2012-2020 per finire …, almeno per ora
Questa non è una cartolina ad uso dei turisti, è quello che vediamo da Solaia (dove vivo) quando guardo verso sud. E’ la val di Farma con l’umido della notte che condensa e si solleva dal fondo valle.
Ero venuto a Siena con l’intenzione di farci almeno due anni di servizio ma, nel frattempo, il governo, che di lì a poco avrebbe portato a 67 anni l’età pensionabile, pensò bene di eliminare la possibilità, per i dirigenti, di prolungare sino a due anni la fine del servizio oltre i 65.
Mi erano arrivati dall’Estremo Oriente Russo (la Siberia di fronte al Giappone) due bellissimi nipotini e così il 31 agosto del 2012 ho detto addio al lavoro nello stato e sono diventato un pensionato.
Il cambio, all’inizio, è stato molto drastico superiore a quello del passaggio da docente a dirigente. Di colpo cessarono tutte le rotture di scatole del lavoro quotidiano che ti costringevano a saltare di palo in frasca e cessò anche il lavoro strategico, quello di prospettiva della scuola che mi era stata affidata, di progettazione e di innovazione, sempre con un piede sull’acceleratore, ma da non premere troppo.
dove vivo
La mattina presto non devo più andare a Siena per tornare nel tardo pomeriggio e, visto che abito all’interno di una riserva naturale, mi posso dedicare alla natura. E’ una natura diversa da quella delle Alpi Centrali che frequentavo quando stavo su al nord: è diversa la quota, sono diversi gli habitat e soprattutto è diverso l’impatto dell’uomo, che qui è molto minore. Monticiano è messo tra le valli di due fiumi incontaminati, la Farma e la Merse, con al centro un montagnozzo alto meno di 700 metri, il monte Quoio, da cui scendono un sacco di corsi d’acqua minori tributari dei due fiumi principali.
Su dodicimila ettari di territorio, undicimila sono a bosco e gli abitanti sono poco più di un migliaio con densità che avevo trovato solo in Norvegia quando andai a CapoNord in moto. Sono posti famosi in tutta Europa per due monumenti: l’abbazia gotica di San Galgano, nei pressi di Monticiano, ma in comune di Chiusdino, e le terme di Petriolo dove esistono terme libere con una storia che inizia nel 1’100.
Non è tutto; dovunque ti giri c’è una riserva naturale: La Pietra, Alto Merse, Tocchi, Basso Merse, Farma. Lo stato di queste riserve (provinciali, regionali o statali) non è dei migliori per carenza di manutenzione, ma sono comunque salvaguardati i vincoli urbanistici e venatori. Io abito in una frazione affacciata sulla val di Farma a 15 km dal capoluogo (8 residenti).
Probabilmente in tempi di vacche grasse tutto funzionava a meraviglia con i soldi della provincia, con gli investimenti della forestale che aveva le sue fattorie, le sue caserme, i suoi cavalli, i suoi muli. Ora è quasi tutto in stato di abbandono.
Non sono cacciatore, anzi trovo un po’ barbara la braccata per la caccia al cinghiale fatta con tutti quei fuoristrada, le squadre di 30 o 40 persone tra canai, vigilanti e addetti alle poste, ma devo riconoscere che, se si fa un po’ di manutenzione dei percorsi, lo si deve all’azione delle squadre di caccia al cinghiale che si prendono cura di mantenere in ordine le strade vicinali e quelle di smacchio, almeno di quelle che fanno parte dei loro territori di caccia.
Lo scorso anno mi sono messo di impegno e ho messo in piede la rete dei sentieri di Monticiano con 150 km di percorsi mappati, bandierati, descritti e georeferenziati e ho donato questo lavoro alla comunità. Trovate tutto nella applicazione FieMaps sia su PC sia su smartphone.
