La provvidenza rossa – Lodovico Festa

Si parla di un PCI che ho conosciuto, ma solo sfiorato, perché facevo il compagno di base, e che dalla periferia dava l'impressione di essere sia un grande partito di massa, sia una grande organizzazione. Vicky Festa che a Milano è stato tra quelli che lo hanno diretto ce lo racconta. Certe cose vanno prese con le molle, perché si tratta di un romanzo, ma la linea di confine tra fiction e realtà è molto labile.

Una giovane militante comunista della sezione Sempione viene trovata crivellata di colpi nel suo chiosco di fiori. «Mi ha appena chiamato il Paoletti che segue la nera. Subito dietro corso Sempione, in via Procaccini, hanno sparato con un mitra a una fioraia. Saranno state le 7 di stamattina. Si chiamava Bruna Calchi. Secondo Paoletti le hanno trovato nel chiosco una copia dell’“Unità”. Forse era iscritta al partito».

E' stata uccisa da una raffica partita da una Maschinen Pistole, la mitraglietta usata dai nazisti. La polizia indaga, ma prima e più di lei indaga il Partito perchè il segretario federale Pessina, ossessionato dai conti sul tessaramento, che va e non va, viene a sapere dal capo regionale della CCC Dondi (Commssione Centrale di Controllo, che Festa, chissa perché rinomina probiviri) che a Milano è rimasto un vecchio deposito di Maschinen (una quarantina) che non è stato smantellato perché il segretario della sezione di allora si oppose.

La CCC era una cosa seria e anche io che feci domanda di iscrizione nel 77 provenendo dalla sinistra rivoluzionaria feci un colloqui con l'allora responsabile Cremascoli (un ex partigiano, come Dondi) e mi fu chiesto di scrivere una breve biografia da allegare alla domanda. Il percorso successivo lo ignoro ma la risposta positiva ci mise qualche mese ad arrivare.

Quel deposito d'armi sta proprio alla sezione Sempione e dunque il partito sa che bisogna partire dalla sezione se si vuol trovare l'assassino e sa anche che bisogna farlo prima che la polizia scopra da dove viene l'arma del delitto. Il deposito d'armi diventerebbe una notizia ben più ghiotta della scoperta dell'assassino.

Racconta Ferroni, vecchio dirigente della Lega delle Cooperative, a Dondi


"Dopo il ’45 avevamo raccolto una partita di quei mitra tedeschi sequestrati durante la Liberazione e avevamo sistemato le armi presso l’Alfa Romeo, che ha uno stabilimento proprio lì dietro al corso Sempione. Poi li avevamo trasferiti, me n’ero occupato personalmente, in un circolo cooperativo sempre dietro il corso Sempione. E infine collocati nella nuova sede della sezione Sempione, che il partito aveva acquistato nel ’63. Nel ’74 mi risulta che era venuto l’ordine di sgombrare tutto. Però, io non mi occupavo più di queste vicende soprattutto perché voi mi giudicavate un servo dei sovietici. Comunque appena ho letto sui giornali le informazioni sull’arma dell’assassinio della Calchi, mi sono venuti i sudori freddi e sono corso da te».

«Ulisse, di te potranno dire in tanti le cose più terribili, che appesti il partito con la marmellata di rose, che non c’è gonnella che non hai tampinato, che sei una spia di Mosca anzi, peggio, di Sofia, ma resti un compagno con la testa sulle spalle. Ti ringrazio molto per l’informazione. E, come usa nella ditta, non ti farò sapere nulla degli sviluppi del caso. Grazie ancora e salutami quella santa di tua moglie, l’Elsa. Ora fammi correre, dopo quel che mi hai raccontato la mia vita sarà ancora peggiore».


La storia inizia così e, trattandosi di un giallo, non ne racconto la trama ma vale invece la pena di soffermarsi sul racconto di Milano e sul racconto del PCI che ne fa Festa. Un consiglio per il lettore: i personaggi sono tanti e per non perdersi in quella sequela di nomi e di ruoli vale la pena di utilizzare la sezione personaggi (sezione Sempione, Federazione milanese, Direzione nazionale, sovietici, commissariato Sempione, ….) che Festa ha opportunamente collocato alla fine delle quasi 600 pagine.

