1972-1974: AO Monza e Brianza e vacanze

III edizione – giugno 2024

1973 con Paolo Di Paola ad una manifestazione a Milano in piazza Duomo insieme alla sezione di Monza

Quando sono partito per il militare a ottobre del 1970, Avanguardia Operaia era un gruppuscolo milanese che stava mettendo in piedi i CUB in alcune grandi fabbriche (Borletti, Pirelli, ATM, SIP, Candy, Philips, Sit Siemens, Carlo Erba).

Grazie all’azione egemonica di Vanghelis Oskian, si era annesso gran parte del gruppo dirigente del movimento studentesco di Scienze (Fisica, Matematica, Biologia, Geologia e Chimica) e stava facendo la stessa cosa all’ITIS Molinari.

Alla facoltà di Scienze si era appena effettuata la divisione della cellula in due e c’erano state tre occupazioni (68, 69 e 70). Sono partito per il CAR a Palermo in maniera abbastanza improvvisa perché, per evitare inutili attese connesse alla burocrazia dei rinvii, avevo richiesto di essere sottoposto a nuova visita (essendo stato dichiarato C3, cioè abile ma non del tutto). Mi hanno dichiarato idoneo e così, nel giro di neanche due mesi ho fatto i bagagli.

Durante il servizio militare ho avuto rapporti solo sporadici con AO anche se, a Palermo, c’erano quelli del centro Karl Marx di Mario Mineo (che poi avrebbero aderito al Manifesto) e a Treviso avevo avuto qualche contatto con i nostri compagni di Venezia.

Quando sono tornato, ho trovato una realtà in grande espansione. Il movimento dei CUB era cresciuto in qualità ed estensione, AO era presente in maniera importante in tutte le facoltà universitarie, si era sviluppato un importante movimento tra gli insegnanti e la presenza tra gli studenti medi milanesi, partita dal Molinari e dal VII ITIS, era diventata enorme, mentre nostri compagni avevano dato vita al comitato d’agitazione dei Lavoratori Studenti.

Preso atto che l’Università era terminata, che avevo rinunciato a rimanerci a fare ricerca per via della politica al primo posto che mi avrebbe inevitabilmente portato a trascurare la Fisica, che non mi andava il lavoro nel privato, feci la scelta di insegnare.

Poiché la nomina l’avevo avuta per l’ITIS di Sesto, a livello milanese si decise che sarei andato a farmi le ossa alla neonata sezione di Monza.

lavoro di massa nelle fabbriche

Una premessa: sono passati un po’ di anni e se dimenticherò di richiamare il ruolo di qualcuno, me ne scuso in anticipo. La sede, in via XX settembre, era ricavata, da un negozio con una sola luce e un retrobottega (due locali: il negozio per le riunioni e il retro a fare da magazzino per bandiere e manifesti, sala ciclostile). Dopo di noi ci è entrato un parrucchiere da uomo. Sull’angolo con via Magenta, c’era una osteriaccia gestita da dei cremonesi che facevano trattoria a pranzo e degli ottimi panini al salame. Il riscaldamento era con stufe a Kerosene e il combustibile arrivava dalla generosità di mamma Biassoni legna e carbone (con due figli nel MLS e una figlia in AO).

Quando arrivai la sezione era una specie di colonia per rivoluzionari di professione inviati da Milano (Michelino Crosti, Bobo uomo di organizzazione, Antonio Molinari che seguiva la Philips, Giorgio Calsamiglia che seguiva gli studenti).

la Philips e le altre fabbriche

Un caso un po’ particolare era quello della Philips che aveva la sede direzionale a Milano, dove c’erano Antonio Molinari, Renato Di Palermo e Stefano Fiorani, un centro ricerca a Monza all’imbocco della Valassina dove lavorava Franco Calamida e poi la grande fabbrica (vecchia e nuova) a Monza in fondo a via Borgazzi con migliaia di lavoratrici.

Così i milanesi della Philips facevano anche i pendolari su Monza dove i nostri due riferimenti operai erano Piero e Willy; Willy era biondo e con i capelli lunghi ed era il leader delle assemblee.

