il mio congresso del PD

E' vero che i partiti novecenteschi sono spariti, o sono largamente privi di senso, ma non per questo è sufficiente mettersi davanti alla TV, se si è un elettore, o davanti alla telecamera se si è un dirigente per risolvere i problemi della politica. Se si fa così si trasformano la funzione e la competizione politica in una faccenda da addetti ai lavori. Si fotografano i flussi di consenso, li si osserva, ma non si riesce ad incidere su di essi.

La stagione di Renzi, caratterizzata al suo sorgere, da molte svolte negli obiettivi tradizionali del campo progressista è destinata ad esaurirsi se non si riesce a mettere in piedi un partito in cui il gruppo dirigente (nazionale, regionale, locale) riesce a parlarsi e in cui il corpo elettorale trova un modo per contare e per comunicare..

Faccio parte del direttivo di un circolo di paese e dunque il livello alto mi è del tutto precluso sul piano delle informazioni e mi limito a guardare la situazione in basso. Mi si presentano sùbito due problemi: la struttura organizzativa basata sui circoli è inadeguata, i canali di comunicazione con i gruppi dirigenti sul piano provinciale e regionale sono inesistenti.

Il PD mi appare come una organizzazione per consiglieri comunali; se sei in un certo ambito conosci alcune cose, ma l'assessore ne sa di più e il sindaco ancora di più; è lui che parla con quelli che prendono le decisioni sul piano provinciale, ma la tua realtà professionale, sociale, umana in tutto ciò non ha spazio. Al massimo ti puoi divertire a scrivere  i tuoi pensierini su Facebook e se sei abbastanza famoso puoi addirittura evitare di spiegarti e ti bastano le 100 parole di Twitter, magari con tre puntini finali per aumentare l'ambiguità.

E' paradossale; nella vecchia sinistra, nonostante la presenza di un terreno diffuso di organizzazioni della società civile sul terreno sindacale, ricreativo, culturale, cooperativo, comunque ci si organizzava non solo in base alla residenza. Il modello delle cellule di partito è sicuramente superato e improponibile, ma penso che il criterio della residenza non sia una buona base per costruire la organizzazione.

Viviamo nella società della informazione diffusa, dello spostamento continuo (per lavorare come per divertirsi) e i legami forti hanno a che fare con la condivisione di interessi materiali e culturali. Eppure su questo terreno il PD è assolutamente carente e la debolezza si fa sentire a maggior ragione ora che i legami tradizionali con il sindacato e il mondo dell'associazionismo culturale ricreativo si sono allentati, come si è visto in occasione del referendum quando la triplice ANPI, ARCI e CGIL si è collocata dall'altra parte rispetto al PD.

Esemplifico con un ambito che conosco abbastanza bene per ragioni connesse alla storia della mia vita: la scuola e i giovani.

Il mondo della scuola è complesso, con molte sfaccettature, con tanti problemi e con tanti protagonisti: gli studenti, il corpo docente, i dirigenti, il personale ausiliario, le famiglie, il mondo delle imprese e dei servizi. E' un mondo in cui a partire dagli anni 60 le idee di progresso e di rinnovamento si sono fatte via via egemoni, ma quel mondo, a partire dalla fine del 900 è stato dato in appalto al sindacato e ciò ha creato la situazione paradossale di governi innovatori che si scontravano con il patto d'acciaio tra burocrazia ministeriale e burocrazia sindacale (i punteggi, le graduatorie, i diritti consolidati).

I giovani disponibili ad impegnarsi nella scuola sono stato lasciati a loro stessi senza nessuna azione di orientamento da parte di adulti consapevoli, eppure, e qui parlo per esperienza diretta, i giovani hanno voglia di cambiare e non è vero che sono disimpegnati; basta evitare di strumentalizzarli come forza d'urto contro le riforme, indurli a ragionare, a distinguere tra slogan e obiettivi (e ho in mente, in proposito, certe polemiche contro i progetti di Alternanza Scuola Lavoro).