La val di Farma, sfruttata sin dal 1100 per la presenza di acqua e di legna ha visto svilupparsi un sistema di ferriere divenute progressivamente antieconomiche; non ci sono stati insediamenti lungo l’asta del fiume e non ci sono strade. Così il mix di ambiente torrentizio-fluviale e di foresta di querce si è mantenuto intatto.
Questo isolamento è un elemento di forza ma, a causa della scarsa convenienza economica della economia di montagna, lo spopolamento e l’abbandono stanno diventando eccessivi. Sono stati abbandonati i campi sulle sponde della valle, coltivati sino ai primi anni 60. Un’idea dello stato di abbandono possiamo farcela se ragioniamo sulla economia della castagna. A Monticiano quasi ogni famiglia aveva i suoi castagneti, intorno al monte Quoio, ma non solo. I castagneti stavano su tutti i versanti nord delle tante valli e vallette del territorio. Sono stati censiti più di 200 seccatoi, le costruzioni in pietra dove veniva effettuata la seccatura delle castagne tramite riscaldamento lento (da 40 a 60 giorni) su graticci in legno con un fuoco acceso da sotto, prima di procedere alla trebbiatura e successiva macinazione. La farina di castagne costituiva l’alimento base, quello che nel nord fu la farina di mais.
Qualche seccatoio è stato ristrutturati più o meno abusivamente e trasformato in mini-casina di campagna, la maggioranza di loro è crollata o sta crollando dopo essere stata sommersa dai rovi. I castagneti più scomodi da raggiungere sono stati completamente abbandonati, mentre in pochi si fa ancora la raccolta e un minimo di manutenzione essenzialmente per passione. Da qualche anno, grazie all’impegno di una associazione, è stato rimesso in funzione un seccatoio tradizionale e si fanno sia l’essicazione, sia la trebbiatura, mentre per la molitura è stato realizzato un mini mulino a pietra azionato da energia elettrica.
Grosso modo dalla metà di luglio, o un po’ più tardi a seconda dell’andamento delle piogge, mi dedico alla raccolta dei funghi e vado avanti a raccogliere funghi sin quasi a Natale. Qui si dice proprio raccogliere e non cercare perché di funghi ne vengono tanti, i boschi sono molto estesi e, tranne in un piccolo periodo in cui si ha l’invasione selvaggia di senesi e fiorentini, di gente ne gira poca. I vecchi raccontano delle loro mamme che, prima di pranzo, uscivano un momento a prendere qualche porcino per la pasta e i cucchi (l’Amanita Cesarea) da fare in insalata, come se andassero nell’orto. Andava così quando il bosco era tenuto pulito con i castagneti trattati come un prato all’inglese.
Potre raggiungere anche boschi più produttivi, ma ho adottato il principio del chilometro zero che consiste nel partire da casa a piedi, senza spostare la macchina. La tenuta è sempre la stessa: jeans, camicia di cotone, cappello, scarponi da escursionismo, guanti di pelle, cestino e coltello. Uso da anni lo stesso cestino dove ci stanno non più di 3 chili di funghi; è una scelta di autolimitazione rispetto alle norme sulla raccolta e rispetto allo sforzo fisico. Resto in giro non più di 2 o 3 ore e, se c’è molta roba pregiata, torno comunque a casa e faccio un’altra uscita nel pomeriggio.
Il silenzio del bosco è magico e gli unici rumori ammessi sono quelli degli animali selvatici, degli uccelli e, in certi mesi, delle motoseghe di quelli che smacchiano in lontananza . Se sento qualcuno che parla, o peggio che urla, mi sposto e vado da un’altra parte. Mi pare che rovini la magia. La fatica è un elemento essenziale, passo lento, ma nessuna paura delle pendenze; ti muovi e pensi alla tua vita, ti appaiono flash del passato, parli tra te e te interpretando ruoli diversi.