All’inizio l’intervento politico era unitario con quelli di Lotta Continua e ricordo di aver visto nella nostra sede della riunioni in cui era presente Mauro Rostagno. Paradossalmente, in una fabbrica piena di donne, i militanti rivoluzionari erano tutti uomini. Ma non era così per il PCI; oltre ad alcuni capi storici maschi, la persona di riferimento nelle assemblee era Adriana Colzani.

Naturalmente, oltre ai milanesi, c’erano i local, di solito leader nelle loro realtà: alla Candy, Franco Cogliati e Marino Capurso, alla Philips si è già detto di Piero e Willy, alla Singer Roberto Contardi, un gruppo alla Manuli con Giovanni Taddeo, un gruppo nelle aziende chimiche del cesanese, un altro gruppo alla Telettra di Vimercate, un gruppo alla Autobianchi di Desio. Non ricordo se il lavoro tra gli alimentaristi con Arturo Ferron sia iniziato allora.

Le fabbriche, in AO, erano una priorità, ma c’erano anche realtà importanti e interessanti tra gli studenti (al diurno e al serale).

i lavoratori studenti

Il movimento dei lavoratori studenti era in grande fermento e i due istituti tecnici serali erano in grande sviluppo; da 5 a 10 sezioni per anno di corso. Gli studenti lavoratori non erano, come è avvenuto in seguito, i drop out del diurno; erano lavoratori veri alla ricerca di un titolo che ne migliorasse l’inquadramento professionale.

Valeria (2019) e Armando (2023) ci hanno lasciato dopo una vita comune iniziata negli anni 70. Armando dopo AO, è stato in DP, nel PCI, in Rifondazione e infine nel PD sempre occupando ruoli di rilievo e applicando il suo chiodo fisso “uniti si vince” al punto di farne il suo pseudonimo.

All’Hensemberger c’era Armando Pioltelli (scomparso nel febbraio 2023) che di giorno faceva il CUB Pirelli e la sera il leader studentesco. Per l’Hensemberger bastavano lui e l’Angelo Maggioni (che mi insegnò ad andare in montagna partendo dal Resegone) a smuovere tutta la baracca.

Al Mosè Bianchi c’erano due professoresse, Silvana Biassoni che insegnava lettere e Joan Muggia, la compagna di Massimo Gorla, che insegnava inglese. E poi Carletto Varisco che lavorava nella più grossa azienda tessile di Monza, la Fossati e Lamperti, Joe Garancini di Arcore, ma dipendente dell’Autobianchi di Desio, Taddeo della Manuli, Massimo Beggio, Rossana che in seguito si sarebbe data molto da fare con il movimento delle donne.

Le rivendicazioni dei lavoratori studenti erano di tipo sindacale in senso stretto, connesse alla difficoltà a reggere il doppio impegno lavorativo e di studio e per noi di AO erano anche l’occasione per entrare in contatto con masse di lavoratori. Qualcosa di analogo stava avvenendo anche a Milano ed era già avvenuto a Fisica con la istituzione dei corsi serali.

le scuole medie superiori diurne

La situazione tra gli studenti del diurno per noi era più difficile, perché quello che, poco rispettosamente, chiamavamo gruppo Capanna, e che d’ora in poi chiamerò MLS (anche se nel tempo ci sono stati cambiamenti di nome), si era mosso con un anno di anticipo e aveva una struttura organizzata quasi in ogni scuola con al vertice Ezio Rovida, un monzese che conoscevo dai tempi del cineforum di GS quando lui frequentava lo Zucchi.

Ezio aveva incarichi di responsabilità nel movimento milanese e, contemporaneamente seguiva il movimento della sua città. Con il MLS i rapporti, per via di vicende milanesi, viaggiavano tra il concorrenziale e l’antagonistico e ci fu anche un quasi scontro nel 1973 come strascico di incidenti avvenuti in piazza Fontana a Milano tra i rispettivi servizi d’ordine.

Mosé Bianchi ed Hensemberger

Eravamo nettamente egemoni al Mosè Bianchi dove Paolo Di Paola governava assemblee e movimento. Intorno a lui c’era una nutrita schiera di compagni e compagne Pippo, Marco, Dario, Davide … Anna, Marcella.

