Invalsi e lotta di classe – di Franco De Anna

Una lettura dei dati delle prove Invalsi ripartiti per aree geografiche e per classi di età. Il documento è molto ampio e ricco di tabelle e diagrammi, per questa ragione se ne pubblica la sola introduzione mentre l'intero documento è leggibile e scaricabile in formato pdf. (c.c.)


Confesso di essere “vetero” per mille aspetti, dalla realtà fisica ai pensieri dell’anima. Continuo ad usare “il nome delle cose” che diedi loro nell’età giovanile, quella della conquista della autonomia. “Dare il nome alle cose” è il primo esercizio di libertà e autonomia personale. Cui ci chiama del resto la stessa narrazione biblica (Genesi 2. 19,20).

Son cresciuto chiamando la lotta contro le disuguaglianze “lotta di classe”. Una sintesi, ovviamente, ma che teneva conto che non c’è identità totale tra “lotta per i diritti civili” e “lotta per una società più giusta”. Che del trinomio rivoluzionario Libertà, Uguaglianza, Fraternità, la declinazione dei primi due elementi senza il terzo, lasciava la Storia monca di una componente fondamentale, e l’impegno personale residuava un vuoto che minacciava sempre di deformare anche l’applicazione dei due altri “principi”. (Magari affidandosi ai TAR…)

Perciò l’antico costrutto di “lotta di classe” del Movimento Operaio mi è sempre parso una sintesi sostanziale tra battaglia per i diritti, eguaglianza e socialità.
Per questo mi sono permesso di dare al pezzo che vi propongo alla lettura il titolo provocatorio “L’INVALSI E LA LOTTA DI CLASSE”. Il rapporto dell’Istituto Nazionale per la Valutazione è contrassegnato da una continua presentazione di disuguaglianze della nostra scuola. Sostanziata da dati, numeri, confronti, esiti di ricerca. Non “dall’opinionismo” che purtroppo spesso affligge il nostro dibattito.

Propongo uno sguardo di insieme al rapporto INVALSI sulle rilevazioni del 2017, che spero comunicherà agli interlocutori l’esigenza di leggere direttamente e completamente quel/quei rapporti (La presentazione sintetica, il rapporto tecnico, il rapporto generale sono disponibili sul sito dell’Istituto). Misurarsi con i dati e le loro interpretazioni, anche per smentirle, è una condizione essenziale per “liberarsi” della presunzione “prefabbricata” degli opinionisti, per autorevoli che siano. I colleghi dell’INVALSI, tutti seri ricercatori e non “vetero” come me, mi scuseranno, spero apprezzando le mie buone intenzioni. (FdA)


Come noto l’attività dell’INVALSI genera discussioni e confronti assai aspri che attraversano schieramenti politici e culturali variamente orientati, ma spesso accomunati da ostilità marcate verso le iniziative e i compiti dell’Istituto.
Ciò mi obbliga a porre in testa alle considerazioni che seguono un preliminare chiarimento degli assunti dai quali parto nell’analizzare esiti, dati, ricerche dell’INVALSI.
1.    Considero “le prove INVALSI” per ciò che esse dichiarano: “rilevazioni dei livelli di apprendimento” attraverso prove standard, cui è sottoposto l’universo degli studenti per la seconda e la quinta classe della primaria e per il secondo anno della secondaria superiore. Tali prove NON sono valutazione degli studenti.
2.    INVALSI, accanto alle precedenti, formula prove con il medesimo carattere in connessione con gli Esami di Stato alla fine della secondaria di primo grado e (dall’anno prossimo) alla fine della Secondaria di secondo grado. Tali prove “concorrono” alla formazione del giudizio finale in uscita dagli Esami di Stato. Prove nazionali eguali sono coerenti con l’istituto dell’Esame di Stato e del “valore legale” del titolo di studio. Personalmente sono per l’abolizione, ma finché esistono tali istituti, la “prova nazionale” è coerente con essi.
3.    Le prove sono costruite da INVALSI attraverso l’apporto di un nutrito gruppo di esperti (circa 200) appartenenti al mondo della scuola, dell’Università e della ricerca valutativa. La formulazione delle prove utilizza i medesimi riferimenti di contenuto del lavoro dei docenti dei diversi livelli scolari (Indicazioni nazionali e programmi.


