noi … e le cattiverie della rete

Il punto, comunque, non è il suicidio in sé, che è una tragica scelta che alcune persone compiono.

E non è nemmeno di chi siano le colpe, perché in fondo nessuno ha modo di capire cosa passa in testa a una ragazza che decide di arrivare a tanto.

Il punto vero è dato dal valore che oggi diamo agli atti, ai giudizi, e alle conseguenze.

Siamo così profondamente legati alle opinioni altrui, nel bene e nel male: amiamo piacere con ogni mezzo, anche quello tradizionalmente giudicato immorale; usiamo la nostra seduzione come un'arma potente dell'ego.

Ma non siamo più capaci di comprendere tutto ciò che arriva dopo, la valanga di parole e offese, a cui non siamo tutti ugualmente capaci di resistere. Ed ecco che l'opinione ricercata ("voglio sapere di piacere") diventa opinione feroce ("perché le persone mi giudicano così male?").

Si è perso il senso della misura nei gesti di ogni giorno, dal diverbio col vicino di casa all'ostentazione social della propria saccenza, dal giudizio pesante contro gli sconosciuti allo sdoganamento della propria intimità nell'illusione di una popolarità che ci si può rivoltare contro.

Nella morte di Tiziana Cantone la ricerca delle colpe è un esercizio sterile, peraltro fatto con psicologia spicciola priva di fondamento, caricata sulle proprie convinzioni e quindi già di per sé stessa fallace.

Semmai è più utile la ricerca di una misura, prima personale e poi collettiva, per capire meglio verso quale mondo vogliamo andare: un mondo in cui tutto sia possibile e lecito e dunque inattaccabile, sulla scia di chi si sente estraneo a qualsiasi commento, oppure un mondo in cui esista un metro di discussione accettabile anche a riguardo degli argomenti più scomodi, dove la somma di errori e fatalità si paghi con una sana redenzione piuttosto che con il pensiero di una fine tragica?

Io mediterei non tanto sulla cattiveria di alcuni, che è ormai cosa nota, ma sui modi quotidiani che abbiamo tutti per tornare a un sano vivere civile dove ogni diversità di opinioni e comportamenti possa essere valutata con garbo, se serve con ironia, talvolta con disappunto, ma con un disappunto sano e rispettoso. Il che vale anche verso se stessi e la propria coscienza.