Paolo era il leader delle masse e Marco quello della organizzazione.

All’Hensemberger la situazione stava evolvendo a nostro favore perché il CUB aveva un seguito notevole grazie all’azione di Giuseppe Dozio (informatica) e Danilo Porcellini (elettrotecnica). All’Hens le riunioni si facevano a scuola e il CUB aveva una sua sede aperta anche agli esterni.

le altre scuole

Poi c’erano singole realtà, ma di peso inferiore, sia allo Zucchi, con Nanda, Maddalena, Michela, Paolo e Luca, sia al magistrale con Valeria (che poi avrebbe sposato Armando Pioltelli).

Carlo Vittone (scomparso giovane nel 2013)

La nostra presenza al Frisi, dove l’MLS era più che dominante, si sbloccò quando Carlo Vittone, Roberta e Gianni Conte uscirono da quella organizzazione per aderire ad AO. Carlo, oltre che una testa di primissimo livello (dopo il Liceo vinse il concorso e divenne normalista a Pisa) era anche un leader naturale e dunque, nel giro di pochi mesi, acquistammo un certo peso anche all’interno del Frisi.

E’ stato una figura importante della politica monzese, assessore al Parco, eletto tra i verdi, editore di storia locale, si è spento prematuramente qualche anno fa.

A 17 anni era uscito di casa e viveva in una catapecchia con Roberta (fecero una figlia in quinta liceo), studiava quello che gli piaceva e ricordo di avergli fatto leggere Potere politico e classi sociali, un testo teorico sui rapporti tra sfera politica, sfera ideologica e sfera economica, di un allievo di Althusser, Nicos Poulantzas, quando aveva 18 anni.

dalla sezione alla federazione Brianza

Intanto, vuoi per i lavoratori studente, vuoi per simpatia, vuoi per il pendolarismo scolastico, la presenza di AO sul territorio della Brianza si allargava con la apertura di nuove sedi, in proprio o compartecipate con collettivi e movimenti di paese.

  • ad ovest: Desio, Seregno, Cesano, Muggiò con una presenza sia territoriale, sia nelle fabbriche, sia nelle scuole
  • a nordest: Merate, Cernusco Lombardone, Vimercate con la Telettra, Agrate con la SGS, Bellusco, Busnago, Villasanta con la Delchi, Concorezzo, Arcore, Brugherio. Il gruppo di Cernusco era particolarmente attivo e, tra le altre cose, mise in piedi Radio Montevecchia.

A 25 anni nel settembre del 71, il giorno del matrimonio

Si formavano nuove cellule, punti di intervento nelle scuole come a Desio, Seregno e Cesano, comitati di paese. Questi erano una mia fissazione; la necessità di un radicamento territoriale dove si vive e non  solo dove si studia o lavora.

Il prestigio e l’appeal di Avanguardia Operaia crescevano, anche come effetto della uscita del settimanale, per il quale la organizzazione si era data una politica che giudico intelligente.

Ogni militante versava settimanalmente la sua quota di finanziamento che restava in parte in loco (per la sede, la carta, la vernice, …) e in parte andava al centro. In compenso il settimanale (che costava 100 lire) ci veniva fornito gratuitamente e, il ricavato della vendita militante, restava alla sezione. Ci impegnammo a fondo; vendevamo tra le 800 e le 1000 copie del settimanale e ben presto, con il ricavato, fummo in grado di assumere Paolo di Paola come funzionario.

la nuova sede

Era un bel passo in avanti; voleva dire sgravare i compagni da una serie di incombenze organizzative e lasciarli concentrati sul lavoro politico. Il passo successivo avvenne tra la fine del 73 e l’inizio del 74 e fu il trasferimento nella nuova sede di via Volturno all’angolo con via Magenta (la via degli Artigianelli).

La sede e il suo arredamento furono recuperati da Pietro Spotti, un ragioniere di Cesano che lavorava a Monza presso una concessionaria di moto di proprietà dei Fossati della Star. Piötr era l’organizzazione fatta persona; pragmatico e abile, non solo mise in piedi la sezione del nord ovest, ma mi diede una mano notevolissima nel tenere in ordine i conti della neonata federazione di Monza e della Brianza, oltre che ad ampliarne l’ambito di intervento.

