La fisica, una strana scienza 2 – come partire

Ho un ricordo tragico del mio incontro con la fisica a 14 anni. Facevo il primo anno dell’Itis (1960/61) e portavo ancora i calzoni corti come si usava allora quando i calzoni non si cambiavano ogni due per tre; si usavano quelli corti che permettevano di seguire la crescita senza doverli allungare (e si scopriva più o meno la coscia); si allargavano nel giro vita man mano che si cresceva e, ad un certo punto, sui 15 anni avveniva il passaggio a quelli lunghi.

Ci fu una riforma ad anno già iniziato e fisica diventò materia di biennio: libri assurdi e professori anche (che non avevano mai insegnato fisica in vita loro e chissa se l’avevano mai studiata).

Mi ricordo quei simboli, per me senza senso, usati in cinematica per descrivere l’andamenti nel tempo, da imparare senza capire (x0, x1, t0, t1, …boh). Andai a ripetizione da un cugino neolaureato in ingegneria e riuscii a cavarmela. Da allora mi è rimasta una certezza: l’insegnamento della fisica non deve cominciare con la cinematica. Qui c’è Il racconto della mia prima superiore all’Hensemberger di Monza..

Oggi ci arrivano dalla media ragazzi, magari non preparatissimi, ma certamente curiosi e asistematici. Non dobbiamo ammazzarli di formule e di tecnica né in matematica né tanto meno in fisica. Sanno leggere un diagramma e hanno tanta voglia di fare e sperimentare. Smanettano meglio di tanti professori con il computer, per non parlare del tablet e degli smartphone. Non mettono i prodotti notevoli o i radicali tra le cose che contano nella vita (meno male).

Se loro sono così noi dobbiamo stimolarli e guidarli lungo il cammino della conoscenza sapendo che apprezzeranno di più un fatto (participio passato del verbo fare) di un pensato. Vogliono capire e noi dobbiamo stimolarli ad interromperci, rispondere alle loro curiosità.

Se per caso vogliono sapere qualcosa dell’energia nucleare o delle onde gravitazionali e noi avevamo in mente di fare l’equilibrio delle forze, ci dobbiamo fermare. Loro sono più avanti di noi perché sono giovani e la sistematicità può anche attendere di fronte a una domanda; perché una sensata risposta ad una buona domanda genera nuove domande.

Far leggere i testi di Frova

Da qualche anno sono disponibili da Rizzoli (nella Bur) dei volumetti (o volumoni visto che sfiorano le 400 pagine) scritti da un docente dell’Università di Roma che ha lavorato al MIT di Boston e che scrive da fisico. Costano poco e hanno titoli autoesplicativi:

  • perché accade ciò che accade;
  • ragione per cui;
  • la fisica sotto il naso;
  • luce e colore: perché si vede ciò che si vede;
  • la passione di conoscere;
  • la scienza di tutti i giorni;
  • armonia celeste e dodecafonia (Frova, su un altro livello, ha scritto per Zanichelli un bellissimo trattato di acustica musicale (la fisica della musica) che, nella seconda parte, analizza le specificità di ogni strumento musicale
  • il Cosmo e il Buondio;
  • se l’uomo avesse le ali

Dentro si trovano dei lunghi elenchi (più di 200) di FAQ del tipo perché se piove e si corre con l’ombrello aperto bisogna inclinarlo in avanti per non bagnarsi le gambe? E naturalmente ci sono le risposte.

Vi consiglio anche Più o meno quanto – l’arte di fare stime sul mondo. Mi stimolò mentre incominciavo a fare fisica in una prima e inventai un esercizio dedicato a quanto siano numerosi gli atomi anche in una piccola porzione di materia. Me lo ricordo ancora: siete in spiaggia e fate la pipì nel mare; supponiamo, ipotesi più favorevole, che la vostra pipì si mescoli con tutta l’acqua dei mari e degli oceani. Adesso prelevate un bicchiere di quell’acqua e ci chiediamo: quante molecole di urina ci saranno ancora in quel bicchiere?

