Caduti dal muro – Tito Barbini & Paolo Ciampi

Caduti dal muro l'ho acquistato dopo averne appresa l'esistenza dalla copertina di Quell’idea che ci era sembrata così bella ed ero convinto che si trattasse di un viaggio intorno ai problemi del muro di Berlino e della sua caduta.

Invece siamo noi, quelli che hanno creduto nel comunismo, ad essere caduti e il muro è la metafora dell'intera esperienza del movimento comunista. Dunque si tratta di un viaggio lungo che inizia a Berlino ma poi prosegue per Praga, Budapest, l'Ucraina, Stalingrado, Mosca, Samarcanda, la Transiberiana, la Cambogia, il Vietnam, la Cina, il Tibet, la ex Jugoslavia, l'Albania.

Già perché il comunismo è stato un processo storico, con molte varianti, ma si è misurato su scala mondiale e dunque i conti vanno fatti al cospetto della storia.

Tante bandiere rosse a suo tempo sollevate con orgoglio e poi svillaneggiate dallo stesso movimento che volevano rappresentare. Mi pare, dopo aver letto le 300 pagine che Barbini abbia un occhio di riguardo solo per il Vietnam, o meglio per il vecchio Vietnam del Nord dove la gente,pur tra molte difficoltà non ha dubbi nel riconoscere ed omaggiare il ruolo dei Vietminh e di Ho Chi Minh.

Barbini ne tratta in una recente intervista-dibattito: "Poi rimangono alcune forme di consenso all’idea socialista soprattutto in  Vietnam; racconto che in tutte le case dei vietnamiti c’è il ritratto di Ho Chi  Minh e non è lì perché è obbligato a stare lì, lo mettono insieme a Confucio,  a Gesù se sono cattolici, ai loro antenati. Il ritratto di questo padre della  patria, padre che riscuote un affetto enorme perché ha rappresentato il momento  della loro unificazione e libertà. In mezzo a tutte le contraddizioni,  chi va a Saigon vede che è una città invasa dalla prostituzione, però si rende  conto che lì hanno costruito l’unità di un popolo, resiste questo amore,  questo consenso. Molto meno in Cina, la Cina è scintillante per gli affari  di mercato che fa fare a tutti i paesi del mondo, però questo scintillio non  corrisponde a quel sud della Cina, dove ancora ci sono mancanza di diritti  umani, povertà, arretratezza, miseria".

Gli autori sono due, grazie agli Internet-point che si trovano ormai in tutto il mondo. La sera Tito Barbini scriveva i suoi pezzi e li mandava via mail a Paolo Ciampi a Firenze. Ciampi è un giornalista scrittore di altra generazione (è nato nel 1963) e dunque la sua visione delle tragedie del socialismo reale è più distaccata e lo sottolinea lui stesso replicando a Tito. E' così giovane di non aver fatto nè il 68 nè il movimento del 77.


Sempre troppo presto, o troppo tardi, sono arrivato. Più tardi che presto, se è vero che alla fine mi sono abituato a considerare le migliori cose della politica come già andate – e questo non è certo un bel dire.
Altro che Sessantotto. Nemmeno la più modesta pantera che per qualche tempo si è aggirata per le università italiane ho saputo intercettare. Mai il brivido di una scuola occupata, mai il calcio alla noia di una giornata di autogestione, esperienza serenamente vissuta persino da qualche nipotino dei miei amici. Niente.
E con quel niente, certo, mi sono risparmiato anche diverse delusioni.


La scelta del dialogo a distanza tra punti di vista diversa mi pare azzeccata e consente di farci respirare oltre che farci vedere le cose da un osservatorio diverso.  Parlo di chi come me si sente dentro le stesse sconfitte di Tito, lo stesso bisogno di dire e la stessa tristezza per aver dovuto ammettere che è finita male.

Leggendo della DDR mi sono tornati alla memoria i festival nazionali e provinciali (Milano) dell'Unità in cui si andava a firmare per il riconoscimento diplomatico o gli articoli di Rinascita (prima dell'invasione della Cecoslovacchia) in cui ci spiegava che il patto di Varsavia venne siglato dopo la costituzione della NATO (come dire non siamo stati noi … sono loro che …). La visita agli stand dei paesi socialisti era una delle ragioni per andare al festival e dava l'occasione per acquistare prodotti di artigianato fatti come una volta. Uso ancora una bel cinturone di cuoio (fatto in Polonia) in cui anni fa ho montato una fibbia in bronzo con l'aquila della Moto Guzzi.

Le trecento pagine non si possono riassumere, vanno lette e basta. L'ultimo capitolo è stato scritto due mesi dopo il ritorno a casa. Tito è ripartito per l'Antartide a bordo di un rompighiaccio, di un armatore cileno ma che faceva parte della gloriosa marina sovietica. A bordo c'è Sergej, un vecchio marinaio che non ha ancora perdonato Gorbaciov "vuoi sapere cosa penso veramente di lui? Ha venduto l'Unione Siovietica all'Occidente. Il popolo non meritava questo destino. Ma d'altronde … da uno che nasce con una voglia di coca cola sulla fronte cosa ti potevi aspettare …"

E Tito conclude


Il comunismo ha perso la sfida con la democrazia e con la libertà. Ma non è questo che importa a Sergej. E al mondo, lo capisco ora più di prima, c'è bisogno di persone come Sergej.
Non ricordo chi l'ha scritto ma ogni uomo ha un abisso di umanità dentro di sè, un abisso che vengono le vertigini solo a guardarci dentro.
E' da lì che si deve ripartire.

Certo che pensare a PolPot che entra a Phnom Phen nell'aprile del 75, pochi giorni prima dell'ingresso dei Vietcong  a Saigon, fa una certa impressione. Noi eravamo tutti in festa e non ci consola il fatto che anni dopo furono gli stessi vietnamiti a togliere fi mezzo Pol Pot. Siamo rimasti in silenzio quando PolPot massacrò tra un milione e ottocentomila cambogiani (fonte Khmer rossi) e tre milioni, per fare l'uomo nuovo. Cosa vuoi che siano? Prova allora a pensare che la Cambogia aveva 8 milioni di abitanti a fai due conti.

Tito entra in Cambogia dalla Thailandia e arriva a Poipet:


Bambini da vendere per adozioni illegali, bambini da usare come mendicanti o da utilizzare come forza lavoro a costi irrisori. Bambini da ridurre in schiavitù o da avviare alla prostituzione.
Per lo meno è educativo: in posti come questi si può davvero toccare con mano che il comunismo è riuscito a produrre effetti esattamente agli antipodi di quelli auspicati e proclamati.
Un mondo senza classi doveva cancellare l'economia di mercato e invece ora il mercato è padrone di tutto. E tutto si può vendere e comprare.
Tutto: gli organi di un poveretto, come la verginità di una bambina.


Caduti dal muro

Barbini Tito & Ciampi Paolo
Prezzo di copertina € 12,00
2009, 300 p., brossura Vallecchi  (collana Off the road)