perché è importante essere disposti a cambiare opinione

In un gruppo che frequento (formato da persone che furono di estrema sinistra) ha destato scandalo una frase che stava nella recensione a  Quell’idea che ci era sembrata così bella. di Tito Barbini. Il periodo incriminato è il seguente:

E' la storia di una vita e dunque è la storia di come le cose ci trasformano, di come cambiamo idea, se abbiamo l'onestà intellettuale di vedere e di pensare. Il libro di Barbini si apre con "Buffalo Bill" di De Gregori: «Tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi. La locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato.»

All'inizio, e per molti anni, Tito è stato una locomotiva dentro il partito comunista in Toscana. La locomotiva ti consente di andare lontano partendo dal niente, sembra non fermarsi mai.

Racconta di quando, molto giovane, diventato funzionario di partito, si ritrovò ad una assemblea cittadina ad Arezzo e di fronte alle obiezioni di uno di destra che gli chiedeva, ma tu chi sei, cosa ci fai qui, dopo un attimo di imbarazzo rispose, riscuotendo un grande successo "sono un rivoluzionario di professione". Altri tempi.

Scrive l'amico che polemizza con me:


Dice proprio "se abbiamo l'onestà intellettuale di vedere e di pensare". Se ne deduce che chi non é stato cambiato dalla vita e dalla storia nello stesso modo (di Claudio) é privo di onestà intellettuale e non é in grado di pensare.
Se non é presunzione e arroganza ditemi cos'é.


Ho citato l'intero periodo per sottolineare che non stavo parlando della mia storia personale, ma di quella di Tito Barbini anche se la metafora della locomotiva e del bufalo mi piace molto. Bisogna essere disposti a cambiare opinione e a fare scelte conseguenti. Questo è il punto; ognuno alla sua maniera, ognuno con le sue conclusioni, l'importante è non farsi ingabbiare troppo dalla ideologia e dalla organizzazione entro cui si opera. Vale per la politica, vale per il lavoro, vale per la cultura.

Dunque nessun invito ad arrivare alle mie conclusioni anche perché esse sono necessariamente provvisorie e se c'è una cosa che non amo è l'idea del proselitismo perchè, come scriveva Giovanni Ferrara nella "Biografia dell'uomo laico", ciò che caratterizza l'uomo laico è la solitudine.

Devo dire che, nell'argomentazione dell'amico, quello che non funziona sul piano strettamente logico è il passaggio da una affermazione generale che ribadisco (o meglio che auspico) alla conclusione secondo cui chi non la pensa come me sarebbe privo di raziocinio e di onestà intellettuale. Ciascuno si confronti con il suo mondo e tragga le sue conclusioni; siamo esseri liberi e pensanti.

E veniamo alla pars costruens: l'opzione antidogmatica, per quanto mi riguarda, ha avuto tempo di sedimentarsi e di articolarsi attraverso la consuetudine allo studio critico della scienza e in particolare della fisica e della matematica. La storia di queste due discipline è dinamica e vede il susseguirsi di programmi di ricerca, di paradigmi e di metodologie comunemente accettati, sottoposti a critica attraverso il principio di realtà e quindi modificati o completamente abbandonati.

Bisogna essere intransigenti ed onesti nel difendere il proprio punto di vista; ma quando ci si confronta con altri bisogna fermarsi un attimo, provare ad assumere il punto di vista altrui, mettersi nei suoi panni e cercare di capire cosa ne consegue.Sul piano metodologico credere in ciò che si sta facendo è altrettanto importante quanto mettersi alla ricerca dei tarli perché sono le vittorie contro i tentativi di falsificazione a rendere più forte una teoria, qualunque essa sia.

Nella comunità scientifica è più facile farlo di quanto non accada in politica o nelle chiacchiere da bar che ora hanno preso la forma delle discussioni sui social. La comunità scientifica è un pezzo di mondo in cui la decisione su chi abbia ragione non viene presa a maggioranza e la dinamica di progresso avviene attraverso rotture improvvise che vincono perché creano sviluppo, aprono nuove prospettive con nuove previsioni, e consentono di fare retroprevisioni, cioè di spiegare in modo semplice fatti già noti che avevano avuto bisogno di miriadi di ipotesi ad hoc per stare in piedi.