I Dirigenti Scolastici, per le problematiche da leader della scuola della autonomia, si trovano a lavorare come apripista dei progetti di innovazione e di attenzione al territorio; sono professionalmente chiamati a inverare la scuola dalle molte facce, quella della collaborazione con le famiglie e con gli studenti, quella dello stimolo alla crescita professionale dei docenti e della valorizzazione dei migliori e invece si è accettato di metterli alla gogna con le polemiche sul preside-sceriffo e con il continuo aumento di adempimenti burocratici esclusivamente dovuti all'aver governato male la gestione dell'organico funzionale.

Occorre che in ogni realtà territoriale di media grandezza si creino strutture del PD che si occupano di scuola e che vedano la presenza di Dirigenti, docenti, giovani e genitori impegnati nel rinnovamento. Occorre che queste strutture diventino il riferimento per le politiche scolastiche in ambito regionale se vogliamo che il PD sia il partito del rinnovamento e della innovazione e che le scelte di programmazione dell'offerta formativa non siano questione di concorrenza di campanile.

Non è vero che le famiglie non hanno voglia di occuparsi di scuola, ne fa fanno fede i diffusissimi gruppi whatsapp che, dalla dimensione di classe a quella di paese, stanno diventando l'espressione, spesso anarchico-corporativa, di quella spinta alla partecipazione che caratterizzò la fase iniziale dei decereti delegati (seconda metà degli anni 70 e anni 80 del novecento). Bisogna fornire una prospetttiva, canali di ascolto e di comunicazione, momenti di crescita politico culturale.

Quanto ho scritto sulla organizzazione nel mondo della scuola vale per i comparti del mondo della produzione, per quello dei servizi, per l'artigianato, per molti settori e comparti del pubblico impiego, per il mondo della informazione nell'era dell'informatica diffusa. Perché non pensare a dei pool di blog?

Nello stanco dibattito della temporanea fase discendente della leadership Renzi sento parlare della necessità di rivedere l'impianto della Buona Scuola e quello del Job Act. Mi limito al primo punto. Non so se sia stato un passo obbligato dovuto a problemi posti da sentenze della Corte Europea, ma mi pare che aver riempito le scuole di persone a prestito (con competenze professionali estranee al core-business della istituzione scolastica) non sia stata una grande idea e lo stesso vale per i posti di ruolo assegnati a persone immediatamente fuggite altrove con gli escamotages legali più diversi (assegnazioni provvisorie, comandi, aspettative, …).

Rivediamola pure la Buona Scuola ma teniamo fermi alcuni punti:

  • chi dopo anni di precariato ottiene ope legis una stabilizzazione sappia che dovrà sopportare qualche disagio e abituarsi ad essere parte del mondo dei pubblici dipendenti che non sono quelli che si sono sistemati per la vita ma persone che si sono poste professionalmente al servizio della società;
  • si evitino immissioni in ruolo di ciò che non serve lasciando invece scoperte le aree strategiche (area comune, area tecnico-tecnologica) e comunque, nella attesa, si definiscano in maniera chiara gli ambiti di utilizzo senza aprire la strada ad infiniti contenziosi sindacali
  • si aumentino i poteri dei DS nel gestire questo organico eterogeneo per renderlo funzionale alle esigenze della istituzione scolastica
  • si faccia una riflessione sull'eccesso di figure professionali fintemente specialistiche nel primo ciclo con il rischio di bruciare risorse economiche e aumentare il disorientamento tra gli alunni del primo ciclo
  • si dia la disponibilità ad affrontare il rinnovo contrattuale nel contesto dei processi di decontrattualizzazione di alcune problematiche (in particolare quelle sui diritti-doveri che rientrano nella partita generale del pubblico impiego)

C'è poi una questione che riguarda gli organismi dirigenti, il loro funzionamento interno e il loro rapporto con gli iscritti.