La nuova sede era al primo piano di un edificio che ospitava ancora, al piano terra, una fabbrica di confezioni, mentre al primo piano, dove c’era stato un cappellificio, entrammo noi: terrazzino, servizi igienici, due locali a destra, due a sinistra, un soppalco sopra i locali che andava benissimo come deposito, e poi un grande salone da 400 posti che Pietro arredò recuperando gratis le poltroncine in velluto rosso del teatro Villoresi, che dovevano essere sostituite.

Il funzionamento della sede richiedeva la presenza praticamente costante di qualche compagno/a e una grossa mano venne da Elena Ferrari (la moglie di Renato Di Palermo), biologa e insegnante, che si occupava un po’ di tutto e coordinava le persone.

Inaugurammo la sede con un concerto di Ivan della Mea e il salone era pieno zeppo. Eravamo dei veri brianzoli: braccino corto e passi commisurati alle possibilità. Dunque gli acquisti, dalla carta ai ciclostili nuovi, al fotoincisore, si facevano se c’erano i soldi; se non c’erano i soldi, prima si facevano le sottoscrizioni, e solo dopo si procedeva all’acquisto.

Contabilità in ordine e bollette pagate con regolarità; d’altra parte questo aspetto in Brianza è un must; o rispetti le regole o sei fuori. La sede non c’è più, se andate su Google View street vedrete che anche lì, come per via Vetere a Milano, ci sono palazzine condominiali.

Prima che abbandonassi Monza per andare al quotidiano facemmo anche un congresso di Federazione della Brianza incentrato sulle specificità del nostro territorio e sulla costruzione del partito su scala nazionale.

Ma non c’erano solo riunioni e volantini. La sera, al Mosè Bianchi il bar era una occasione di socializzazione e nel periodo 72/74 orgnizzammo anche un ultimo dell’anno in Alta Val Brembana in una cascina abbandonata in cui il problema principale fu quello di resistere al freddo di montagna in un ambiente che veniva riscaldato con camini e stufe a legna per la prima volta dopo anni. Eravamo un centinaio e, in un’altra occasione, ma in minor numero andammo all’Aprica in una struttura tipo colonia, per le vacanze sulla neve.

nel gruppo dirigente di AO

l’insegnamento all’ITIS di Sesto

Il lavoro, quello di docente, non mi impegnava più di tanto. All’ITIS di Sesto eri un ottimo insegnante se riuscivi a tenere in classe gli studenti perché Lotta Continua, che organizzava il Movimento, manteneva la scuola in uno stato di perenne agitazione con la collusione di un Preside che poi, grazie ad una vertenza incardinata dalla sezione sindacale CGIL, riuscimmo a cacciare perché concedeva tutto pur di farsi gli affari suoi.

All’ITIS la sezione sindacale della CGIL Scuola raggruppava la grande maggioranza dei docenti e in quegli anni partecipai anche al congresso sestese; rappresentavo la mozione della sinistra e mi trovai davanti come alter ego per la maggioranza, Giovanni Bianchi che allora era segretario provinciale delle ACLI, una persona in gamba.

Nel 1973 si tennero i corsi abilitanti speciali e l’ITIS di Sesto fu sede di quelli per Fisica (con sottoclasse matematica). In sede d’esame ebbi qualche frizione con il commissario di Fisica (un docente della statale che avevo già conosciuto da studente, e che mi conosceva), su problematiche riguardanti l’entropia, nessun problema per matematica. Così, a partire dal 74/75, entrai nella sfera dei garantiti (gli abilitati). La cosa mi sarebbe stata utile nel 76/77 quando, dopo il lavoro al QdL, decisi di rientrare a scuola.

Il movimento degli studenti aveva ottenuta la promozione garantita e l’obiettivo più avanzato contro la selezione meritocratica era quello del voto minimo uguale per tutti. Potete capire, viste le mie opinioni a favore del merito, cosa ne pensassi. Gli studenti li tenevo in classe, riuscivo anche ad insegnare loro un po’ di fisica e dunque ero considerato un buon insegnante.

