cari generali … una lettera dal fronte

nuvola messaggi sulla riforma della istruzione tecnica

cinque messaggi inviati allo stato maggiore da parte di chi sta in trincea, crede nelle riforme e cerca di applicarle

Sono uno di quei DS che la riforma dell’Istruzione Tecnica la stanno applicando e cercano di approfittare di ogni spiraglio per fare della innovazione. In questi giorni, grazie all’adesione di Confindustria Monza e Brianza, il mio istituto è entrato a far parte del Club dei 15 Istituti della Innovazione Manifatturiera.

Qualche mese fa ci fu una discussione tra chi si riconosceva nella tesi del Ministro che parlava di riforma epocale e chi con richiami a Totò osservava: ma mi faccia o piacere. Io scelsi la linea del non sarà epocale, ma c’è e continuo a pensarla così.

Vediamo cosa si sta facendo, cosa si può fare e cosa si potrebbe fare se i generali (ministro, dirigenti del ministero, commissioni parlamentari) osassero un po’ di più. Il discorso è riferito al settore tecnico tecnologico che, per comodità, continuerò a chiamare ITI.

Le classi prime

Bisogna marcare bene il fatto che è iniziata una cosa nuova. Il DS può incominciare il rinnovamento prestando attenzione alla assegnazione dei docenti alle classi e io suggerisco, appena possibile, di formare cattedre orizzontali in tutte quelle discipline in cui c’è da percorrere una strada del tutto nuova.

Si è scelto di chiamare scienze integrate una nuova materia che continua ad essere divisa in fisica, chimica e scienze; si è avuto poco coraggio e si è ceduto alle pressioni delle associazioni di categoria, ma i generali potrebbero sempre far afferire ad essa più classi di concorso e affidarne la gestione ai DS. In questo modo le scuole avrebbero la possibilità di affidare il rinnovamento a persone capaci e motivate.

Nella attesa, è opportuna la scelta di affidare a pochi docenti il compito di arare il terreno, elaborare delle nuove programmazioni, verificarle su più classi parallele in modo di capire cosa fare, come farlo e chi lo debba fare.

Mi pare fondamentale costruire delle programmazioni didattiche progettate (come dice la riforma) partendo dalle competenze e farlo ragionando in maniera unitaria almeno sulle scienze integrate.

Disegno e tecnologia va ripensata completamente non commettendo l’errore di adeguare linearmente la didattica alla riduzione di monte ore che è molto consistente. La riduzione deve determinare un completo ripensamento che si fondi su tre punti: il linguaggio grafico a partire dalla geometria (imparare a leggere e poi a scrivere), gli elementi essenziali di un ambiente CAD, la passione per la tecnica (partendo da pratiche concrete).

E’ bene mettere in piedi da subito un dipartimento che si occupi delle problematiche tipiche del nuovo biennio: la didattica per competenze, l’orientamento alla specializzazione e la certificazione dell’obbligo.

L’orientamento alla specializzazione

Ho già trattato recentemente dei problemi dell’orientamento alle medie insistendo sulla necessità di un rilancio di appeal della Istruzione Tecnica. Ma a 13/14 anni è impensabile che si possa anche dare per definitiva la scelta dell’indirizzo.

Supponiamo che sia stato svolto in maniera esaustiva l’orientamento rivolto alle III medie (incontri sul territorio, chiarimento sugli aspetti di natura vocazionale) e supponiamo che un alunno abbia scelto l’ITI meccanico.

La classe prima sarà il momento per verificare se la scelta di iscriversi all’ITI sia stata giusta. In questa fase bisogna fare di tutto per garantire, di fronte a difficoltà o pentimenti, il massimo di passaggi indolori.

Mi capita di gestirne sia in entrata sia in uscita e sto tentando di organizzare la scuola in modo che, accanto al core business dell’ITI, siano disponibili anche un percorso di Liceo delle Scienze Applicate ed uno o più corsi di qualifica professionale triennale.

Ma c’è un ritardo normativo dopo che, in nome di principi pedagogici più avanzati, la riforma Moratti ha tolto di mezzo le passerelle ma non le ha sostituite con nuovi indirizzi normativi (primo messaggio ai generali).