Per ogni approfondimento sui caratteri delle prove, sulla loro costruzione, sui riferimenti si veda il “Rapporto Tecnico 2017” reperibile on line sul sito dell’INVALSI 


Le prove distribuite sull’universo degli studenti (nelle ultime rilevazioni coinvolti circa 2.300.000 studenti) sono precedute da un pretest di controllo e usano un campione di classi con somministrazione controllata da esterni.

4.    Come ogni attività di ricerca, anche quella valutativa sviluppata dall’INVALSI è costituita da un lavoro permanente di approfondimento, correzione, miglioramento sia di tecniche che di prodotti. Fondamentale dunque l’esercizio di l’impegno critico e la disponibilità alla “falsificazione”.
5.    I dati e le informazioni che si ricavano dalle rilevazioni INVALSI hanno sostanzialmente due interlocutori fondamentali:
•    il primo è il decisore politico e amministrativo, per quale le informazioni “di sistema” hanno la funzione di supportarne la razionalità decisoria, indicando le necessità e le opportunità nella definizione ed applicazione della politica pubblica dell’istruzione. (p.es. se si riscontra una debolezza generale nell’insegnamento/apprendimento della Matematica, individuare scelte di politica pubblica per potenziarlo)
•    Il secondo, a livello micro, è la singola scuola e il suo corpo docente. I dati delle rilevazioni hanno (possono avere) un forte carattere diagnostico, sia per aspetti organizzativi (formazione delle classi p.es.) sia per aspetti didattici (su quali parti dei quadri disciplinari di riferimento occorre intervenire per migliorare insegnamento/apprendimento).Tra tali interlocutori fondamentali se ne possono individuare altri e intermedi (p.es. le politiche scolastiche delle Regioni che, come si sa, hanno competenze rilevanti nella politica dell’istruzione: dagli insediamenti territoriali, al diritto allo studio, alla formazione professionale….


I dati e gli esiti commentati di seguito sono ricavati dal Rapporto generale sulle “Rilevazioni Nazionali degli apprendimenti 2016/17” pubblicato da INVALSI e disponibile on line sul relativo sito.