Mettiamoli in fila per tipi: porcini (neri e bruni), cucchi, porcinelli (di vari tipi), giallarelle, finferli, leccini, mazze di tamburo, dentini, paonazzi, lardaioli bianchi, pennecciole, trombette dei morti, ordinali grigi, ordinali viola, ordinali reali, funghi del pane, … da seccare, da mangiare crudi, sott’olio, da dare agli amici, trifolati, nel risotto, fatti in zuppa, barattati ai ristoranti amici, nella pasta. Il fungo è però solo il premio, il bello è il girovagare.
Poi ci sono le sorprese: un serpente che sta andando in letargo, una volpe imprintata dall’uomo che ti segue invece di fuggire, un tasso che cerca un nascondiglio con la sua andatura buffa, l’istrice, il palco di un daino, un gruppo di cinghiali in fuga, i caprioli e, prossimamente su questi schermi, il lupo che sino ad ora ho avvistato solo di notte, ma di cui ci sono ormai molte evidenze (con lo sterco fatto prevalentemente di pelo di cinghiale perché il lupo inghiotte tutto).
Sotto sforzo, a piedi o in MTB, ascolti il corpo, i suoi segnali: ancora un po’, dai forza, è il momento di fermarsi, ma soprattutto pensi; è una sensazione analoga a quella che ti dannno i sogni, ma questa volta sei sveglio e le cose te le ricordi meglio. Ti svegli la mattina e guardi l’aurora e poi l’alba; il cielo che si colora, i primi raggi di sole che colpiscono le grandi querce producendo giochi di luce bellissimi. La decisione che sarei venuto a vivere qui l’ho presa nel 2003 quando mia figlia, che ci era venuta nel 2000, concluse che da sola non avrebbe retto e tornò a Villasanta con la scusa di una pausa professionalizzante.
Venendola a trovare avevo rivisto la via Lattea e le lucciole che non vedevo da quando ero bambino nel mese di maggio lungo le rogge. Qui le lucciole si vedono per quasi due mesi e di giorno ci sono le farfalle cavolaie, quelle bianche e quelle gialle, la cui presenza ti dice che vivi in un posto non inquinato dai pesticidi. Così, mentre Daniela lasciava la casa in affitto a Castello di Tocchi ne comperammo una a Solaia da ristrutturare e iniziò il rapporto stabile con la maremma senese.
La casa si scalda con una sola stufa a legna e la manutenzione della stufa, la messa in ordine della legna, il rito della accensione, la mattina presto, fanno parte di questo modo lento, non violento, di vivere. Quando nel febbraio 2012 venne una grande nevicata che ci isolò per giorni, senza luce e senz’acqua andò tutto bene perché la stufa a legna, a differenza di quella a pellet non ha bisogno di energia elettrica.
Quando le giornate iniziano ad alllungarsi gli alberi da frutta (peschi, ciliegi, susini) buttano fuori i primi fiori e si comincia a preparare il terreno per l’orto nella parte dove d’inverno non arriva il sole: patate, zucchine, pomodori, fagiolini, cetrioli, zucche., i fiori, le aiuole di aromatiche con cui, tritando le foglioline con il sale grosso preparo la base per ogni condimento. E’ un modo di vivere un po’ all’antica, ma d’altra parte, quando ero bambino dicevo che avrei voluto fare il contadino e un posto così si può solo amarlo.
la scuola
E’ ormai lontana. Cerco di tenermi informato ma non vado più nei dettagli. Ho l’impressione che si stia navigando a vista in un quieto tra tran dove la innovazione non interessi per nulla ai noccchieri. Cambiano i governi, cambiano i ministri e si fatica a ricordare chi c’è stato prima.
Proprio ieri ho sentito Salvini (ma poteva benissimo essere uno di un altro schieramento) dichiarare che bisogna occcuparsi seriamente dei problemi della famiglia e dunque … bisogna riaprire le scuole. La scuola non è il luogo dove si costruisce l’Italia di domani; è il luogo in cui si mettono dei soldi perché i genitori hanno da fare il loro lavoro ed è anche il luogo in cui, di tanto in tanto, si fanno un po’ di assunzioni allargando il precariato che poi si sistema perchè, magari, ci condanna qualche istituzione internazionale.
