La fisica una strana scienza 1, con strani personaggi

Nella origine della storia della Fisica che coincide poi, in larga misura, con la storia della scienza moderna, è presente l’idea che sia possibile, attraverso le sensate esperienze, conoscere il mondo, capire cosa ci sia di regolare, di necessario, di prevedibile in ciò che accade.

L’idea di una conoscenza che non fa appello a verità rivelate, o doni degli dei, ma che scopre con fatica perché accade ciò che accade è da alcuni secoli, 5 o 25 a seconda dei punti di vista, il lievito o il motore della nostra civiltà occidentale e la fisica ha a che fare con tutto ciò.

Per comprendere il mondo bisogna osservarlo, ma gli occhiali con cui lo guardiamo, non sono neutri; le risposte che otteniamo dipendono dalle domande che facciamo e dunque il vero problema è quello di costruire occhiali adatti o, se volete, di fare le domande giuste. Dice un vecchio aforisma: nella scienza, le domande sono più importanti delle risposte.

Ma per fare le domande giuste bisogna essere sottili (sottile è il signore, ma non malizioso – Einstein) e curiosi (se non fate domande cosa siete qui a fare – Feynman).

Le strane definizioni della fisica: libere ma mirate

Tutte le definizioni delle grandezze fisiche si portano dietro qualche dato di esperienza: la massa è il rapporto costante di forza e accelerazione definisce la massa inerziale, ma si porta dietro una legge le forze producono accelerazioni ad esse proporzionali.

Come osservava Rudolf Carnap potremmo anche usare le uscite di casa del mio vicino per misurare le unità di tempo, ma poi troveremmo delle leggi bizzarre e faremmo fatica a scoprire regolarità nella natura.

Questo è un tema che attraversa tutta la fisica e dunque non si dà insegnamento della fisica senza tenerne conto, rifletterci e sottolinearlo (dai corpi rigidi, ai gas perfetti, alla legge di inerzia).

La introduzione alla dinamica è un buon esempio di quanto dico, ma la maggior parte dei testi continua a non definire la massa e a presentare la prima legge (inerzia) come un caso particolare della seconda invece che come il contesto sperimentale entro cui si colloca la seconda.

Il faticoso cammino della scoperta

L’energia o gli atomi sono cose talmente note e accettate che ci si dimentica, quando le si utilizza, di parlare della fatica che l’umanità ha fatto per accettarle o anche solo per pensarle.

I fisici credono molto nella conservazione della massa-energia al punto che, di fronte ad una sua violazione, si mettono a cercare qualcosa di elusivo che non abbiano visto, come è accaduto per la prima ipotesi, da parte di Wolfang Pauli, sulla esistenza dei neutrini.

Non sempre si riesce a riempire il buco creato dal fatto che qualcosa non torna tra le leggi generali e l’osservazione; ma alle leggi si crede e così si parla di materia oscura o di energia oscura e ci si scrivono sopra dei libri come nel caso de Il mistero della massa mancante nell’Universo di Lawrence Krauss. La materia oscura sembrerebbe esistere (27% dell'universo) perché ne osserviamo gli effetti gravitazionali, ma non osserviamo emissione di onde elettromagnetiche (e dunque non la vediamo). L'energia oscura (68% dell'Universo) ci serve per spiegarne l'espansione accelerata. C'è qualcosa da qualche parte ma non sappiamo cosa sia. 

Ma perché c’è voluto sino alla metà dell’800 per parlare di energia? Per farlo serviva lo sviluppo della conoscenza in campi separati del sapere (fisiologia, meccanica, elettromagnetismo, ottica, termodinamica …): qualcosa cambiava aspetto ma si conservava.