Un ricordo che ho di quel periodo riguarda l’assassinio di Calabresi. C’era grande disorientamento quando arrivò la notizia; pensammo ad una provocazione di Stato e io mi beccai del cagasotto da uno dei responsabili di Sesto di LC. Così, quando a distanza di anni saltò fuori la autoaccusa di Leonardo Marino che chiamava in causa Bompressi, Pietrostefani e Sofri non mi meravigliai più di tanto. D’altra parte Lotta Continua di Sesto, o almeno una sua componente, alimentò anche organizzazioni terroristiche successive.

gli impegni centrali in AO

Intanto ero sempre più assorbito dagli impegni negli organismi dirigenti nazionali. Seguivo tre commissioni nazionali e, per due di esse (questione cattolica e lavoro politico nelle forze armate), ero responsabile; l’altra era la commissione scuola.

Fui cooptato nel comitato centrale già alla fine del 72 e, nello stesso anno fui incaricato di redigere, per la rivista teorica della organizzazione (Avanguardia Operaia divenuta poi Politica Comunista), due saggi: uno sul lavoro politico nelle forze armate e l’altro su questione cattolica e questione democristana. Li potete trovare qui.

il saggio sul lavoro politico nelle forze armate

Il primo saggio era un misto di dati esperienziali e di approfondimenti teorici ripresi direttamente dagli articoli di Lenin che si trovano nelle opere complete. Avevo comperato i 45 volumi delle edizioni MIR Moscow, in francese, perchè erano rilegate e costavano solo 800 lire al volume contro il più del doppio di quelle degli Editori Riuniti. Negli articoli di Lenin, ovviamente assenti nelle varie edizioni delle Opere Scelte a cura degli Editori Riuniti, si trattava di questioni connesse al lavoro illegale, alla sua liceità e al modo di praticarlo.

Nel mio saggio, dopo i dati esperienziali e i riferimenti teorici, seguivano proposte di organizzazione e alla fine, in perfetto stile settario, invece di lavorare con Proletari in Divisa (i PiD messi in piedi da Lotta Continua) ci inventammo i CPA (comitati proletari antimilitaristi).

Ho riletto quel saggio nel 2020 e l’unica parte che salvo è quella non ideologica che descrive il funzionamento della macchina militare come strumento di condizionamento ideologico e di controllo delle masse giovanili. Nello stile di AO c’era anche tutta una parte di tipo documentario sul codice penale, sul regolamento di disciplina militare, sulle dichiarazioni reazionarie degli alti vertici militarii, sui rapporti tra esercito e ceto politico.

A partire dal 72/73 il sistema profondamente autoritario delle caserme, teso alla distruzione della personalità per garantirsi l’obbedienza cieca, entrò profondamente in crisi, perché nelle caserme entravano i giovani del dopo 68 che non tolleravano le regole insensate, l’autoritarismo forsennato e il nonnismo.

Ci furono lotte aspre, punizioni, repressione, ma anche vittorie. Inoltre, per effetto di quel lavoro, e della abitudine tipicamente leninista alla organizzazione e alla sicurezza, venimmo in possesso di materiale recuperato direttamente dai compagni che lavoravano nelle furerie o ai comandi di reggimento.

A chi si chiede se nel 73/74 ci siano stati o no tentativi para-golpisti, dico che la risposta è sì, ci furono. E’ un peccato che l’archivio riservato di AO sia scomparso ai tempi delle indagini  sull’omicidio Ramelli. Quello che venne rinvenuto dalla magistratura, a giudicare da quello che sono riuscito a capire leggendo le informazioni in rete, è probabilmente una parte di quel che c’era e potrebbe essere materiale interessante per gli storici.

il saggio sulla questione cattolica

La preparazione del lavoro sulla questione cattolica è stata per me l’occasione per imparare a scrivere sul serio: tecnica, capacità di documentazione, capacità di collegamento, capacità di sintesi, capacità di guardare avanti.

La proposta di occuparmi di questione cattolica venne direttamente da Aurelio Campi (che allora non si chiamava ancora così) con cui avevo lungamente fraternizzato negli ultimi due anni di Fisica.