I personaggi sono per un po' inventati e per un po' reali e dunque, se avete conosciuto il PCI della fine anni 70 e primi anni 80 potete divertirvi nel rompicapo della identificazione a partire dal capo dei riformisti milanesi, Gianni Cervetti che faceva il riformista e contemporaneamente, come responsabile esteri della segretria Berlinguer teneva i rapporti con il potere, con il mondo comunista internazionale e con quello socialdemocratico (e lo fa anche nel romanzo). Nella foto Antonio Pizzinato segretario della Camera del Lavoro, Luigi Corbani, Barbara Pollastrini, Gianni Cervetti, negli anni segretari della federazione milanese del PCI.

A chi si volesse documentare sulle origini e la storia del gruppo dirigente migliorista e su Vicky Festa consiglio la lettura di questa intervista con Claudio Sabelli Fioretti.

Il primo filone di lettura è quello del Partito con lo stretto palazzo in vetro cemento di via Volturno dove viveva ed agiva l'apparato, i funzionari del partito, pagati meno degli omologhi dentro le organizzazioni di massa, ma potentissimi e in grado di prendere decisioni ed applicarle con una velocità inimmaginabile.


Anche negli stipendi il mondo comunista aveva la sua peculiarità. Molto spesso quelli che contavano di più prendevano meno soldi di chi aveva peso politico inferiore. Sindacalisti della Cgil, cooperatori, giornalisti dell’«Unità», deputati, consiglieri regionali ricevevano uno stipendio più alto dei veri e propri funzionari di partito che poi però prevalevano nelle decisioni di fondo. I soldi erano quasi un risarcimento a un minore potere


Valga per tutti la decisione di bonificare la sede del Sempione effettuata nel giro di 48 ore; per bonificarla bisogna prima svuotarla; alla bonifica ci penseranno poi le squadre speciali del partito emiliano: 1) la si vende al sindacato pensionati della CGIL e nella cantina dove stava la doppia parete ci andrà una partita di carbone da mandare, per beneficienza ai compagni bulgari, così che non rimangano tracce in giro 2) si trova una sede più bella e più ampia trattando sul prezzo con un palazzinaro milanese che riceve in cambio la concessione per un ipermercato a Nova Milanese dove il partito ha in mano la amministrazione 3) i soldi saltano fuori attraverso l'intervento dei propri uomini nel Banco del Lambro. In due giorni si decide, si fa e si arriva al doppio rogito.

Il segretario Pessina ne discute solo con Dondi e quando le decisioni sono prese è l'intera macchina del Partito a mettersi in moto senza farsi troppe domande e costruendo decisioni ad hoc per ogni questione. Ciascuna delle persone coinvolte deve sapere quanto basta, avere una giustificazione convincente e farsi, a sua volta, parte della costruzione del consenso.

La sezione Sempione opera nella zona nord ovest delle fabbriche, metalmeccaniche, del cimitero Monumentale,  della Fiera, con le due grandi concentrazioni all'Alfa del Portello e alla RAI e la giustificazione per l'entrata in scena dell'ingegner Cavenaghi, il giovane vice di Dondi, che segue materialmente l'indagine parallela è la organizzazione di una conferenza operaia che non si farà mai che consente a Cavenaghi di incontrare i punti terminali della azione del partito in zona: portieri d'albergo, fiorai, operai, responsabili di fabbrica.