(…) Vai all'intero documento Invalsi e lotta di classe di Franco De Anna


Provvisorie conclusioni

1.    Molti dei dati qui presentati attendono commenti e analisi più approfondite e tale considerazione sarebbe ancora più vera se guardassimo al rapporto complessivo dell’INVALSI.
Ma credo, al di là di considerazioni di spazio e di opportunità, che lasciare il compito alla analisi dettagliata dei singoli o dei gruppi di docenti, sia necessario. Gli insegnanti sono la più consistente aggregazione di lavoro intellettuale del Paese, e la funzione fondamentale degli intellettuali è quella di costruire e riprodurre senso.
L’invito a tale impegno analitico, affrancandosi dall’opinionismo, anche autorevole, che rielabora giudizi a prescindere dai dati mi pare abbia, soprattutto rispetto a argomenti come la valutazione, il senso del richiamo ad un “valore professionale”. Lasciamo agli opinion makers il diletto dell’approssimazione: più saremo capaci di analisi attenta, più potremo allontanare il fastidio dei loro pronunciamenti.
2.    Le dislocazioni e le faglie che attraversano il sistema di istruzione hanno tale portata generale da mandare fuori bersaglio una serie di costrutti che ritualmente vengono riversati nel confronto sulla scuola. Solo una rapida elencazione: la questione della meritocrazia e del primato del merito; la questione che è solo problema di risorse che vanno aumentate; la questione che il carattere pubblico del sistema è garantito dal MIUR e dai dispositivi eguali del Diritto Amministrativo; la questione della supremazia culturale del sistema dei Licei; la questione che tutto dipende dalla deprivazione dei contesti socio economici; la questione che il responsabile di tutto sta in Viale Trastevere o nell’ultimo provvedimento legislativo; la questione che l’istruzione è un diritto e tanto basta; la questione che la scuola non è un servizio ma una istituzione costituzionale; ma anche alcune banalità sui NEET, sulla disoccupazione giovanile e sui “cervelli in esportazione”… I lettori aggiungano a piacere…
3.    Le dislocazioni e le disuguaglianze territoriali, riprodotte e spesso rinforzate nel tempo e nello stesso sviluppo del percorso scolastico, falsificano l’idea che l’unità del sistema sia garantita dal suo “comando” centrale. E’ probabilmente vero il contrario. Per porre rimedio a quelle disuguaglianze territoriali e di comparto occorre una politica pubblica diversificata e articolata.
E’ ben vero che lo stesso Ministero ha proprie articolazioni territoriali e che le stesse scuole hanno prerogative (costituzionali) di autonomia. Ma le articolazioni ministeriali sono in realtà anelli di una catena di comando ad autonomia ridottissima e la stessa autonomia delle istituzioni scolastiche è stata oggetto nell’ultimo quindicennio, di un processo di progressiva mortificazione reale, mistificata da affermazioni formali del contrario. Potenziare l’autonomia come condizione per colmare le disuguaglianze.
4.    Per colmare le disuguaglianze (diverso tipo come quelle sommariamente descritte) occorre declinare due costrutti: il primo è la responsabilità diffusa e definita rispetto alle strategie pubbliche messe in opera. Il secondo è la flessibilità operativa declinata nella organizzazione concreta del servizio al diritto di istruzione: risorse, personale, sviluppo organizzativo devono poter essere costantemente adattati agli obiettivi concreti di superamento delle disuguaglianze nella offerta di istruzione.
Le problematiche relative all’obbligo di istruzione sono esemplari in proposito, se non ci si limita a trasferire l’obbligo nel contenitore tradizionale degli indirizzi della Superiore.
Consolidare l’obbligo a 16 anni come una reale “piattaforma sociale” dell’istruzione pubblica richiede di intervenire sulla “unità” effettiva degli insegnamenti fondamentali, (prima della diversificazione degli indirizzi) e sulla articolazione parallela (e non sostitutiva) di una offerta di insegnamenti complementari ed opzionali con funzione orientativa e vocazionale.
Calare tale articolazione entro una organizzazione effettivamente unitaria del biennio, significa esplorare flessibilità di impegno del personale, superare la “epistemologia delle classi di concorso”, i contenitori spazio temporali tradizionali del lavoro e della organizzazione della scuola. (Naturalmente se si vuole realizzare l’obiettivo della espansione di tale “piattaforma sociale” in tempi più rapidi del cinquantennio necessario per la Media dell’obbligo)
5.    Le faglie territoriali e l’esigenza del loro superamento portano in primo piano la questione di fondo delle politiche territoriali dell’istruzione, che ha rilevanze costituzionali. Le competenze concorrenti tra Stato e Regioni e autonomie locali su materie fondamentali dell’istruzione sono state, negli anni che ci separano dalla riforma costituzionale del Titolo V, campo di conflitti, di contrapposizioni, di sostanziali fallimenti operativi.
A fronte di tali risultati spesso oscilliamo tra un “ritorno al centralismo” che sembra apparire consolatorio e garantista, e la rivendicazione di un localismo accentuato che sappia superare le inefficienze della Amministrazione Centrale. In realtà occorre rilanciare un “apprendimento istituzionale” nell’imparare a far funzionare il sistema di “governo misto” che presiede al sistema reale dell’istruzione. Non c’è Paese sviluppato (anche la centralista Francia) che non usi strumenti di governance (di governo misto a plurime titolarità) nella gestione di servizi a forte articolazione territoriale.
6.    La sedimentazione di disuguaglianze che attingono anche a differenze di cultura e prassi organizzative, di differenziali di esperienze gestionali e professionali, di “storie”, culture e tradizioni amministrative diverse (si vedano i dati del valore aggiunto), deve essere contrastata sviluppando sistemi organizzati di comunicazione e di scambio tra arre geografiche, settori, ambiti. Occorre sviluppare condizioni per “poter copiare” dalle realtà dove i risultati sono migliori e di poter utilizzare risorse corrispondenti (le reti, prima che espedienti amministrativi sono strumenti per tale impegno. Ma anche in tale caso occorre superare rigidità e protocolli cristallizzati).
Si tenga conto che dei tre fondamentali protagonisti (a riconoscimento costituzionale) del sistema di governance dell’istruzione (Stato-Ministero, Regioni-Autonomie locali, Istituzioni Scolastiche autonome) il terzo è il più debole ma è fondamentale per la responsabilità “finale” del sistema. Non ha una forma consolidata di rappresentanza collettiva nel Governo misto (qualche cosa di equivalente all’ANCI per i Comuni). Un versante da esplorare, a cominciare dalle reti di scuole.