Bisogna fare una stima di quanta acqua ci sia negli oceani, bisogna usare la formula chimica dell’acqua per arrivare al suo peso molecolare, bisogna conoscere il numero di Avogadro misurato da Jacques Perrin a inizio novecento applicando agli esperimenti sul moto browniano la teoria Einstein. Il numero di Avogadro 6.02*1023 molecole/mole èuna delle costanti più importanti della fisica perchè fa da ponte tra monde macroscopico e mondo microscopico. E voila il gioco è fatto; pensavate di trovare pochissime molecole e invece ce ne sono ancora tante, perché il numero di Avogadro è davvero molto grande.

Lavorare sul concreto

Ma come, nel primo articolo ci hai parlato delle carte di Dio, e adesso scendi al livello del perché quando fa freddo l’alito fuma?

A chi fa queste obiezioni rispondo consigliando di leggere i Principi della filosofia di Cartesio. Scoprirà che anche Cartesio si faceva domande del genere e cercava di rispondere. Anzi la sua riflessione metodologica sul metodo nasceva dal tentativo di rispondere a domande come queste.

Del mio primo anno di ITIS nel 60/61 ricordo ancora con rimpianto le 4 ore settimanali di Falegnameria una cosa che già nel 61/62 era sparita (certo non eravamo a posto con la legge 626 sulla sicurezza). In seconda, in cantina a casa mia, ho fatto delle cose terribili con reagenti chimici che si compravano in farmacia (amavo moltissimo l’ipoazotide un gas rossastro che si formava facendo reafire il rame con l’acido nitrico).

Avevo poi una serie di trasformatori di potenza a bassa tensione con cui producevo corti circuiti e passavo ore a cambiare le condizioni dell’esperimento e a guardare il filo metallico diventare rosso, bianco e poi fondere. La mia morsettiera era una tavoletta di legno in cui avevo piantato a distanza regolare tanti chiodi che facevano da contattiera.

E’ fondamentale che un ragazzo di 14 anni acquisisca il gusto dello smontare. La nostra società è ormai strutturata a scatole cinesi. Il singolo individuo non sa quasi nulla, ma mettendo insieme tanti manufatti prodotti da ciascuno, si ottiene una struttura complessa che non si sa come funzioni ma funziona (pensiamo per esempio a un forno a micro-onde o alle schede di un computer).

Quando si rompe si butta via; anzi esistono dei posti deputati allo smaltimento di ciò che non funziona più. Si chiamano isole ecologiche e sono un monumento alla stupidità e alla irrazionalità della nostra epoca. Così lo schiavo rimane uno schiavo e quando riesce ad accumulare qualche soldo comprerà una cosa inutile che poi butterà via.

Smontando un PC vecchio o un monitor si possono imparare un sacco di cose (tra l’altro si impara a saldare e dissaldare a stagno). Prendiamo un compressore cinese da 5 euro di quelli che servono a gonfiare i pneumatici e rompiamolo: ci sono un motorino a 12 volt, degli ingranaggi per ridurre la velocità e aumentare la forza, un pistone, un meccanismo biella manovella che trasforma il moto rotatorio del motorino elettrico in moto alternato per pompare aria.

Se vi dovesse capitare di leggere una biografia di Feynman scoprirete che da piccolo smanettava con le radio. E’ del tutto ininfluente il fatto che Einstein lavorasse all’Ufficio Brevetti di Berna? Notoriamente amava la teoria ma finiva i suoi articoli con proposte di verifica sperimentale di tipo epocale. Il lavoro di Perrin che ho citato a proposito del numero di Avogadro è frutto di un suo lavoro sul moto browniano che finisce sottolineando che si potrebbe usare la nuova teoria per contare gli atomi.

Non importa quanti esperimenti un ragazzo farà in corso d’anno. Non importa se avrà fatto esperimenti correlati strettamente a ciò che si è fatto a lezione. Aggiungo una affermazione provocatoria: non importa nemmeno se si va regolarmente in laboratorio perché il suono della campana è nemico della attività di laboratorio. Lla situazione con la abolizione del PNI e del Liceo Scientifico tecnologico è peggiorata, ma la scelta di non restare a scuola più di 30 ore è molto giusta. L’importante è che lo studente inventi esperimenti che finiscono con una misura; che impari ad usare il calibro, che impari a misurare distanze con la triangolazione, che si compri un tester e impari a fare misure di corrente, tensione, resistenza, temperatura, che verifichi se è vero che i metalli sono elastici, che sappia maneggiare un termometro a lquido e lo usi per piccoli esperimenti sull’equilibrio termico.