Nella vita quotidiana il quadro si complica: ci sono i problemi di consenso, le opportunità, le storie collettive; in una parola viviamo entro un mondo organizzato con molti attori, le organizzazioni con le loro regole e i loro punti di vista. Ma l'importanza della disponibilità a mutare opinione non viene meno. Se nel caso della scienza la necessità del cambiamento si evidenzia in maniera palese (nei momenti critici), nella vita di ogni giorno e nella vita collettiva il nostro riferimento è dato dalla storia, la grande storia e la microstoria.

Prendiamo il caso del comunismo italiano: è stata una esperienza grandiosa in termini di consenso, di capacità di governo locale e di organizzazione. Era la via italiana al socialismo, con tutte le forme di autonomia, ma era comunque parte di un progetto su scala planetaria. Quel progetto è fallito sul piano storico e ad un certo punto la diversità non è bastata più e con molti rimpianti, e molte sofferenze sul piano personale, il gigante dai piedi d'argilla si è afflosciato. Credo che sia questa la mancanza di orizzonte di cui parla Tito Barbini nel suo libro.

Alcune idee forza su cui si fondava il concetto di socialismo scientifico di marxiana memoria si sono rivelate errate al banco del tribunale della storia in veste di tribunale fallimentare: il proletariato che non avendo da perdere che le proprie catene si fa classe che annulla le classi e fa scomparire lo stato, l'idea marxiana e leniniana della estinzione dello stato, la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione che le ingabbiano come motore materiale della rivoluzione. Le utopie si sono inverate come stati totalitari che, per di più, con l'eccezione della Cina, non sono state nemmeno in grado di competere con il nemico (a proposito della contraddizione tra rapporti di produzione e.forze produttive ingabbiate da essi). E dunque si trattava e si tratta di prenderne atto.

Dice qualcuno: ma le ingiustizie esistono ancora, le contraddizioni esistono ancora, i paesi sviluppati drenano risorse da quelli più poveri, ma ricchi di materie prime. Tutto vero. Ne discende l'importanza di una democrazia solidale. Ma anche questo non è semplice e non basta affermarlo perché è ancoira vero quanto si sapeva già a inizio 900: le condizioni di benessere di tutte le classi nelle società sviluppate si fondano sul permanere di uno squilibrio con il resto del mondo e alcune di queste contraddizioni si stanno accentuando.

Basta pensare ai temi ambientali o a quelli, ad essi connessi, delle risorse energetiche per comprendere che l'attuale equlibrio instabile si fonda sul fatto che i consumi energetici dell'occidente stanno in un rapporto di 10 a 1 con quelli del resto del mondo e questa è la ragione per cui Cina e India sono sempre poco propensi a scelte lungimiranti in campo ambientale e vi si adeguano quando vengono obbligate a farlo.

E allora? Allora incominciamo con il dire se siamo o no d'accordo con il famoso aforisma di Churchill "È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora.".

Attenzione però; la democrazia si sostanzia nel considerare giusto e opportuno il cambiamento. Chi ha governato deve poter essere mandato a casa con le elezioni; anzi è auspicabile che ciò si verifichi con una certa regolarità perché solo così si correggono gli errori e si cambiano le classi dirigenti.

Non si tratta di una cosa banale, in particolare a sinistra dove si fatica ad accettare l'idea che si possa perdere per difetto di consenso e inadeguatezza di programma, così come si fatica ad accettare il diritto alla esistenza autonoma di formazioni di sinistra-sinistra che, per ragioni identitarie, non si alleano con lo schieramento maggioritario (si vedano le recenti polemiche del sindaco uscente Pisapia sulla lista Rizzo per le prossime elezioni comunali di Milano).

Se ragiono in base alle mie opinioni mi chiedo: ma stanno ancora lì a dire le solite cose? Poi mi fermo ed osservo gli altri che li accusano di far vincere la destra e mi accorgo che la democrazia liberale al cui centro c'è l'idea della alternanza deve fare ancora tanta strada. Quelli che accusano il Sindaco Sala di aver aperto alla Compagnia delle Opere hanno lo stesso limite di quelli che accusano Rizzo e la sinistra-sinistra di far vincere la destra.

