glossarietto a proposito di migranti e di clandestini
Come sapete passo il mio tempo libero a seguire corsi di formazione professionale obbligatori per raggiungere il quorum di crediti previsti da una legge del 2011. Ovviamente, per ragioni di comodità utilizzo le piattaforme on line che hanno il pregio di consentirti di studiare con calma e il difetto di proporre dei test di verifica in cui a volte si incappa in domande a risposta chiusa con qualche elemento di ambiguità, e lì si perde tempo. Mi è capitato con le normative su privacy e minori, un tema che mal si presta alle domande a scelta multipla per via della complessità e delle numerose casistiche ed eccezioni.
Superata la prima ribellione (tipica dei professori che sanno sempre tutto) mi sono messo di buona lena e naturalmente sto imparando molte cose che avevo già affrontato, con riferimento ai minori, alla riservatezza e alla pubblicità di determinati atti.
Una cosa che mi stupisce è il confronto tra le normative, il codice deontologico e l'ascolto dei notiziari radio tv oltre che la lettura di certi editoriali o delle dichiarazioni sguaiate di una certa politica di destra.
Dice il codice deontologico all'articolo 7 (doveri nei confronti degli stranieri):
"Il giornalista: 1) nei confronti delle persone straniere adotta termini giuridicamente appropriati seguendo le indicazioni del «Glossario», allegato al presente documento (ALLEGATO 3), evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti; 2) tutela l’identità e l’immagine, non consentendo l’identificazione della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che accettano di esporsi ai media."
Già ti colpisce la classificazione; non si parla di extracomunitari, clandestini, …, negri, rubalavoro, delinquenti e via salvinando. E l'allegato dà le definizioni. Eccole qui:
Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, egli è un richiedente asilo ed ha diritto di soggiorno regolare nel paese di destinazione. Il richiedente asilo non è quindi
assimilabile al migrante irregolare, anche se può giungere nel paese d’asilo senza documenti d’identità o in maniera irregolare, attraverso i cosiddetti ‘flussi migratori misti’, composti, cioè, sia da migranti irregolari che da potenziali rifugiati.
I richiedenti asilo sono tutelati dalla fine della II guerra mondiale quando con la nascita dell'ONU si dichiarò che non doveva più accadere quello che accadde agli ebrei invisibili in fuga dal nazismo respinti alle frontiere dell'Europa libera e antifascista. Se non lo conoiscete vi consiglio la lettura di un bel romanzo vero di Remarque Ama il prossimo tuo. Il richiedente asilo, comunque sia arrivato, ha diritto ad una tutela speciale sino al momento della decisione finale che deve essere celere e certa (nel senso di cosa accade all'interessato sia in caso di risposta positiva sia in caso di risposta negativa). Lo straniero che ottiene il riconoscimento del diritto di asilo è in pole position per attivare il processo di acquisizione della cittadinanza. Mi vengono in mente casi di asilo politico di cittadini cileni e argentini ai tempi delle sanguinarie ditature militari.
Un rifugiato è colui al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati, alla quale l’Italia ha aderito insieme ad altri 143 Paesi. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene riconosciuto a chi può dimostrare una persecuzione individuale.
Ciò che caratterizza il rifugiato è uno stato di persecuzione individuale accertata; non basta dire sono curdo e i curdi in Turchia non sono ben visti, bisogna provare una discriminazione attuale e individuata. Si tratta di uno status difficile da comprovare che non lascia però i perseguitati in una terra di nessuno perché se è difficile dimostrare la condizione di rifugiato esiste comunque la protezione umanitaria.
Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che - pur non rientrando nella definizione di ‘rifugiato’ ai sensi della Convenzione del 1951 poiché non sussiste una persecuzione individuale - necessita comunque di una forma di protezione in quanto, in caso di rimpatrio nel paese di origine, sarebbe in serio pericolo a causa di conflitti armati, violenze generalizzate e/o massicce violazioni dei diritti umani. In base alle direttive europee questo tipo di protezione viene definita ‘sussidiaria’. La maggior parte delle persone che sono riconosciute bisognose di protezione in Italia (oltre l’80% nel 2007) riceve un permesso di soggiorno per motivi umanitari anziché lo status di rifugiato.
Come afferma il glossario si tratta della condizione più comune. Mi vengono in mente gli eriteri, i somali, i siriani, le minoranze irachene, i curdi, molti dei provenienti da paesi africani a conflitto permanente. Protezione sussidiaria, tema europeo che andrebbe affrontato in quella chiave e invece non lo si fa. E' difficile, ma non impossibile distinguere tra un migrante politico e un migrante economico e se aggiungiamo questa categoria arriviamo secondo me intorno al 50 % dei migranti che arrivano dalla roitta libica e, un tempo, da quella balcanica. Il beneficiario di protezione umanitaria non può essere un problema solo italiano.
Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.
Si tratta delle giovani nigeriane ridotte in schiavitù e costrette alla prostituzione stradale da nord a sud, ma bisognerebbe anche indagare sullo sfruttamento del lavoro africano nei cicli e nei siti dei raccolti agricoli dall'uva, al pomodoro, alle olive. Probabilmente nel primo caso siamo in presenza di un maggiore livello di costrizione e di un racket in grado di ricattare con i documenti, con la violenza e con il ricatto sulle famiglie in patria, ma anche nel caso dei lavoratori stagionali, come si è già veriuficato esistono forme di coistrizione, meno dirette ma altrettanto presenti, gestite attraverso la guerra tra poveri e organizzazioni su base etnica o tribale.
Un migrante/immigrato è colui che sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza. Un migrante irregolare è colui che a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di
allontanamento.
Poiché il migrante va e vieni è sostanzialmente inesistente (e rimanda agli italiani che andavano in Belgio, Svizzera o Germania) il vero problema è il migrante irregolare, il migrante che lascia l'Africa e sogna l'Europa come terra di riscatto sociale. Se teniamo conto che quelli che arrivano, pur se disperati, hanno messo in gioco i risparmi della intera famiglia (con budget dai 5 mila ai 10 mila dollari) si tratta comunque della razionalità della disperazione a cui non possiamo pensare di fare fronte nè con le navi delle ONG nè con quelle della Marina MIlitare.
Si tratta di una questione europea che interpella, secondo me, in prima persona e prima di tutto, per le rispettive parti, i paesi europei dell'imperialismo coloniale e cioè, in ordine di responsabilità: Inghilterra, Francia, Italia, Belgio, Germania, Spagna. La parola d'ordine aiutiamoli a casa loro, che vuol dire promuoviamo lo sviluppo, investiamo in formazione e infrastrutture, troviamo forme di aiuto basate più su ONG che su rapporti con i governi, molto spesso corrotti o abituati a trasformare gli aiuti in armamenti, è una faccenda estremamente seria. Ne parlano in molti ma mi pare che, rispetto agli anni 70 e 80 e ad alcune meritorie battaglie di Marco Pannella, al crescere del problema si sia adottata la politica del gambero. Non si creda di poter continuare a far finta di nulla. I disequilibri, i rischi di guerra, verranno da lì, ammesso che prima o poi non si muovano i cinesi per una nuova forma di colonizzazione del Continente Nero.