Ciò che importa è che abbia pensato al da farsi, si sia procurato il materiale e gli strumenti (fabbricandosene qualcuno), che impari a progettare, che impari a misurare, che impari a criticare ciò che ha fatto per migliorarlo, che capisca che la prima legge fisica è quella secondo cui gli esperimenti non vengono mai oppure vengono sempre (che è la stessa cosa).

Infine che riesca a lavorare con altri; che insieme scoprano chi è più tagliato per una cosa e chi più per un’altra; che si confrontino; che provino a scrivere ciò che hanno fatto. All’inizio le relazioni sono proprio buffe, perché sono false; poi man mano che gli studenti scrivono la verità (con le sue contraddizioni), e le relazioni diventano interessanti.

Sì ma alla fine cosa rimane? Hanno smontato il compressore, sanno perché il cielo al tramonto diventa rosso, ma non sanno ancora esprimere bene l’enunciato del teorema dell’energia cinetica. A parte che, se si lavora bene, sapranno anche quello; ma supponiamo che non lo sappiano. E allora? Hanno 16 anni e nel triennio potranno continuare a crescere (sia che facciano l’Itis e studieranno le scienze applicate, sia che facciano il liceo e si misureranno con la fisica generale sapendo di cosa si parla).

la sistematicità e la curiosità

Penso che la sistematicità sia importante ma non penso che la si debba realizzare in occasione del primo incontro con la fisica. Tra una trattazione per temi (equilibrio, atomismo, costanti universali, energia…) e una trattazione per grandi capitoli (cinematica, dinamica, onde elastiche, …) in un corso di primo livello va scelta la prima ipotesi che aiuta a far avvicinare alla fisica. Non importa se qualche argomento rimane tagliato fuori; ci si trovi al Tecnico Tecnologico o alla Scientifico ci sarà modo di tornarci sopra nel corso del triennio.

Quello da non fare è ignorare completamente gli aspetti fenomenici che hanno portato ad elaborare un segmento della fisica. Parlando di elettromagnetismo, per esempio, il fenomeno della induzione elettromagnetica andrà svolto facendo percepire il ruolo che gioca la rapidità nella trasformazione (del campo magnetico o delle caratteristiche del circuito indotto) mentre si lasceranno perdere le complicazioni di natura matematica.

Rimanendo sul terreno della elettricità tutti gli aspetti di natura fenomenica andranno presentati, anche se non necessariamente tradotti in leggi quantitative e concetti astratti; per esempio per quanto riguarda la generazione della elettricità si presenteranno e realizzeranno la sua generazione per contatto, per induzione statica, per azione piezoelettrica, per via termica, per induzione elettromagnetica, per via chimica, per via ottica, in una logica simile a quella che portò Faraday, all’inizio degli anni 30 dell’ottocento, ad affermare che non esistevano forme diverse di elettricità (naturale, animale, chimica, magnetica, …) ma che si trattava di aspetti diversi di un unico fenomeno.

Alla fine gli studenti dovranno imparare a riassumere in forma scritta un brano di un testo divulgativo, a discriminare nell’ambito di un contesto dato (molto utili i quesiti dei giochi di Anacleto e delle Olimpiadi), a svolgere semplici applicazioni di carattere numerico evitando però i  problemi modello scimmia, in cui si prendono dei numeri e si infilano dentro una formula che, grazie alla calcolatrice, ci darà poi un risultato.

Il docente cercherà di far terminare il biennio con una visione di insieme della fisica classica opportunamente contaminata dall’atomismo (le lezioni sulle interazioni fondamentali della natura le piazzavo tra ottobre e novembre della prima). Se dovesse mancare qualcosa non importa; quello che importa è che alla fine del biennio la curiosità di comprendere il mondo sia aumentata, che gli occhi brillino quando sta per iniziare la lezione difisica.


(2 – continua)

Il primo articolo è La fisica una strana scienza 1, con strani personaggi