Il Pci era una bestia particolare, così l’aveva costruita Togliatti nel secondo dopoguerra. Prima del ’45 era stata un’organizzazione di quadri: iscriversi implicava accettare grandi rischi e una disciplina di ferro. Dopo il ’45 Togliatti immaginò un partito per un verso aperto a un ampio settore di popolo, in cui di fatto contassero molto anche i non iscritti, persino gli iscritti ad altri partiti come una parte dei socialisti, dall’altro, però, volle una forza politica ancora ben centrata su una macchina che continuasse ad avere la stessa efficienza della antica piccola organizzazione di quadri, impegnata e rodata nella clandestinità durante il fascismo, la lotta partigiana, nei rapporti con il Comintern, in occasioni rivoluzionarie come la guerra di Spagna.

Nacque così un’organizzazione che aveva un’anima, il popolo del Pci e dei simpatizzanti, fatta di sentimenti e passioni (emozioni non sempre commendevoli: non mancavano invidie, risentimenti, odi meschini), e una macchina assai razionale e gerarchizzata che rispondeva perfettamente al gruppo dirigente-cervello: l’apparato. Tutti i funzionari del partito, naturalmente, facevano parte della macchina, ma alcuni erano più attenti al funzionamento di questa e altri, invece, più appassionati nel rapporto con l’anima.

Pessina, così ossessionato dai riti organizzativi, era chiaramente un animale da macchina. Sisti con i suoi voli pindarici, le sue pulsioni individualistiche, era uno che parlava più facilmente all’anima.  Per penetrare nei cuori degli iscritti di una sezione dalla linea radicale, un po’ estremista, passionale come la Sempione, Cavenaghi aveva bisogno non solo della autorevolezza degli uomini della macchina ma anche della benedizione di quelli dell’anima. Per questo motivo aveva chiesto un colloquio con Sisti.

L’ufficio del segretario cittadino era spartano, al terzo piano, appena un piano sopra quello nobile del segretario della federazione.  L’intellettuale cuneense conosceva bene i compiti collaterali dei probiviri regionali, gli incarichi d’indagine che questa commissione si assumeva sulla vita del partito, e comprendeva con chiarezza come la scelta del vicepresidente di questa commissione per seguire una conferenza di zona dei lavoratori fosse la copertura di un altro evidente compito: indagare sull’uccisione della Calchi. Questo non significava che Sisti volesse in qualche modo alzare un velo sulla riservatezza della missione affidata al Cavenaghi. Conosceva le regole della casa. Di quel che non si doveva discutere, non si discuteva. E basta.

Né lo infastidiva il dialogo ipocrita che avrebbero affrontato. Anzi provava simpatia per chi doveva adempiere a una missione così difficile come indagare su un assassinio facendo finta di occuparsi di altro. Si sforzò di dare a Cavenaghi tutto l’aiuto necessario. Senza infrangere formalmente lo schermo della finzione cavenaghesca ma senza essere reticente sulle informazioni utili...

Cavenaghi prese diligentemente appunti, ringraziò e infine: «Spero che tu abbia due minuti di tempo per chiamare quelli della Sempione e chiedere loro di collaborare senza riserve con me. So che in quella sezione il tuo prestigio è particolarmente alto». «Tutte le telefonate che sono necessarie saranno fatte in onore della potente commissione regionale dei probiviri e in sostegno della formidabile conferenza dei lavoratori comunisti della zona Sempione» rispose Sisti, sorridendo appena.


Il lavoro di Cavenaghi implica l'entrare in contatto con il partito diffuso cioè con la rete di associazioni e organizzazioni attraverso cui i comunisti operano: la Confesercenti, le cooperative, il sindacato. Sono organismi di massa e dunque in questo caso non esiste il vincolo diretto della disciplina di partito. Il vincolo si esplica attraverso le persone di riferimento collocate ai vertici.

E' impressionante la descrizione di come e quanto operi la Camera del Lavoro di corso XXII marzo, la vecchia casa dei fasci e delle corporazioni; c'è il segretario dello SPI che ha 24 ore di tempo per spiegare al suo vice socialista che c'è l'occasione di comperare la nuova sede (di cui non si era mai parlato prima) e lo addolcisce facendogli capire che finalmente, una delle sue amanti, sarà assunta; c'è in cantina il sindacato dei lavoratori dello spettacolo che arriva sino alle entreneuse necessarie per indagare sul racket della prostituzione in zona Fiera.

