresente Trumpistan, la cui assenza spesso lo rende ancor più invadente.