Aggiornare la Costituzione – Guido Crainz & Carlo Fusaro – 2

La parte di Aggiornare la Costituzione scritta dal professor Carlo Fusaro affronta gli aspetti tecnici della riforma, esponendo in primo luogo in che cosa consista.

Fusaro ricorda una cosa ovvia per i giuristi esperti, ma ignota al grande pubblico e cioè che quanto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 aprile 2016 ha un valore “notiziale”, ovvero la funzione di dare tempo tre mesi ai soggetti titolati di richiedere il referendum confermativo. Quindi non si tratta di una legge promulgata, ma la pubblicazione notiziale attiva la complessa procedura per il referendum confermativo, ove richiesto.

La seconda osservazione non banale è che la tecnica legislativa adottata è la novella, ovvero il testo vigente è stato emendato, non sostituito. Fusaro, in proposito, ricorda che la Commissione parlamentare per le riforme dl 1997, presieduta da D’Alema, presentò un testo di riforma che riscriveva integralmente la parte seconda della Costituzione, e, pur mantenendo lo stesso numero di articoli, invertiva l’ordine dei titoli: Comuni, Provincie, Regioni, Stato centrale, Presidente della Repubblica, Parlamento, pubbliche amministrazioni, autorità di garanzia, organi ausiliari, partecipazione alla UE, giustizia (nuovo nome al posto di Magistratura).

L'autore passa poi a richiamare i diversi tentativi di riforma della seconda parte, in particolare per quanto riguarda il Senato, ricordando che la forma attuale di bicameralismo perfetto è il frutto di aggiustamenti successivi, che hanno portato nel giro di pochi anni a una uguale durata e scadenza della Camera, lasciando invece invariata la diversità di base elettorale, riservata ai maggiori di 25 anni.

Il testo approvato ricalca in gran parte il lavoro della Commissione per le Riforme presieduta da Quagliariello durante il governo Letta. Riassumendo poi l’iter parlamentare, Fusaro conclude sottolineando che esso è durato due anni e 4 giorni. Un tempo significativo che indebolisce le tante critiche sulla frettolosità dell’intervento (il lavoro è durato qualche mese di più di quello della commissione dei 75 e poi della Assemblea Costituente).

Fusaro non nasconde il fatto che, nonostante gli auspici iniziali, alla fine la riforma è stata approvata dalle forze politiche che sostengo il governo e da alcuni fuorusciti dei partiti di opposizione, anche se durante il dibattito l’apporto delle minoranze non è affatto stato insignificante e spesso accolto con emendamenti via via approvati.

Nel terzo capitolo viene esaminato in dettaglio il contenuto della riforma in modo discorsivo suddividendolo in sei temi: il nuovo bicameralismo, il nuovo regionalismo, garanzie e contrappesi, la semplificazione ordinamentale, la forma di governo, i risparmi attesi.

Mentre sui primi due temi non vi sono osservazioni di particolare rilievo, sul tema delle garanzie e contrappesi Fusaro mette in luce il loro rafforzamento mediante l’aumento di alcuni quorum per elezioni e l’introduzione dei referendum propositivo e di indirizzo. Anche le leggi di iniziativa popolare pur prevedendo un aumento del numero di firme prevede anche un tempo certo di esame da parte del Parlamento.

Per quanto riguarda la forma di governo è ben chiaro che essa non viene toccata dalla riforma: resta un regime parlamentare come voluto dalla Costituzione del ’48. Tuttavia la relazione fiduciaria è in capo alla sola Camera dei deputati.

L’interessante considerazione di Fusaro è che il governo potrà dedicare meno tempo a coltivare il sostegno della maggioranza, limitandosi ai soli deputati, e soprattutto la relazione fiduciaria sarà nei confronti di una Assemblea composta in modo uniforme da una sola base elettorale, a differenza di ora in cui il Senato è eletto da una base più ristretta (compiuti i 25 anni) e quindi con una rappresentanza meno legittimante.

Il secondo rafforzamento dell’attività governativa riguarda le tempistiche certe per l’approvazione di leggi di maggiore interesse, riducendo quindi il ricorso ai decreti di urgenza. Sui risparmi attesi, infine, Fusaro rileva come sia difficile quantificare risparmi di grande peso (a regime potrebbe essere dell’ordine di qualche centinaio di milioni di euro) mentre una maggiore efficienza è certamente ottenibile con conseguenze indirette sui costi della politica e dirette sulla sua efficacia ed efficienza.

Nel capitolo successivo Fusaro chiarisce che l’approvazione della riforma non produce risultati immediati, salvo l’eliminazione del CNEL. Saranno infatti necessari numerosi provvedimenti attuativi e comunque il grosso della riforma non potrà che entrare in atto con le prossime elezioni politiche. Particolarmente complesse saranno le redazioni dei nuovi regolamenti delle Assemblee (Camera e Senato) ma anche dei Consigli Regionali che dovranno tener conto della partecipazione di loro rappresentanti al nuovo Senato.

