Il Pakistan e la promozione dell’Italia

L’aereo che ha riportato in Italia dal Pakistan l’ultima “Missione di Sistema” del primo Governo Renzi è atterrato a Roma, ironia della sorte, praticamente nello stesso momento in cui il Premier rassegnava le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Erano, eravamo, partiti, una cinquantina di persone in rappresentanza di imprese e Associazioni artigiane ed imprenditoriali, nella tarda serata di domenica 4 dicembre, Di notte, in aereo, pochi avevano preso sonno, presi, com’eravamo, dal conoscere l’esito del referendum.

Molto interessante prendere parte a queste missioni. Tocchi con mano la straordinarietà del nostro Paese: l’azienda di Salerno che vende rottame in Pakistan, le aziende che vendono macchine agricole, tessili o per fare le scarpe, le imprese di costruzioni etc. Un mondo variegato, accenti lombardi, veneti, piemontesi, toscani, campani, siciliani e così via, che grazie alle sue esportazioni manda avanti la nostra economia.

Non era la prima volta che veniva organizzata una missione di questo tipo: la “formula” è stata usata con successo negli ultimi due anni per portare in giro per il mondo le piccole e medie imprese italiane a promuovere il “Made in Italy” assieme ai rappresentanti del Governo italiano. In questo caso c’era Ivan Scalfarotto, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, che ha svolto molto bene la sua parte.

Un modo intelligente per “fare squadra”, per dare un’immagine “solida” e organizzata dell’Italia.

La missione in Pakistan, con tappe a Islamabad e Lahore, è andata bene e ci ha fatto ri-scoprire un Paese, situato in un’area molto “calda” del mondo, che guarda all’Italia, e al suo sistema di imprese, con molto interesse. C’è poco da fare: l’Italia ha un grande appeal a qualsiasi latitudine e con qualsiasi fede religiosa. Il Pakistan, dopo l’Indonesia, è il secondo Paese musulmano al mondo.

Un Paese musulmano, dato interessante, dove il 30% dei membri del Parlamento sono donne che partecipano attivamente alla vita politica del Paese come il Ministro che ci ha parlato a Lahore in una sala di un albergo piena di gente e tappezzata di bandiere italiane e pakistane.

Un Paese comunque complesso il Pakistan, che guarda agli investimenti esteri, soprattutto infrastrutturali, per crescere. E anche qui la Cina sta facendo “terra bruciata” nei confronti degli altri Paesi con il “China-Pakistan Economic Corridor”, un progetto del valore complessivo di 46 miliardi di dollari, che permetterà, attraverso una fitta rete di autostrade e ferrovie, di collegare direttamente via terra la Provincia cinese dello Xinjiang con il porto pakistano di Gwardar sul mar Arabico.

Il “China Pakistan Economic Corridor” taglierà di ben 12.000 chilometri la distanza tra la Cina e il Medio Oriente garantendo un “affaccio” diretto sui Paesi dell’area e l’Africa; ed una “scorciatoia” per i mercati europei. Guardare la cartina geografica per rendersi conto di cosa significherà, dal punto di vista dello sviluppo economico di questa parte del mondo, la realizzazione di questa infrastruttura.

Noi come Italia non abbiamo la potenza della Cina ma in qualche modo siamo potenti anche noi con il nostro ingegno, la creatività delle nostre imprese e delle loro maestranze, la qualità delle nostre produzioni: è un qualcosa che viene dal di dentro, da una storia millenaria che i cinesi non ci potranno mai copiare. E lo abbiamo visto anche in questa missione in Pakistan.

Era l’ultima questa missione, chissà se il prossimo Governo vorrà proseguire con questa formula vincente che il Governo Renzi ha preso forse a modello, adattandola bene alla realtà italiana, dai tedeschi.
Ora si volta pagina, peccato. Ma l’Italia adesso ha gli “anticorpi” per guardare avanti.

L’ALTRA FACCIA DELLE MISSIONI DI SISTEMA

Era il 1996 quando una missione in Israele e Palestina della Regione Lombardia, guidata dall’allora Presidente della Commissione Industria del Consiglio Regionale, un signore di fede leghista, rischiò un incidente diplomatico perché il Vice Presidente della Knesset, il parlamento israeliano, ci fece aspettare mezz’ora per l’incontro.

Aveva ragione, stava presiedendo l’assemblea quando noi arrivammo, ma questo fece andare su tutte le furie il nostro rappresentante politico di allora. “Non si può far aspettare la Lombardia, la Regione più importante d’Europa” disse il Capo Delegazione lumbard di allora, nell’imbarazzi generale, al segretario del Vice Presidente della Knesset. Poi tutto si ricompose grazie alla diplomazia dei funzionari della Regione.

Un ‘altra figuretta, ma perlomeno eravamo solo tra noi italiani, quando un Ministro ligure, di una Provincia che ha la targa MI al contrario, si mise a battibeccare con la moglie durante una cena ufficiale a Damasco davanti ad un esterrefatto Nunzio Apostolico.

Molto meglio Piero Fassino che a Tunisi, quando era Ministro per il Commercio Estero, durante un pranzo, si offrì di riparare l’impianto audio che era andato in tilt: “So come fare, ho una certa esperienza con microfoni e altoparlanti perché ho fatto tanti comizi davanti alla Fiat”.

E nel 2007 Emma, Emma Bonino, anche lei Ministro per il Commercio Estero, che a Calcutta, dopo una giornata estenuante di incontri, tra cui quelli con Amartya Sen e Mohammad Yunus, molla Prodi, allora Presidente del Consiglio, assieme a tutta la delegazione di piccole e medie imprese, dicendo: “ragazzi vado a dormire, sono esausta”.

E poi Carlo Calenda che l’anno scorso, a Bogotà, si aggirava personalmente per i tavoli degli incontri bilaterali tra imprese italiane e colombiane per sapere che “aria tirava”. O lo stesso Renzi che, sempre a Bogotà, ha voluto incontrare, a sera tardi, la delegazione delle imprese per conoscere direttamente i partecipanti e chiedere che cosa lui avrebbe potuto fare per loro.