Nel corso della prima bisogna spingere molto alla conoscenza diretta del mondo delle imprese: farle vedere dal vero e portare a scuola gli imprenditori a spiegare come si produce oggi e che interazione esiste tra le diverse specializzazioni.

Secondo me la vera scelta di indirizzo avviene nel passaggio tra la prima e la seconda quando lo studente inizia a capire come è fatta la scuola in cui è andato, cosa significa diventare un tecnico, di cosa trattano le materie di specializzazione. L’eventuale passaggio ad altra specializzazione deve essere indolore e aprire al vero momento orientativo che è la seconda in cui i percorsi iniziano a differenziarsi.

Prima della emanazione delle linee guida si confrontavano due tesi rispetto alla nuova materia di Scienze e tecnologie applicate: chi tendeva a dargli una valenza generica di avvicinamento alla tecnologia e chi la vedeva come prima anticipazione della specializzazione. A leggere le linee guida si deduce che hanno vinto i primi ma io continuo a difendere l’altra tesi.

Penso che per conoscere qualsiasi cosa bisogna praticarla e mi sembra dunque giusta la scelta di farla insegnare ai docenti di indirizzo con più ore nel triennio.

Penso che sia giusto che i meccanici vedano la meccanica nelle sue sfaccettature. Sarebbe sbagliato farlo in funzione propedeutica (non deve essere la anticipazione dei corsi di terza), si deve puntare piuttosto ad una visione di insieme dell’intero corso in modo che la scelta emozionale si trasformi in scelta consapevole, ma anche in modo che l’eventuale pentimento risulti a basso impatto per lo studente.

Inoltre mi pare anche opportuno che le materie di area comune (fisica, chimica e disegno) possano avere programmazioni e scansioni diverse per i diversi indirizzi (un 30% di programma che guardi alla specializzazione) e che di ciò tengano conto le valutazioni.

Qualcosa di analogo deve valere per matematica, non tanto come differenziazione degli argomenti, quanto piuttosto come curvatura all’indirizzo delle tematiche su cui si fa del problem solving. Piegare la classe seconda verso il futuro indirizzo mi pare fondamentale per non trasformare una opportunità in tempo perso (secondo messaggio ai generali).

La governance

A guardare quel che sta succedendo alla riforma dell’Università con le critiche al Consiglio di Amministrazione e al Direttore Generale, l’argomento non viene correttamente valutato e apprezzato da studenti e lavoratori, ma non si può continuare a far finta di nulla. In Italia continua a prevalere una diffusa ostilità a tutto ciò che sa di efficienza.

Il progetto Aprea di riforma dello stato giuridico continua a restare in sonno e intanto i problemi si accumulano. Non si fa nessuna riforma se non si modificano competenze e rapporti all’interno della Istituzione Scolastica, perché nessun cambiamento può reggere nel tempo in nome della buona volontà.

Mi limito a citare per punti (terzo messaggio, ai generali)

  •  Il Comitato Tecnico Scientifico e i Dipartimenti devono diventare qualcosa di più di organi consultivi e facoltativi e ciò va fatto entro una riorganizzazione dei poteri e della struttura del Collegio Docenti.
  • I Consigli di Istituto (dove ci sono famiglie e studenti) devono diventare organismi di indirizzo e possono farlo solo se hanno dietro una struttura di rappresentanza di delegati a livello dei Consigli di Classe che sia vera, funzionante, convocata ed ascoltata
  • Il Dirigente Scolastico deve avere accanto a sé delle figure di staff sia in ambito di organizzazione sia in ambito didattico che corrispondano a ipotesi ben definite di diversificazione di carriera e siano riconosciute come tali.

A parte l’aspetto giuridico (che conta ma che il DS può parzialmente aggirare utilizzando la delega) ce ne è uno sostanziale: fare il numero due in una Istituzione Scolastica è più faticoso e meno conveniente che fare due ore settimanali di attività aggiuntiva di insegnamento.

E’ uno scandalo, ma i generali, fingono di ignorarlo: non solo non vengono previste le progressioni e diversificazioni di carriera, ma si continua a pensare che un DS possa anche sopperire ai ritardi nelle procedure concorsuali con le reggenze (l’anno prossimo ce ne saranno 500 su circa 1300 istituzioni autonome solo in Lombardia). Ciò significa accettare l’idea di un ruolo del DS eminentemente amministrativo legale anziché organizzativo e progettuale.