Naturalmente la scuola è ancora piena di eroi, un po’ ccome nella sanità, ma accanto agli eroi ci sono un sacco di caporali di giornata e anche di marescialli che pensano di essere in fureria; quello che non riesco a digerire è il fatto che gli eroi e i marescialli vengano trattati allo stesso modo mentre per i mezzi di informazione il problema sembra essere se sia meglio usare le mascherine o gli schermi di plexiglass.
Se fossi ancora a scuola cercherei di fare la guerra al cattivo uso delle nuove tecnologie: WhatsApp è un bello strumento di comunicazione immediata ma se lo si usa male distrugge il pensiero e la capacità di scrivere. E’ la stessa cosa che rischia di accadere con le serie TV nei confronti del cinema.
A proposito di scuola, i materiali che ho reso disponibili a partire dalla fine degli anni 90 (il corso di fisica, gli articoli scientifici, i compiti corretti e commentati, gli articcoli di politica scolastica) continuano ad essere letti ed utilizzati. Magari, prima o poi ci scappano il capitolo sulla Meccanica Quantistica (che è pronto al 70%) e quello sul modello standard delle particelle.
la politica
Come per la scuola, dentro di me il fuoco della politica cova sotto la cenere.
Ho seguito con impegno e partecipazione la parabola di Matteo Renzi e, in particolare, il progetto di riforma della seconda parte della Costituzione (2016). Ne rimane traccia su Pensieri in Libertà dove, con alcuni amici, ho cercato di informare cogliendo l’occasione per racccontare come furono affrontate alla Costituente alcune questioni che ora vengono considerate dei tabù: il bicameralismo, la scelta del carattere parlamentare e non presidenziale della repubblica, la questione dei pesi e contrappesi, i rapporti tra potere legislativo e potere esecutivo, il tema delle autonomie regionali.
Poi sono venuti al pettine un sacco di nodi; i progetti sostanziosi di riforma sono stati messi in un cassetto ed è cominciato il tatticismo scambiato per visione strategica. Fine della storia, sia per il PD sia per Italia poco viva.
Si diceva del fuoco e della cenere:
- il fuoco è il sentirsi un cittadino-solidale, la percezione che la società umana vada governata e che la politica sia lo strumento per farlo, sia sul piano interno sia sul piano internazionale; senza la politica prevalgono i particolarismi, gli egoismi individuali e internazionali, le grandi potenze, … e ogni tanto anche le guerre (che per fortuna da decenni conosciamo solo in ambito loco-regionale).
Ad un certo punto della mia vita ho preso atto che l’ultimo grande tentativo di redenzione novecentesco, il comunismo, era divenuto un grande sistema burocratico-totalitario incapace sia di realizzare nel consenso il progetto di redenzione, sia di competere con quelli che nel dilemma libertà-necessità sostenevano che bisognava partire dalla libertà.
E’ una vecchia storia che ci trasciniamo dai tempi di Liberté, Égalité, Fraternité. L’uomo è un essere sociale, ma compete nella difesa del suo territorio, come fanno i mammiferi e gli ultimi due secoli tra guerre, rivoluzioni finite male, dittature, isterie collettive, stermini di massa, costrizioni individuali, ci hanno vaccinato sul fatto che dall’homo homini lupus, si possa uscire decentemente solo attraverso lo stato democratico.
- la cenere è la storia del novecento che continua in nuove forme nel 21° secolo. E’ vero che, come sosteneva Churchill, la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora, ma quante stupidaggini sono state fatte nel suo nome e quante ne vengono continuamente commesse. Forse ci potrebbe salvare una maggiore cultura, in particolare tecnico-scientifica nel mondo politico oggi troppo condizionato dai maghi della comunicazione e dai professori della economia.
la cultura
Leggo molto con una modifica di curvatura rispetto al passato; ho scoperto i romanzi e anche i gialli all’italiana che mi piacciono quando vanno a scavare dentro la storia e la psicologia dei protagonisti dandoci una bella immagine delle caratteristiche e delle contraddizioni del nostro paese (le ultime letture hanno riguardato quelli di uno scienziato laico Carlo Flamigni, che si è dedicato alla sua terra, la Romagna).