Feynman in un brano famoso delle sue lezioni paragona la ricerca ad una partita a scacchi giocata dagli dei; noi osserviamo la partita ma non conosciamo le regole e nemmeno le strategie. Quando ci pare di capire una regola gli dei, che sono sottili, fanno delle mosse stravaganti e questo ci mette in crisi perché ciò che avevamo creduto di capire viene smentito dall’ultima mossa. Se la cosa vi ha incuriosito, trovate qui un intero capitolo del mio corso: Simmetrie della natura e leggi di conservazione.

Riuscire a trasmettere la fatica del processo di costruzione di una teoria o di elaborazione di un modello è altrettanto importante quanto saperne vedere gli aspetti applicativi, anzi di più.

I fisici, un po’ pazzi, un po’ aristocratici

Se uno è curioso, libero, creativo, antidogmatico, disposto a cambiare opinione, ironico finisce che il motto di Feynman Che ti importa di ciò che dice la gente va a far parte del suo DNA. Il disprezzo o la noncuranza non riguardano ciò che accade, ma piuttosto come giudica e agisce il senso comune che, come diceva Einstein (traduzione libera) è l’insieme di tutte le stupidaggini che ci hanno inculcato da quando eravamo bambini.

Un bravo insegnante trasmette questo atteggiamento verso il senso comune perché lo sente. Non che i fisici la pensino tutti allo stesso modo, ci mancherebbe. Hanno opinioni molto diverse su ciò che non riguarda strettamente la fisica, ma (esemplifico per farmi capire) se prendete un fisico precario simpatizzante per Rifondazione e un fisico di successo inserito nell’Establishment vedrete che hanno molte cose in comune nel modo di porsi. Naturalmente a condizione che entrambi siano ancora dei fisici e non abbiano giurato fedeltà al padrone del momento.

Se succede qualcosa di grave, prima di pensare alle sanzioni, o alle contromisure, cercheranno di capire cosa è successo, perché è successo, se ci è sfuggito qualcosa di importante. Interrogheranno gli interessati, se si tratta di creature umane, cercheranno di analizzare il contorno. Noi siamo fatti così. Non vi so dire se siamo così perché ci ha formato la fisica o abbiamo fatto fisica perché eravamo così.  In ogni modo siamo così.

Dare una occhiata alla carte di Dio

I fisici, da quando sono nati, distaccandosi dai filosofi, hanno avuto la pretesa di dare la linea sul piano metodologico alle altre scienze e di guardare gli altri con un po’ di superiorità. Lo vediamo bene anche oggi nel ripetersi dei richiami a Dio da parte di molti fisici (grandi e meno grandi).

L’idea è che la fisica punti a scoprire il livello ultimo della conoscenza e dunque sfidi gli dei nella grande partita a scacchi: magari non sapremo giocare la partita allo stesso livello degli dei (anche se ci proviamo) ma sapremo scoprire le regole del gioco.

  • sottile è il Signore, ma non malizioso (Einstein)
  • non posso credere che Dio giochi ai dadi (Einstein, che aveva torto)  
  • voglio conoscere i pensieri di Dio, tutto il resto non sono che dettagli (Einstein)
  • la particella di Dio: il bosone di Higgs che spiegare perché le particelle elementari hanno masse diverse e ciò che è strutturalmente unitario appare invece come molteplice (Leo Lederman – premio Nobel per la scoperta del neutrino muonico)
  • davanti alla meta; e Dio? (Steven Weinberg – premio Nobel – il sogno dell’unità dell’universo)
  • una occhiata alla carte di Dio (Giulio Ghirardi sui paradossi della meccanica quantistica e sui problemi della casualità che facevano impazzire Einstein)

Qualche anno fa nel preparare una conferenza divulgativa dedicata al tema della causalità decisi di intitolarla Ma Dio è un grande orologiaio oppure gioca ai dadi?

In tutto ciò c’è il senso del trasmettere o meglio incitare alla conoscenza fisica. La sfida è grandiosa e vale la pena di giocarla. Non tutti parleranno con Dio ma si sentiranno parte di una grande sfida.


(1 – continua)