il Pan co’ Santi
Ogni terra ha i suoi ingredienti che si portano dietro le caratteristiche del territorio, l’economia contadina, la tradizione; ma l’economia cambia e alcune materie prime ormai vengono da altrove, addirittura dalle regioni balcaniche; penso al grano saraceno e alla segale che si coltivavano nelle regioni troppo fredde per produrre frumento come la Valtellina e da cui sono nate le ciambelle di pan di segale (i brasciadei) o la farina nera indispensabile per i pizzoccheri, gli sciatt o la polenta taragna.
Le tradizioni culinarie restano, ma quel che serve a produrle è stato, almeno in parte, contaminato dalla globalizzazione. Nella Maremma Senese puoi trovare ancora il finocchietto selvatico da usare fresco o di cui utilizzare i semi dal sentore di anice molto più aromatici di quelli che si possono acquistare nella filiera industriale. Ma altre cose sono sparite. In tutte le regioni italiane si faceva l’uva passa facendo asciugare i grappoli d’uva nera al sole autunnale e in ogni regione esiste almeno un dolce che ha l’uva passa tra i suoi componenti base (ma nel senese la schiaccia con l’uva nera fresca si fa ancora ed è una delizia).
L’uva passa, che si può acquistare sia in negozio sia al supermercato, è quasi tutta di origine turca, ammorbidita con olio di semi e non resta che farsene una ragione. Vale lo stesso per i semi d’anice presenti in moltissimi dolci della tradizione toscana. Si insiste tanto da parte di Coldiretti sulla difesa del prodotto italiano, sulla filiera controllata, sul chilometro zero ma se si escludono l’olio, alcuni salumi e alcuni formaggi (per altro insidiati sui mercati esteri da una concorrenza sleale) l’Italia non è riuscita a conservare molte delle sue tradizioni di produzione regionale diffuse in tutto il paese: le noci, le nocciole, l’uva passa, le farine di grano e di mais, … Il noce cresce dal Piemonte alla Calabria ma, con poche eccezioni trovi solo noci dal Cile, dalla Francia, dalla California e se ti avventuri nell’acquisto del prodotto locale, non è detto che ti vada bene.
La dura legge del prezzo la fa da padrona e alla fine ci si rassegna: mi faccio quel che riesco a produrre (per esempio i fichi secchi) e il resto lo acquisto turandomi il naso e cercando di confermare ciò che ho già testato sul piano della qualità, ammesso di ritrovarlo perché, tranne in pochi casi come Coop ed Esselunga, anche la grande distribuzione si tura il naso e fa la politica del prezzo invece di quella della qualità al prezzo giusto.
Dunque bisogna mischiare, ma se si è bravi a mischiare possono comunque uscire delle cose speciali e parliamo allora del Pan co’ Santi un dolce senese cui mi dedico ormai da qualche anno e che fa da base alla prima colazione di tutta la famiglia. Mi piace perché è vegano e dunque può essere consumato anche dai vegetariani più intransigenti (niente burro, niente uova, niente latte o latticini).
Prima di tutto bisogna preparare la pasta di pane (farina manitoba) e l’unica differenza è che ci andranno un po’ più di olio e lo zucchero, mica tanto però perchè di base deve essere un pane: acqua, farina, lievito, sale, zucchero, olio extravergine. Come si fa l’impasto l’ho già raccontato altre volte (dire pane è dire uomo) e aggiungo solo che per produrlo sufficientemente soffice, come si conviene ad un dolce, faccio avvenire la lievitatura finale nello stampo da plum cake e dunque, rispetto al pane normale si lavorerà con un po’ più di acqua.
Poi c’è il ripieno: fichi e uva passa ammollati con aggiunta finale di semi d’anice, zucchero e scorza d’agrumi (limone, arancia, mandarino, … quel che si trova nei diversi momenti dell’anno). Metteteci magari anche degli agrumi canditi tagliati grossolanamente (cedro, arancia, … roba di produzione siculo campana). Evitate i mix di canditi colorati che non sanno di nulla e inquinano il prodotto.
La frutta secca è un componente fondamentale e ce ne va tanta; tenete conto che, quando alla fine mischierete tutto, la pasta di pane e i diversi ripieni di frutta, devono essere quasi equivalenti in volume. Ci metto noci (evitando quelle già sgusciate che sanno di poco), nocciole (stessa indicazione), mandorle, anacardi, arachidi, pepe nero in grani, semi di coriandolo. La frutta secca va fatta tostare e fuoco basso in un po’ di olio extravergine e quando si sarà raffreddata si aggiungerà l’altra che è stata ammollata.
Le prime volte mescolavo, dopo la prima lievitatura, la pasta di pane e il mix di frutta a mano, ma ora mi faccio aiutare dalla impastatrice; viene un impasto migliore e il ripieno si amalgama meglio alla pasta di pane evitando uvette che galleggiano troppo in cottura o zone eccessivamente disomogenee.
Si spennella d’olio lo stampo e ci si butta un po’ di farina per agevolare il distacco finale e poi aiutandosi con un forchettone si versa il tutto nello stampo; il forchettone, tenuto bagnato agevola la formazione di una superficie liscia. Durante la seconda lievitatura non si deve avere fretta; il dolce dovrà crescere occupando in altezza almeno il doppio della altezza originale, diciamo sbordare di almeno un centimetro. Poiche si tratta di una pasta morbida, ulteriormente ammorbidita dai liquidi residui dell’uvetta e dall’olio della frutta secca, è opportuno che l’ultima lievitatura avvenga in un ambiente chiuso che agevoli il trattenimento, nella pasta, dei gas in modo di garantire una buona morbidezza.
Si inforna sui 200° per una trentina di minuti stando attenti a non bruciare la superficie; io la spennello d’acqua dopo il primo quarto d’ora stando attento ad evitare uno schock termico eccessivo; a cinque minuti dalla fine spengo il forno e lascio finire la cottura per un quarto d’ora; almeno un’oretta di raffreddamento e aiutandovi sulle pareti con una spatola di teflon potete estrarre il pan co’ santi. Tagliatelo solo dopo che è ben freddo e se volete fare delle fette perfette tagliatelo dal fondo. Ultimamente ho abbandonato i fichi secchi per ragioni di comodità e assemblo il pane direttamente su un foglio di teflon senza bisogno di stampi basta prestare attenzione a che l’impasto, dopo l’aggiunta dei Santi non risulti troppo molle (mi regolo aggiungendo eventualmente un po’ di farina mentre gli dò la forma).
Profumo di buono, di soffice, di genuino; pasta morbida, mix di sapori in contrasto: le noci, gli agrumi, i grani di pepe, il coriandolo, l’anice … una delizia. Chi ha detto che non si possono fare le nozze con i fichi secchi, si è sbagliato.