Pranzavamo insieme, mi consigliava le letture, e poi, con Claudia, si facevano almeno un’ora di chiacchiere a ruota libera. Lì venivano fuori i miei trascorsi, la mia sensibilità, il non essere credente ma l’esserlo stato (e in maniera intensa), la conoscenza dell’humus della Brianza bianca.

Ne uscì un saggio di oltre 100 cartelle, pubblicato in due puntate, in cui si trattava di DC, di questione cattolica, di movimenti post conciliari, delle comunità di base e di cristiani per il socialismo.

Avanguardia Operaia stava diventando una organizzazione nazionale e da quelle due realtà cominciavano ad arrivare intellettuali che sceglievano AO. E’ così che è nata la commissione sui rapporti con il mondo cattolico; ricordo Rocco Cerrato di Bologna e Domenico Iervolino di Napoli. Quel lavoro è poi proseguito ai tempi di DP ma io ormai avevo scelto altri ambiti di impegno.

Nel 1974 ci fu anche il vittorioso referendum sul divorzio contro la accoppiata Fanfani-Almirante, cui AO partecipò in maniera combattiva con iniziative pubbliche, campagne di stampa ed alcuni manifesti curati dal vignettista Alfredo Chiappòri, nostro militante a Lecco . Il mio impegno con Cristiani per il Socialismo e con i Cattolici democratici di Pedrazzi e Gorrieri si accrebbe.

Mi ricordo, dopo la vittoria al referendum sul divorzio, la riunione nazionale dei cattolici che si erano impegnati per il no, un convegno di due giorni a Roma con il disorientamento di quelli che avevano esitato, come Piero Bassetti o altri esponenti della sinistra DC. C’erano Pierre Carniti e Bruno Trentin raggianti, e tanto esponenti di Cristiani per il Socialismo e delle Comunità di base.

segretario regionale

Intanto a Monza e Brianza eravamo arrivati a oltre 400 militanti e avevamo costituito la federazione sganciandoci da Milano perché, come insegna la storia, tra Monza e Milano non è mai corso buon sangue sin dai tempi della regina Teodolinda (diversità di mentalità e di senso della vita).

Sottolineo, a chi non ha vissuto quei momenti, che dire 400 militanti (tanti eravamo in Brianza) era molto di più che dire 400 iscritti. I militanti erano, a tutti gli effetti, dei rivoluzionari di professione che mettevano la politica e l’organizzazione al primo posto nelle loro scelte di vita.

AO si diede una doppia struttura regionale: la federazione di Milano con i suoi organismi e la Lombardia che raggruppava le sezioni e le federazioni delle altre province che, in ordine di peso numerico erano: Brianza, Saronno-Varese, Bergamo, Lecco-Sondrio, Brescia, Piacenza, Como, Cremona, Pavia.

Mantova, dove avevamo poca presenza fu raggruppata a Verona. Per ragioni rappresentative e dimensionali fui nominato segretario regionale. Monza, in quel momento era la federazione più grossa che avevamo a livello nazionale dopo Milano; così entrai a far parte, con gli altri segretari regionali, e con il gruppo dirigente milanese storico, dell’Ufficio Politico di Avanguardia Operaia.

Il direttivo regionale si riuniva una volta la settimana in via Vetere a Milano e, dopo che a novembre del 74 fui risucchiato dal Quotidiano dei Lavoratori, il mio posto fu preso, a Monza da Pietro Spotti, e nel regionale da Edo Ronchi di Bergamo (il futuro ministro dell’ambiente). Edo, più che uomo di governo, era uomo di lotta, ed è paradossale che proprio lui sia finito a fare il ministro.

Luigi Pinto sorridente e, nella immagine superiore, ferito a morte

la strage di Brescia

Era maggio e ci fu la strage di Brescia in cui rimasero uccisi, tra gli altri, due nostri militanti Giulietta Banzi e Luigi Pinto. Dal giorno successivo alla strage, sino al giorno dei funerali, feci la spola tra Monza e Brescia con la Aermacchi 350 che, nel frattempo, mi ero comperato dopo aver venduto una Fiat 500 che avevo appena acquistato. La sede era poco più di un buco lungo un viale della circonvallazione interna.