Con la gestione Renzi del PD le riunioni di Direzione sono aumentate ma, io che le ascolto regolarmente grazie a Radio Radicale, ho avuto l'impressione che spesso si tratti di riunioni troppo compresse (per i tempi di chi deve ripartire, per i ritardi di inizio rispetto alla convocazione, per la mancanza di senso di responsabiltà di alcuni dirigenti che si presentano a corrente alternata). Meglio un organismo ridotto della metà ma più disponibile a riunioni di lavoro vere con il tempo per esprimere il proprio pensiero. Magari mi sono distratto, ma sto ancora aspettando una analisi analitica delle ragioni della sconfitta sul referendum.

Si elimini l'inutile e pletorica assemblea nazionale perché un organismo di 1000 persone non è in grado, per ragioni organizzative e di tempo, di discutere di alcunché e si proceda a qualche riforma che non costa molto ma che potrebbe rappresentare un buon segnale:

  • riunione almeno mensile della segreteria con i segretari regionali e i nostri presidenti di Regione. Nelle culture del 900 si chiamava Ufficio Politico ed è lo strumento che consente al segretario di sentire che aria tira. Questa riunione deve essere chiusa e al più si termina, se necessario, con un comunicato stampa. Gli organismi dirigenti ai livelli massimi hanno anche l'esigenza della riservatezza.
  • abitudine alla consultazione telematica di Direzione e Ufficio politico sulle questioni che richiedono un orientamento rapido. Esemplifico, per esempio, con la decisione che ha determinato la rottura del Patto del Nazzareno: Amato o Mattarella alla Presidenza della Repubblica?
  • consultazione telematica degli iscritti sulle questioni che riguardano questioni di orientamento ideale. Esemplifico: step child adoption, legalizzazione delle droghe, fine vita, eutanasia, articolo 18, … Si tratta di consultazioni di orientamento senza vincolo di mandato ma che potrebbero dare un senso, nell'era delle primarie aperte, alla domanda: ma perché mi dovrei iscrivere al PD?

Segnalo un'ultima questione di cui sento la necessità: riunioni periodiche di orientamento con deputati e/o dirigenti regionali e dirigenti nazionali di settore sulla ordinaria attività di partito, di governo e di iniziativa parlamentare. Questa dimensione non è sostituibile con lo strumento, ormai usato da molti, della newsletter. Quando ci si incontra e ci si guarda in faccia si comunicano sfumature di significato e ci si confronta raccogliendo, per i dirigenti, utili informazioni sullo stato del partito.

Buon congresso e mi auguro si possa discutere sulla base di documenti brevi e puntuali che non partano, come si usava una volta, dalla crisi mondiale tanto per allungare il brodo. Che c'è la crisi lo sappiamo già, che il mondo sta mutando rapidamente anche; il problema è: noi cosa facciamo?

Non mi sono scordato di quelli che parlano di scissione, da fare o già avvenuta. Dedico loro l'immagine di apertura della quercia rovesciata e la dedico anche a tutti i fuoriusciti sempre alle prese con il problema del 3%. Il mondo della sinistra è vario e molreplice ed è varia e molteplice anche la società. La politica serve a cambiare in meglio e per farlo bisogna contare; si parte dai rami ma bisogna arrivare ad un tronco, un tronco che prende le idee dal cielo, dai cespugli, dai rametti, dai rami più grandi ma poi si pianta ben solido nel mondo.

Di solito si pensa alle radici come origine del nutrimento e si parte da lì. Sono uno spirito libero e mi piace partire dal cielo, da dove viene l'energia che dà origine alla vita. La ramificazione è un bene, ma la società è dove ho messo il simbolo del PD, nella terra, nella vita materiale. Ho scelto il simbolo delle europee perché c'è il richiamo al PSE, una delle dimenticate realizzazioni di Renzi.