Oltre a questi adempimenti, certamente molto sensibili sul piano politico, anche la legge di elezione del nuovo Senato costituisce un punto di grande importanza. Di tutto ciò Fusaro discute ampiamente esaminando varie possibilità.

Nel capitolo quinto viene discussa la relazione tra riforma costituzionale e legge elettorale. É indiscutibile secondo Fusaro che le due cose siano in relazione e siano anche frutto di una medesima strategia politica. Dopo aver richiamato i passi che hanno portato alla legge elettorale detta Italicum, Fusaro mette in evidenza che il combinato disposto con la riforma costituzionale darebbe luogo a una forma che i politologi chiamano di majority assurance e niente di più, ben lontano dai timori di predominio o dittatura della maggioranza o di un uomo solo al comando!

Sottolinea anche la forte valenza legittimante del doppio turno e che la legge elettorale non è parte della riforma Costituzionale e dunque potrà essere soggetta a future modifiche (oltre all’atteso pronunciamento della Corte Costituzionale) con cui si potranno rimediare difetti al momento non individuati, come del resto è sempre accaduto nel passato.

In ogni caso per confortare chi teme strapoteri di governo, Fusaro ricorda che non solo restiamo in un regime parlamentare, ma anche che il presidente del Consiglio resta un primum inter pares, ben lontano dalla figura del premierato assoluto, cui si sarebbe avvicinato con l’ipotesi della figura di Primo Ministro.

Naturalmente l’intreccio politico con la legge elettorale non si limita ad aspetti formali, ma emerge la sostanza di battaglia politica entro la maggioranza governativa e tra questa e le opposizioni. Ma da questo punto di vista non siamo più di fronte a tematiche giuridiche ma a questioni strettamente di battaglia politica.

Infine nel sesto capitolo Fusaro esamina una serie di critiche dei fautori del “no” e le risposte dei fautori del “sì”. Troppo lungo ricordarle tutte, si tratta comunque di una esposizione quasi esaustiva e ben equilibrata.

Nel settimo capitolo Fusaro offre sia una conclusione sia un criterio di giudizio che ciascuno può provare ad applicare. Il criterio di giudizio si basa su una serie di fattori: la legittimità, la capacità di perseguire i fini proposti, la coerenza tra oggetto e contenuto e i fini proposti, l’idoneità rispetto ai fini, e infine la coerenza interna della proposta stessa.

Oltre questi parametri, una riforma costituzionale deve, secondo Fusaro, soddisfare altri requisiti e in particolare: la compatibilità sistematica con ciò che non viene modificato nella Costituzione, la coerenza con la storia passata di precedenti modifiche o proposte di modifica (se sia cioè un momento di rottura o di risoluzione di un lungo processo), infine la valutazione deve essere inserita nel contesto entro cui si colloca – contesto interno e internazionale (in particolare la compatibilità con le forme Costituzionali di altri paesi europei e in generale fondati su sistemi democratici), politico, istituzionale, economico-sociale e così via.

Nel dare una risposta complessivamente positiva seguendo questi criteri, Fusaro individua anche elementi non pienamente soddisfacenti in particolare le funzioni del nuovo Senato forse troppo ampie, la mancata revisione di aspetti del regionalismo (in particolare le Regioni a statuto speciale), la maggioranza richiesta per l’elezione del Presidente della Repubblica forse troppo alta, l’utilità dei Senatori di nomina presidenziale ed altro. In generale sono questioni complessivamente marginali rispetto al disegno complessivo.

Il saggio si conclude con un’ampia bibliografia e con una appendice di confronto testo a fronte degli articoli modificati con brevi commenti.

Concludendo questa recensione, ho trovato i saggi di Crainz e Fusaro molto interessanti, forniscono un quadro informativo sia di carattere storico si di carattere tecnico giuridico, senza mascherare la natura di questa riforma che è interamente politica.

Da questa lettura ho tratto la conclusione che una discussione di natura strettamente giuridica è inefficace a produrre una visione condivisibile, sia per il sì sia per il no. Argomenti giuridici a favore o contro sono validi e contestabili in egual modo. Il vero giudizio è di carattere politico e in particolare sulla capacità di questa riforma di superare lo storico limite della governabilità del nostro Paese, da sempre limitata dai meccanismi dei veti incrociati o dal consociativismo, che hanno portato al rinvio costante di riforme sostanziali nel campo delle norme che regolano economia e rapporti sociali. Si pensi ad esempio alle leggi sulla concorrenza, sul conflitto di interessi, sulla governance delle banche, sui diritti sociali, sull’autonomia e responsabilità della magistratura, sulle tutele dei più deboli.


(2 – Fine) la prima parte della recensione si trova qui Aggiornare la Costituzione – Guido Crainz & Carlo Fusaro – 1


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