Il DS deve poter intervenire, almeno in parte, nelle politiche di reclutamento e gestione del personale. Mi rendo conto che se uno dice aboliamo le graduatorie interne, rischia di essere preso per un nemico del genere umano. E’ mai possibile che grazie a questi meccanismi ci sia gente nella scuola che si disinteressa completamente del destino del posto in cui lavora, anzi rema contro ogni politica di rilancio, sostenendo che tanto io sono primo in graduatoria? E’ mai possibile che, in caso di contrazione, non venga salvaguardato chi ha lavorato per la innovazione?

La cosa è demenziale in generale ma diventa allucinante nella Istruzione Tecnica. Su queste cose bisogna essere impietosi ed introdurre meccanismi di tipo privatistico: Sai? Innovi? Produci risultato? Quando parlo di queste cose  con gli imprenditori mi guardano e strabuzzano gli occhi.

I corsi serali

I corsi serali hanno un peso certamente inferiore a quello giocato negli anni 70 perché è fortemente cambiata l’utenza. In una tipica classe di triennio ci sono 2 o 3 adulti in riqualificazione (la vecchia utenza), 7 o 8 stranieri (non sempre in condizione lavorativa stabilizzata), 7 o 8 studenti che hanno avuto qualifiche regionali e che ora puntano al diploma, alcuni drop-out provenienti da fallimenti al diurno che tentano un altro percorso.

Nel mio istituto da 3 anni non abbiamo più il biennio, ma i corsi continuano autoalimentandosi dalla terza. Butto lì alcuni problemi aperti:

  • Va bene pensare ai CPIA (centri provinciali per l’istruzione degli adulti) come istituzioni scolastiche che raggruppino i corsi pomeridiani e serali di tipo non formale e il biennio della secondaria superiore. Ma già nel biennio ci sono differenziazioni sensibili persino all’interno della Istruzione Tecnica e dunque il biennio deve essere almeno in parte diversificato.
  • E’ corretto pensare a una dimensione provinciale con parametri dell’ordine di uno ogni due o trecentomila abitanti. Non è invece pensabile associare a questi CPIA il triennio dei corsi serali. Infatti la diversificazione degli indirizzi e le problematiche di laboratorio rendono indispensabile la permanenza nelle scuole superiori diurne e, al più, si può pensare a qualche forma di concentrazione in alcuni (pochi) plessi.
  • Ritengo necessaria anche una seria operazione di pianificazione territoriale che porti a chiudere e concentrare per ottimizzare. E’ vero che ciò può creare qualche disagio legato ai trasporti, ma in compenso si guadagna in stabilità e qualità dell’offerta formativa. Cosa può offrire in termini di qualità dei docenti una scuola con 1 o 2 classi e magari di due specializzazioni diverse? (quarto messaggio ai generali).

Ma sul serale pesano ancora due incertezze che bisogna risolvere con provvedimenti emanati dal vertice:

La prima ha a che fare con la certificazione dei crediti formativi acquisiti in azienda o in ambienti formali e informali diversi in modo che siano spendibili. E’ una richiesta che ci viene dall’Europa, che nella sperimentazione Sirio è prevista, ma che, alla luce dei chiarimenti dati dal ministero a inizio anno, potrebbe anche soccombere perché secondo i generali (che scrivono le circolari, solitamente in ritardo) tutti devono far riferimento alla riforma con cancellazione delle specificità sperimentali

La seconda ha a che fare con la formazione delle classi e riguarda un dato di esperienza: prima di giugno i dati di iscrizione sono pressoché nulli, a giugno siamo al 50%, a fine luglio (dopo il termine degli esami di qualifica) siamo al 75%, da settembre sino a metà ottobre arriviamo al 100%. E la situazione non cambia perché un generale decide che bisogna fare tutto entro maggio. Così i DS sono posti di fronte ad una alternativa secca: o contano balle o si rassegnano a perdere l’organico di diritto creando a valle un sacco di problemi sulla qualità dei docenti.

I corsi degli adulti hanno delle loro specificità e queste specificità vanno riconosciute (quinto messaggio ai generali).


Articolo scritto per Tuttoscuola e per Il Sussidiario