Un mese in Vietnam – di Roberto Ceriani – 6 I turisti e la lingua inglese
Due cose non mi piacciono dei vietnamiti: l’insistenza con cui vogliono venderti le cose e il modo di guidare auto e moto. Capisco che per qualcuno sia importante vendere un braccialetto inutile, ma se dico NO non significa FORSE, quindi è inutile riprovarci 5 volte. Questo però accade anche a Milano, quindi tocca a me essere più tollerante.
Sul modo di guidare invece non sono e non voglio essere tollerante: qui guidare un mezzo a motore significa avere tutti i diritti e nessun dovere. È un modo di guidare arrogante e irrispettoso dei pedoni, totalmente in contrasto con i comportamenti normali dei vietnamiti, molto gentili, tranquilli e fondamentalmente onesti. Qui una moto o un’auto non si fermano MAI di fronte a un pedone sulle strisce, neanche se guidano contromano passando con il rosso! A Milano un codice non scritto dice che se vedo un’auto fare un paio di lampeggi significa “Cammina pure, sto fermandomi!”. Qui gli stessi lampeggi significano “Spostati altrimenti ti tiro sotto!” (…dopo un paio di misunderstanding l’ho capito al volo!!).
Guidatori a parte, i vietnamiti sono molto corretti con i turisti. Qualche piccola e ingenua furbizia sui prezzi di solito non supera il livello di guardia. Puoi trovare sedicenti “agenzie turistiche” in microscopici baracchini semi-improvvisati e poi scoprire che la tua iniziale diffidenza era fuori luogo: l’apparenza inaffidabile nascondeva in realtà un’efficienza e una correttezza assolutamente imprevedibili. C’è sempre da imparare..
Nelle località turistiche si vedono ovunque turisti. Beh, questo era prevedibile, ma questa tautologia porta con sé un paio di domande: chi sono questi turisti? Da dove vengono?
La maggior parte sono turisti-fai-da-te, come lo siamo noi; viaggiano in coppie o in piccoli gruppi di 3-4 persone. Sono quasi tutti giovani, c’è qualche famiglia con bambini piccoli, ma i vecchietti come noi sono ben pochi. I fai-da-te sono al 99% LonelyPlanet-addicts; noi siamo fra questi. Ogni coppia o piccolo gruppo ha un leader spontaneo, riconoscibile dal fatto che ha la LonelyPlanet in mano, sempre aperta alla pagina giusta (non dico chi ha in mano la LonelyPlanet fra noi due; è un dato ovvio…).
Guardando i turisti è facile fare una statistica a spanne sulle percentuali nazionali di presenza. I francesi sono i primi classificati, seguiti a ruota dagli spagnoli. Poi si vedono numerosi olandesi e piccole percentuali di altri europei: austriaci, tedeschi, nordeuropei… Colpisce la presenza di un certo numero di coreani, mentre sembrano piuttosto rari inglesi, americani, cinesi, giapponesi, indiani e italiani. Inesistenti russi e arabi.
Poi ci sono i gruppi organizzati: 15-25 persone che parlano la stessa lingua, diretti da una guida che spiega nella loro lingua e li porta a fare acquisti dove ha la percentuale. La maggioranza degli italiani che incontriamo viaggia in questi gruppi organizzati. Probabilmente il motivo è la lingua: in Italia la conoscenza di lingue straniere è ancora poco diffusa, persino fra i giovani.
Una ricerca dell’OCSE di un po’ di anni fa quantificava nei diversi Paesi la percentuale di giovani che non conoscono un’altra lingua oltre la propria. Gli italiani risultavano aver “battuto” gli spagnoli, passando dal terzo al secondo posto (al primo posto c’erano stabilmente gli inglesi, ma questo a loro non crea problemi!). Inglesi a parte, nessun Paese europeo risulta linguisticamente ignorante quanto l’Italia! Non è un dato esaltante…
Ma perché gli italiani non imparano almeno l’inglese? Dalla terza elementare alla quinta superiore i nostri ragazzi ogni anno frequentano 100 ore di lezione di inglese per 10 anni! Dopo 1.000 ore di lezione gli unici ragazzi che riescono a comunicare in inglese sono quelli che hanno fatto corsi extracurriculari, lezioni private, vacanze-studio a Londra, stage all’estero… Gli altri, usciti da scuola, spendono poi migliaia di euro per imparare la stessa lingua che i loro coetanei europei conoscono già da bambini!
Ho visto due bambini olandesi di 8-10 anni che giocavano con dei coetanei americani incontrati sul pullman: parlavano in inglese tra di loro, anche chiacchierando a distanza con un telefono-giocattolo, scherzando e ridendo.
Quella italiana è una situazione che grida vendetta. Evidentemente i nostri metodi di studio dell’inglese non sono adeguati. Dovremmo aspettarci continui cortei di protesta con migliaia di genitori di fronte al MIUR. Invece molti genitori protestano solo quando il figlio prende un brutto voto o quando sono obbligati a farlo vaccinare! Ma a questi genitori non interessa nulla dei propri figli? A loro fa così schifo la parola futuro?
( 6 continua) trovate qui le diverse puntate 1) Il museo della rivoluzione – 2) Le case verticali – 3) La lingua – 4) La guerra di Indocina