curiosando in Indonesia – 1

Indonesia.

Musulmani sereni. Indù rasserenanti. Varie religioni che convivono; 3-400 lingue parlate; 18.000 isole; diversi fusi orari; 250 milioni di abitanti. Contraddizioni ovunque, ma un Paese che riesce ugualmente a stare insieme.

Donne velate che chattano su WhatsApp; bambini che dirigono il traffico per una mancia; migliaia di motorini carichi all'inverosimile  o con 4 passeggeri. Sorrisi frequenti e occhi curiosi.

Risaie su colline terrazzate con secoli di lavoro. Vegetazione impressionante. Vulcani. Piogge improvvise. Scimmie.

Studenti in divisa. Formazione aziendale tenuta da una donna col velo che gestiva un PowerPoint professionale. Ragazze in piscina vestite.

Buquet di frutta intagliata per colazione.

Case poverissime intonacate con una cura da sembrare chalet svizzeri. Bambini di 3 anni a piedi nudi che giocano con il tablet. Cena al ristorante per 4-5 euro.

Bancomat dovunque, piu' frequenti dei bar in Italia. Autobus urbano con check-in e indicatore di percorso GPS parlante da schermo LCD. Ingegnere idraulico che manda i figli in Olanda a studiare come si canalizzano grandi masse d'acqua "Perche' qui le acque creano tragedie, ma possono diventare una risorsa per il Paese" (mentre lo diceva pensavo alla situazione idrogeologica italiana e prudentemente stavo zitto…).

E' il primo viaggio della mia vita in cui non penso continuamente a non mostrare dove ho i soldi e la macchina fotografica: qui non e' pensabile che ti rubino qualche cosa per la strada. Migliaia di automobili di livello medio nuovissime e moto diffuse come formiche, sempre nuovissime, guidate da persone che noi chiameremmo povere. Costo della vita per noi bassissimo. Livelli di sicurezza nelle strade e negli edifici che noi giudicheremmo inaccettabili. Contraddizioni? O semplicemente diversita'?

le donne

Non ho mai avuto dubbi: il velo islamico e' simbolo, causa ed effetto della sottomissione e oppressione delle donne musulmane. Ora comincio ad avere seri dubbi.

Qui in Indonesia vedi donne con velo intero, velo parziale, foulard e copricapi vari tipici "da donne musulmane". Tuttavia sembrano tutte donne spigliate, libere, curiose, per nulla sottomesse. Ridono e scherzano con uomini e donne, vanno a spasso a coppie, salgono in moto con un ragazzo e la guidano a volte loro e a volte i maschi.

Salutano per le strade me e Daniela, ci sorridono sia se hanno il velo, sia se mostrano bei capelli neri. Piu' volte mi hanno rivolto la parola in mezzo alla strada e in qualche caso, in mezzo a un autobus affollato, hanno estratto lo smartphone per chiedere un selfie da fare con loro, mentre i vicini di bus sorridevano e facevano cenni di consenso.

Una ragazza mi ha persino offerto un passaggio in moto (lo immaginate a Milano?). Stava uscendo da una povera casa di campagna e mi ha visto. "Would you like a lift to the town?".

"No thanks! I'm going to visit The Temple".

"OK. Have a nice visit and welcome to Indonesia!". Dopo avermi regalato un bellissimo sorriso ha salutato la sua famiglia, messo a posto il foulard-velo, indossato il casco ed e' sparita in mezzo alla campagna coltivata.

Sono rimasto li' con quella faccia da cretino che mi viene quando capisco che qualche cosa non mi torna. Forse l'equazione velo=oppressione ha bisogno di qualche ritocco ai parametri, o forse e' semplicemente un'equazione sbagliata. Forse dove esiste oppressione i motivi sono piu' profondi di quelli che riusciamo a vedere noi.
Non ho abbastanza elementi per sostituire vecchie verita' con nuove verita', ma ho sufficienti indizi per dire che e' ora di mandare in soffitta alcune vecchie certezze. Comunque aveva ragione la motociclista velata: qui mi sento proprio Welcome!


Roberto Ceriani, Fisico, docente di fisica, autore di un testo per le scuole superiori,poi dirigente scolastico, è ora in pensione


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