Dal Vietnam a Cuba – (2) le donne – di Roberto Ceriani
“Vai a Cuba? Fantastico! E’ un Paese pieno di brasiliane!”. Il commento di questo ragazzo della periferia milanese riesce a battere perfino Heisenberg con la sua indeterminazione geografica, ma riesce anche a esprimere in poche parole lo stesso immaginario erotico di mio nonno rispetto a Parigi e quello del bisnonno quando fantasticava sulle bellissime donne di Genova…
E le famose donne cubane come sono? Già sul volo partito da Malpensa si vedono curiose coppie italo-cubane con lui pronto ad abbronzarsi ai Caraibi e lei in attesa di portare soldi ai parenti dopo aver fatto fortuna in Italia. Qualcuna ha un figlio in braccio; una allatta il piccolo in aereo, mentre guarda le nuvole fuori dal finestrino.
Il gap generazionale è standardizzato: lui è più verso i 60 che verso i 50, mentre lei è stabilmente sui 30. La differenza cromatica della pelle è ancora meno evidente della differenza di corporatura fra i due. Abbondante pancetta e testa pelata sono gli ingredienti principali del misterioso fascino italico, evidentemente molto seducente per queste ragazze dal fisico perfetto e dagli occhi neri profondi.
Al ritiro bagagli all’Avana arriva un aereo da Amsterdam ma non sembra che fra i passeggeri ci siano altre coppie simili, con un biondo olandese e una mora cubana. E’ chiaro che gli uomini olandesi non sono così affascinanti come noi bellissimi 60enni tricolore…
Ma queste famose donne cubane sono veramente così belle? In realtà sono più o meno come tutte le donne del mondo: alcune molto belle, la maggior parte normali e alcune piuttosto brutte. Di solito quelle belle sono anche le più giovani. La maggior parte delle donne esprime una grande dignità grazie a una postura elegante e invecchiando spesso diventano più brutte. Originale, vero?
Una cosa però le distingue dalle “nostre”: hanno una tendenza più marcata a esibire il loro corpo. Vestiti aderentissimi, pantaloni attillati e minigonne sono l’abbigliamento standard di tutte le donne, di qualsiasi età. Portano la minigonna anche le poliziotte e le studentesse in divisa scolastica. La stessa aderenza degli indumenti, un po’ esagerata, si trova sia su corpi bellissimi dalla pelle liscia e scura, sia su donne prosperose e fin troppo espressive, dalle forme eccessive che strabordano dal cotone elasticizzato, il cui abbigliamento le confina nel guado a metà strada fra una intensa sensualità esibita e una tragica ripugnante volgarità.
Anche gli uomini, belli o brutti che siano, portano calzoni corti e magliette aderenti slacciate o esibiscono orgogliosi pettorali muscolosi avvolti da una pelle liscia e scura. L’esibizione del corpo non è però tanto una questione climatica, quanto un fattore culturale, altrimenti non si spiegherebbero i castissimi abbigliamenti che nascondono i corpi peccaminosi nel caldo della penisola arabica.
LA FAME
Dopo la caduta del muro di Berlino Cuba è caduta in una crisi economica disperata. I russi non comperavano più lo zucchero a un prezzo artificialmente elevato. La più grande democrazia del mondo continuava a punire l’indisciplinato ex suddito con il più vigliacco embargo al mondo. Gli americani oramai non avevano più neanche bisogno di distruggere le coltivazioni cubane, come invece facevano negli anni ‘70 quando si divertivano a mandare a Cuba agenti provocatori con il compito di diffondere nei campi alcune malattie dei vegetali, inserendo focolai epidemici nei punti nevralgici dei centri agricoli. Si chiamava guerra biologica, ma il nome più adatto sarebbe vigliaccheria organizzata. I continui uragani davano una mano a distruggere le piantagioni sopravvissute e a togliere dalla tavola gli ultimi alimenti quotidiani. Crollata l’Unione Sovietica a Cuba si faceva la fame. La fame.