Man mano che si scende verso il basso emergono anche le doppie vite di alcuni personaggi e quando si tratta di cose gravi ci pensa la CCC a fare pulizia, ma quello che impressiona è la pervasività della rete che funziona sia verso il basso, sia verso l'alto (e qui entra in gioco Cervetti) attraverso la coscienza del sentirsi comunque parte di un grande progetto.

Il colloquio di Cavenaghi con Tito Grassi, responsabile fabbriche (l'uomo degli "assolutamente no") ci dà una bella immagine dei problemi di allora e del modo di operare in doppio dei comunisti. Analisi lucide e senso delle opportunità:


«Per quel che riguarda l’Alfa Romeo, l’unica opzione sarebbe chiuderla. Costruiamo macchine perdendoci su una cifretta per ogni esemplare che esce dall’azienda, pure se viene venduto. Abbiamo incrementato la nostra capacità produttiva fuori da ogni criterio. Gli aumenti salariali conquistati dopo l’autunno caldo hanno collocato il nostro costo del lavoro a livello di quello tedesco pur non contando sul loro stesso posizionamento di mercato. Questa è la realtà. L’unica cosa di cui si può parlare in una nostra conferenza senza tradire i fatti ed evitando di seguire le frescacce di una buona parte della Fiom nazionale che chiacchiera di un nuovo modo di fare l’automobile, è che bisognerebbe difendere le fasce di produzione di qualità rivolte a un mercato di redditi alti. Abbiamo ancora un centro design coi fiocchi, che può preparare prodotti di lusso».

«E facendo questa scelta l’Alfa si potrebbe salvare?». «Assolutamente no, potrebbe solo rallentare la crisi e trovarsi un buon compratore».

«Ed è possibile che trovi questo buon compratore?». «Assolutamente no. La Fiat e i suoi proprietari hanno troppo peso politico, recentemente sono intervenuti in forza a Milano, nelle banche, nella stampa. Alla fine troveranno il modo per farsi vendere l’Alfa per due soldi, per diminuire la concorrenza interna e per evitare quella straniera».

«Beh, almeno la Fiat si salverà». «Assolutamente no. La tendenza in atto è quella all’integrazione totale del mercato europeo. Mi pare che dagli Stati Uniti venga, poi, una forte spinta alla liberalizzazione più generale dei mercati globali. La Fiat ammazzando la concorrenza, difendendosi protezionisticamente si prepara un destino di declino».

«Ma allora che cosa diciamo in questa conferenza dei lavoratori della zona Sempione?». «L’unica possibilità ragionevole che ci resta è parlare il meno possibile delle questioni produttive dell’Alfa. Al massimo qualche banalità sul design, sui centri di ricerca da potenziare. Ma stando ben lontani da ragionamenti più approfonditi che finirebbero per essere ridicoli o controproducenti. Bisognerà concentrarsi sugli argomenti ambientali: la mobilità dei lavoratori nella zona, gli asili nido per le impiegate, come utilizzare gli impianti sportivi dell’azienda fruibili da parte del quartiere, il sistema di formazione e riqualificazione presente in zona, come può essere utile al rilancio della fabbrica».

«È vero? Il sistema di formazione e riqualificazione della zona può essere utile per il rilancio della fabbrica?». «Assolutamente no. Però qualche stupidaggine su questo tema, qualche bella scemenza sul rapporto masse-istituzioni-produzione può rendere felici molti compagni, soprattutto delle sezioni territoriali, senza provocare nuovi terrificanti guasti produttivi come succede con quelle fesserie sul nuovo modo di fare l’automobile».