Se incominciassimo con l'osservare che:

  • tutti hanno la stessa dignità
  • che le logiche da fronte unito antiberlusconi non hanno avuto senso così come quelle dell'antisalvinismo di bandiera come se dietro il consenso alle forze di destra non esistessero ragioni ma solo forme di peristalsi intestinale
  • che stanno cambiando pesantemente le forme della rappresentanza e che il movimento 5 stelle non è una meteora
  • che le discriminanti andrebbero cercate sui programmi e che lo sviluppo di una città si misura su quelli
  • che non è vero che sono tutti uguali

sarebbe un bel passo in avanti.


Ridiamoci un po' su – imbecilli in rigoroso ordine alfabetico

  • Ci sono imbecilli superficiali e imbecilli profondi. (Karl Kraus)
  • Contro la stupidità anche gli dei sono impotenti. Ci vorrebbe il Signore. Ma dovrebbe scendere lui di persona, non mandare il Figlio; non è il momento dei bambini. (John Maynard Keynes)
  • Dietro la frase: "Mio figlio è un piccolo genio" c'è sempre un genitore idiota. (Ivan Della Mea)
  • Il problema è che oggi, se c’è una categoria che ci sembra poco dotata di ironia, è proprio quella dei nostri politici. Il punto è che costoro paiono sprovvisti di cultura, e fare dell’ironia senza cultura è quasi impossibile… Per di più, talora sembrano sprovvisti anche di umana sensibilità.
  • Il saggio muta consiglio, ma lo stolto resta della sua opinione. (Francesco Petrarca)
  • Inutile poi aggiungere che niente è più pericoloso di uno stupido che afferra un'idea, il che succede con una frequenza preoccupante. Se uno stupido afferra un'idea, è fatto: su quella costruirà un sistema e obbligherà gli altri a condividerlo. (Ennio Flaiano)
  • La causa principale dei problemi è che al mondo d'oggi gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. (Bertrand Russell)
  • La coerenza è degli sciocchi. (Oscar Wilde)
  • La stupidità degli altri mi affascina, ma preferisco la mia. (Ennio Flaiano)
  • Non bastano le disgrazie a fare di un fesso una persona intelligente. (Italo Svevo)
  • Non bisogna farsi mai ricattare dalla stupidità altrui. (Umberto Eco)
  • Non c'è nulla di così umiliante come vedere gli sciocchi riuscire nelle imprese in cui noi siamo falliti. (Gustave Flaubert)
  • Non prendertela se ti considerano mezzo scemo. Si vede che ti conoscono solo a metà. (Tiziano Sclavi)
  • Non si possono entusiasmare gli stupidi, ma renderli fanatici, sì. (Marie von Ebner-Eschenbach)
  • Ogni imbecille tollerato è un'arma regalata al nemico. (Mino Maccari)
  • Pare che certa gente abbia fatto la fila per tre volte quando il buon Dio ha distribuito la stupidità. (Konrad Adenauer)
  • Per lo stupido il cretino è sempre l'altro. (Fruttero & Lucentini)
  • Preferisco i mascalzoni agli imbecilli, perché a volte si concedono una pausa. (Alexandre Dumas (figlio))
  • Quando uno stupido fa qualcosa di cui si vergogna, dice sempre che è suo dovere. (George Bernard Shaw)
  • Quando un uomo si comporta in modo veramente sciocco, lo fa sempre per i motivi più nobili. (Oscar Wilde)
  • Quando un vero genio appare in questo mondo, lo si può riconoscere dal fatto che gli idioti sono tutti coalizzati contro di lui. (Jonathan Swift)
  • Se un milione di persone crede a una cosa idiota, la cosa non cessa di essere idiota. (Anatole France)
  • "Solo gli stupidi non hanno dubbi!". "Ne sei sicuro?". "Certo, non ho dubbi!". (Luciano De Crescenzo)
  • Solo gli stupidi sollevano pietre che poi ricadono sulla loro testa. (Mao Tse-tung)
  • Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione. (James Russell Lowell)
  • Un fesso fa sempre domande, ha una domanda per tutto, ha più domande di quante risposte ci possono essere. (Jonathan Swift)
  • Un imbecille non si annoia mai: si contempla. (Rémy de Gourmont)