Così alterno letture leggere a qualche opera di filosofia politica, sia stando sul classico (in questo momento Hobbes), sia venendo ai pensatori del 900 (e tra questi mi capita con una certa frequenza di rileggere Popper). Naturalmente ho sempre le orecchie diritte sui temi della bioetica laica.
Oltre che dai libri cerco di far passare un po’ di cultura attraverso la porta stretta della TV e dei social network; ma è difficile. Con la TV mi sono ridotto alle notizie e a RAI storia, tutto il resto lo trovo inguardabile e mi infastidiscono i notiziari spesso incapaci di distinguere la informazione vera da chiacchiericcio e dalla spazzatura (in questi giorni fervono le notizie sulla competizione mondiale nella ricerca sui vaccini e domina il principio secondo cui chi fa da sè fa per tre, e l’importante è arrivare primi, mah!?).
Mi è presa la smania del raccontare e la scelta di riscrivere la autobiografia si inquadra in tale smania. Siamo vecchi, a rischio Covid, superati e improduttivi. E’ il momento giusto per guardarsi alle spalle, riflettere e trasmettere in maniera piacevole un po’ di storia minore. Ho imparato che bisogna lasciarsi andare, far emergere ciò di cui ci vergognamo o che abbiamo timore di racccontare. E’ questa la ragione per cui continuo a darmi da fare con Pensieri in Libertà. E voi siate generosi, se vi piace, fatelo capire intervenendo.
la socialità e la natura
Qualche anno fa ho incominciato ad alternare al mio girovagare in solitaria, l’impegno con una associazione aderente alla federazione escursionismo, il Gruppo Trekking Senese. Sono anche diventato Accompagnatore Escursionistico. Camminare nella natura, in gruppo, fa bene, e io lo faccio per spirito di servizio; ma le mie tendenze ursine colgono qualche elemento di superficialità nel rapporto, la difficoltà a parlare di sè, il fatto che condividere una passione non significa sposarsi se mancano basi comuni di tipo esperienziale; pesano molto le differenze di età e di orientamento politico-culturale.
Poi vengo dallo sci da fondo e nello sci da fondo si parla con sestessi adeguando lo sforzo alla necessità di interagire con la natura. Difficile farlo in gruppo. Così mi dò da fare, metto a disposizione il mio tempo, il Jimny Suzuki ha sulle portiere le bande magnetiche promozionali del GTS, ma con un po’ di distacco. L’amicizia credo di averla riservata solo ad alcuni (quelli con cui mi ritrovo sul piano del carattere e delo stile, come Daniele Bibbiani).
Mi piace il mondo dei pellegrini-camminatori sulla Francigena, non per girovagare (quello si può fare anche da soli) ma per condividere storie e per far crescere l’idea del turismo lento, della fatica e dell’impegno solidale. Non ne sono certo, ma credo che sarà il prossimo passo dopo quello della rete dei sentieri (i segnavia, il servizio di assistenza, il racconto del territorio).
E visto che ormai sulle salite più dure si comincia a sentire l’età ho fatto uno scambio. A mio nipote che la desiderava al punto di chiedere se, dopo la mia morte, l’avrei lasciata a lui, va la mia Scott biammortzzata (dopo l’esame di III media) e io passo ad una e-bike di alta qualità, la Lombardo-Sempione race equipaggiata con i motori e le batterie Bosch di ultima generazione. Data l’elevata autonomia (sino a 100 km se sei di gamba buona) e la potenza del motore sogno già di ridurre al minimo l’uso dell’auto.
Ultima modifica di Claudio Cereda 6 giugno 2020
La pagina con l’indice della mia autobiografia da cui potete scegliere i capitoli da leggere
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