I comunisti, anche quelli molto ligi e impegnati su questioni delicate, qualche domanda se la fanno; siamo nel 1977 e ci sono parecchie cose che non vanno per il verso giusto; a Mosca sta per finire l'era Breznev e Cervetti va avanti e indietro da Mosca a tenere i contatto con Ponomarev; ci sono stati i massacri in Cambogia, i contrasti tra vietnamiti e cinesi; e Cavenaghi ci pensa; fa un lavoro delicato, ma ci pensa:


L’idea di campo socialista per i comunisti era come la coperta di Linus nei fumetti dei Peanuts: una rassicurazione sul corso della storia e sulla intrinseca bontà di questa. Nonostante tutti i crimini, gli errori e le tragedie, il corso della storia, e dunque il destino dell’umanità, era indirizzato verso il socialismo. Metaforicamente il campo socialista, cioè l’insieme degli stati guidati da partiti comunisti, era come quello magnetico e orientava l’ago della bussola degli avvenimenti umani verso il sole dell’avvenire. Era la certezza che pur con tutte le sue contorsioni, le famose hegeliane astuzie della storia, il mondo aveva un destino inevitabile. Era una sensazione esaltante essere guidati dal corso della storia. Se ti portava la storia, molte stronzate venivano perdonate automaticamente. Ma se adesso ti toccava, a te in prima persona, costruire la storia, rispondendo di tutte le tappe del percorso, che cosa sarebbe successo?

«Mah, vediamo intanto di trovare l’assassinio della Calchi» pensò Cavenaghi.


Per chi conosce Milano il romanzo è anche l'occasione per ripensare alla sua struttura urbana ed economica degli anni 70: il Sempione, la zona della Fiera con le villette di primo 900, l'Isola, le osterie dove mangiano i funzionari, i ristoranti toscani e quelli più su.

A caso risolto la conferenza operaia non si farà più; non  è il caso di portare la polizia ad incuriosirsi della sezione Sempione; ma i compagni devono stare tranquilli e sentirsi importanti; ci sarà una azione riparatoria: la compagna Calchi uccisa proditoriamente dai fascisti sarà commemorata nella nuova sezione con la presenza del segretario nazionale.


«Caro Pessina, tu sai che io sono il primo soldato del partito, se tu mi ordini di venire a Milano a tenere un’assemblea di sezione, non posso che ubbidirti. Dopo vuoi impegnarmi anche nella diffusione o come coccardista a qualche festa dell’Unità?».

Il sarcasmo e il rimprovero erano evidenti nelle parole del boss di Botteghe Oscure: il fatto che i milanesi avessero bisogno della sua presenza fisica per superare una grana, per quanto complessa, non gli faceva piacere. Se tutto il partito si fosse comportato così, sarebbe impazzito. Però, consultato Cantalupo, si era reso conto della delicatezza di alcuni elementi del particolare caso che stava impegnando i comunisti sotto la Madonnina e che quindi era meglio contribuire a eliminare tutti i fattori di rischio. D’altra parte, alla fine, si fidava non tanto della linea politica quanto dell’efficienza dei milanesi. Però non mancò di fare pesare la sua disponibilità. Così segnava un punto per una prossima volta, se mai quella federazione spesso arrogante fosse stata restia a ubbidire.


E la Provvidenza Rossa? La Provvidenza Rossa è quella che mette le cose a posto, una provvidenza non di origine divina in cui c'è il partito, ci sono le organizzazioni di massa e anche le "squadrette" che, sotto la direzione della CCC, mettono le cose a posto e fanno giustizia. Ho trovato un paio di riferimenti autobiografici: la controinchiesta si conclude al Beccaria, il liceo classico di Milano dove Festa ha studiato; Festa è un appassionato giocatore di scopone e, ogni volta che Cavenaghi va da Dondi a riferire nell'intervallo pranzo al circolo presso la Federazione, lo trova immerso in partite a scopa d'asse o a scopetta.

Una osservazione: con la minuziosa descrizione che si fa del palazzo della federazione non c'è neanche un cenno alla libreria Rinascita che stava lì a fianco, sulla destra e di cui ricordo la signora Berrini che la gestiva.


Lodovico Festa

La provvidenza rossa

Sellerio 2016, 544 pag – 15 € – e-book 9.99 €