Generazione ISIS (Olivier Roy) – recensione di Daniele Marini

Una analisi contro corrente sulla natura del terrorismo radicale di ispirazione Islamica. La tesi che Roy vuole dimostrare è che la molla che spinge iterroristi non ha alcuna natura religiosa. Piuttosto si tratta di giovani che rispondono a una spinta di tipo nichilista.

Esaminando le storie individuali di coloro che hanno partecipato all’assalto a Charlie Hebdo, al Bataclan, che han falciato la folla sul lungomare di Nizza e a Berlino, Roy mette in luce chenessuno di loro si è convertito al terrorismo jhadista partendo da una vocazione religiosa. Si tratta piuttosto di giovani che hanno vissuto la loro intera vita adottando i costumi e gli stili di tutti gli altri giovani europei. Alcuni hanno un passato di piccola criminalità e spaccio di droga, alcuni sono stati persino gestori di bar in cui i consumi di alcolici erano più che consentiti, pur essendo collocati in quartieri con abitanti a prevalenza islamica.

La conversione alla missione jihadista avviene di solito in modo improvviso, o dopo un periodo di carcerazione in cui sono stati esposti alle idee dell’integralismo salafita, o perché sono entrati in contatto con le idee in modo casuale.

La conversione si traduce rapidamente in decisione di passare all’azione, ricevendo in alcuni casi l’appoggio di sostenitori di Daesh o spesso senza alcun appoggio.

Tutte queste persone hanno una pratica di vita che non rispetta in alcun modo i principi Coranici proclamati dal Califfato, al contrario spesso son consumatori di alcool, le donne che li affiancano o che partecipano in prima persona si comportano con una indipendenza impensabile tra i sunniti integralisti. Sulla base di questa analisi Roy separa nettamente il comportamento dei giovani terroristi dalla teologia integralista islamica.

Naturalmentenon si tratta di una cesura netta, al contrario, l’ideale propagandato da Daesh diviene la motivazione che fa scattare un comportamento che ha però già in sé tutti gli elementi della radicalizzazione. Ma, si domanda Roy, da dove origina questaradicalizzazione? E la risposta che propone è molto interessante: si tratta di una seconda generazione di immigrati che cercano una risposta violenta e aggressiva al loro stato di insoddisfazione. Poiché tutta la loro vita si è svolta all’interno e in piena integrazione con i valori culturali dei lorocoetanei, è in questa cultura che Roy cerca gli elementi del radicalismo. E li trova nella mitologia dell’eroe e della missione che è chiamato a compiere per riscattare sé stesso e persino i suoi famigliari più stretti. E’ la mitologia del viaggio dell’eroe che costituisce la struttura narrativa di grandissima parte della filmografia occidentale, in particolare di Hollywood, e della struttura narrativa di innumerevoli videogiochi.

Immersi pienamente nella cultura giovanile dell’occidente, praticano sport violenti (ed alcuni di essi sfuggono al terrorismo praticando sport aggressivi in modo professionale), conducono vite del tutto comuni senza alcuna pratica religiosa, spesso piccoli criminali, che compiono una improvvisa conversione al di fuori delle comunità religiose, pur ispirandosi a una visione dell’Islam del tutto orecchiata e priva di conoscenze e letture fondate. In sintesi questi giovani non si radicalizzano perché hanno letto male dei testi di teologia o perché sono stati manipolati, sono radicali perché vogliono esserlo e nelle idee dell’Islam trovano solo una giustificazione della loro scelta.

L’attuazione delle loro azioni produce una potente messa in scena che si alimenta con la mitologia della prima conquista islamica da un lato e dalla estetica della violenza della cultura di spettacolo contemporanea. Si pensi alle decapitazionie, al sapiente uso dei media. Come può non attrarre una mente debole e portata alla ribellione radicale questa messa in scena grandiosa?

Roy avanza anche alcune analogie con il radicalismo del terrorismo di sinistra (Baader Meinhof, Brigate Rosse ecc.) che non posso qui riassumere. Mi interessa piuttosto concludere sottolineando il contributo di questo lavoro che, pur non fornendo risposte definitive, mette in luce alcuni aspetti di grande importanza.

Da un lato fa piazza pulita dei discorsi relativi alla guerra di religione o allo scontro di culture. Qui se di scontro culturale si tratta è tra la cultura occidentale e le subculture giovanili. Da un altro lato Roy suggerisce in modo molto convincente che contro questa sub cultura, a fianco della repressione e dell’intelligence, occorre operare per sconfiggerla con gli stessi strumenti di costruzione culturale.

Un aspetto che purtroppo Roy non approfondisce a sufficienza sono le relazioni e i sostegni che i giovani radicalizzati possono costruire, poiché divengono i nodi di una rete internazionale. Del resto le indagini condotte sugli autori dei fatti più drammatici hanno dimostrato l’esistenza di referenti nei vari paesi europei e hanno messo in luce il traffico di denari che ne possono sostenere l’azione. L’intreccio tra questa subcultura giovanile, gli ideali integralistici che ne incarnano la autorappresentazione e i gruppi di azione sia in Europa sia in Medio Oriente resta ancora assai complesso.


Olivier Roy è direttore di ricerca all’École des hautes études en sciences sociales (Ehess) e all’Institut d’études politiques (Iep) di Parigi. Attualmente insegna all’Istituto universitario europeo di Firenze e dirige il Programma mediterraneo presso il Robert Schuman Centre for Advanced Studies. È stato consulente del ministero degli Affari esteri francese e ha lavorato come consulente dell’Ufficio delle Nazioni Unite incaricato di coordinare i soccorsi in Afghanistan.


Olivier Roy

Generazione ISIS – Chi sono i Giovani che Scelgono il Califfato e perhé Combattono l’Occidente,

Feltrinelli, 2017, pag.128 14€