Cuba è un’isola senza confini territoriali (a parte la base di Guantanamo di cui parlerò in un altro articolo, che però non è un confine). Il territorio si estende da Est a Ovest, limitato da pochi gradi di latitudine. Il clima è omogeneo quindi non esistono prodotti fuori stagione; se non è stagione di pomodori non c’è un pomodoro in tutta l’isola. Se si distrugge una coltivazione quell’alimento non lo mangia più nessuno. La fame di Cuba del ’93 e quella successiva del 2006 si poteva riconoscere guardando il TG locale: il nostro mediatore culturale ci ricorda che i giornalisti erano magri e le telecamere riprendevano le ombre degli zigomi sui volti scavati.
A quel tempo qualsiasi turista era uno straricco e comperava qualsiasi cosa con un solo euro, anche le donne. Anche oggi l’economia è in difficoltà; lo stipendio ufficiale è di 20 euro al mese, la pensione 10 euro. Però sono diffusissime anche l’arte di arrangiarsi e l’aiuto reciproco in famiglia e fra famiglie. Metà della popolazione ha un parente all’estero, prevalentemente in USA, che mantiene la famiglia a distanza. L’economia sommersa supera il 50% e nessuno conosce i redditi reali dei cubani.
LE DONNE E LA FAME
Durante le gravissime crisi economiche le donne erano una risorsa fondamentale; madri e mariti le offrivano ai turisti per dare da mangiare ai bambini. Non ricordo se da noi in Europa ci sono state proteste di massa contro questo squallido traffico noto a tutti. Forse eravamo troppo occupati a lottare contro quella che pensavamo essere l’unica oppressione delle donne, quella delle musulmane che in Iran sono costrette a mettere il velo e la terribile dannazione delle donne saudite che non possono prendere la patente e sono costrette a viaggiare in Mercedes con l’autista. O forse pensavamo che la vendita delle donne cubane non c’entrava nulla con l’oppressione delle donne. Magari la confondevamo con il libero mercato; in fondo, se loro si divertivano a fare le sgualdrine non era certo colpa nostra…
Avevo un collega di lavoro che, magari convinto di fare un’opera buona sostenendo l’economia cubana, passava in questo modo le vacanze di Natale a Cuba e quelle di Pasqua in Tailandia (o forse il contrario, non ricordo bene). Lo sapevamo tutti, ma stavamo zitti. Una sola volta una collega ha avuto il coraggio di urlargli in corridoio la sua rabbia e dirgli che il suo valore umano era ben più basso di quello che lui pagava per queste donne affamate. Il porco la ascoltava sorridendo, sicuro che noi avremmo continuato a stare zitti. Aveva ragione.
Non ho mai capito cosa facesse quel collega durante le vacanze estive, ma forse si accontentava delle più vicine slovacche e polacche che sono anche belle da vedere ma hanno la pelle troppo slavata e sono un po’ pelle ossa. Ah, che belli i tempi dopo la caduta del muro di Berlino! Come eravamo tutti felici! Bisognerebbe farne cadere più spesso di questi muri! Una bella crisi economica è sempre un’occasione d’oro per il libero mercato delle donne…
LE CUBANE IN ITALIA
Oggi questo triste mercato esiste ancora, ma è un po’ più sotterraneo. Sopravvive con modalità diverse. Per esempio, il nostro mediatore culturale ha chiesto aiuto a noi e alla radio per sostenere una donna cubana che vive in Italia. La donna era stata importata anni fa da un ricco italiano; hanno un figlio di 12 anni che lui ha riconosciuto senza sposarla. Ora la donna ha raggiunto l’età in cui le tette cadono, ma il nostro importatore di carne non si è scoraggiato e ha trovato una soluzione al grave problema: ha importato in Italia la nipote di lei, un’ingenua 17enne cubana, e ha abbandonato la compagna neo flaccida. Semplice, no?
Per completare l’opera l’astuto italico ha fatto firmare un documento alla ex compagna ora stagionata, in cui si dichiara che lui disconosce il figlio. Fine della storia; avanti un’altra. La donna, che non capiva cosa ha firmato e non sa che in Italia un documento del genere non ha nessun valore, ora è disperata per sé e per il figlio. Stiamo coinvolgendo avvocati italiani competenti. Probabilmente si potrà garantire un futuro al ragazzo, forse in comunità protetta, mentre per la donna ci sarà poco da fare; il suo futuro sembra già scritto. Nel frattempo l’illusa 17enne si gode il suo piccolo momento di felicità, in attesa del suo turno di fregatura. “Obladì, oblada, life goes on, bra, la la la life goes on...”