I funerali furono una cosa grandiosa. Organizzammo un treno speciale da porta Garibaldi; eravamo migliaia e, quando entrammo in piazza con il nostro striscione fu un boato di applausi e di slogan di incitamento.

Sulla figura di Pinto ho trovato questa bella e commovente ricostruzione che ne fece il Corriere nella edizione di Brescia: Luigi, l’insegnante giunto dalla Puglia che sognava di cambiare il mondo. Serve a capire chi eravamo e come eravamo: «Io non mi lamento. Il lavoro è una cosa seria, va fatta bene, con serietà». Diceva così, Luigi, al fratello Lorenzo.

La compagna più conosciuta era Giulietta Banzi : Giulietta, la rossa, la pasionaria che stava dalla parte dei ragazzi. Come scrissero i suoi studenti: “Strage di piazza Loggia: Giulietta Banzi, la prof che voleva cambiare il mondo
Sappiamo bene quali fossero l’intelligenza e la generosità della compagna Banzi, che abbiamo avuto a fianco in tutte le nostre lotte. […] Ha dedicato la sua vita al servizio degli umiliati e degli offesi, sacrificando senza risparmio le sue forze e il suo tempo in un impegno politico vissuto a parte intera. Viveva per la causa di chi è vittima”.

Riflettevo su questo aspetto della volontà di cambiare il mondo: fretta, passione e serietà. Eravamo fatti così. Se volete saperne di più, in occasione cinquantenario della strage ho cercato di fare il punto.

il IV congresso di AO

Sempre nel 1974 ci fu un altro evento epocale nella storia di AO, un evento del quale sono stato tra i protagonisti. Parlo del IV congresso che fu il primo a tenersi a Roma con delegati delle diverse federazioni che ormai coprivano tutta l’Italia.

Fu il primo con delle tesi congressuali vere e fu il primo in cui AO (che da allora si chiamò Organizzazione Comunista Avanguardia Operaia O.C.A.O.), cercò di dare un vero respiro nazionale alla propria azione politica uscendo dallo schema semplificato della lotta di classe, la fabbrica, la ristrutturazione, l’autoritarismo e così via.

Confrontandomi e ragionando con Aurelio ho scritto in buona misura la parte più politica di quelle tesi e mi sono sentito impegnato davvero nel processo di costruzione di una cosa nuova per la sinistra italiana. Aurelio Campi fu eletto segretario nazionale e i nuovi organismi dirigenti furono eletti in quel congresso.

Al fianco di Aurelio c’erano Luigi Vinci che seguiva la organizzazione sul piano nazionale, oltre che svolgere il ruolo di custode della ortodossia e Massimo Gorla che curava i rapporti internazionali. Nel 1975 ci demmo una struttura di segreteria Nazionale in cui entrarono, accanto ai tre citati che continuarono a formare una specie di super-segreteria, Claudia Sorlini (che seguiva il sociale), Franco Calamida (fabbriche), Francesco Forcolini (organizzazione), Giovanni Lanzone (scuola), Vincenzo Vita (cultura e circoli La Comune) e io (QdL). Ma della segreteria e del suo funzionamento si tratterà in un altro capitolo.

le vacanze, non solo politica

Gli anni a Monza furono anche gli anni delle vacanze in campeggio che vi racconto partendo dalla fine.

1974 Jugoslavia

Nel 1974 feci una splendida vacanza in Jugoslavia prima nella zona della penisola di Makarska, e poi verso Dubrovnik.

Da Trieste in poi siamo scesi lungo la costa senza una meta precisa. Abbiamo passato Fiume, Zara e Sebenico con ancora ben visibili gli elementi della civiltà dalmato-veneziana. Lo stesso si poteva dire per Dubrovnik (l’antica Ragusa). Le città della Dalmazia le abbiamo visitate sul ritorno.

Eravamo in due coppie, io e Bruna, Mariarosa Mariani e Gabriele Grimoldi (che lavorava alla Delchi). Ci vedevamo spesso la domenica perché loro si erano fatti una bella casa con terreno nelle campagne di Missagliola e così progettammo la vacanza estiva con una bella tenda con due camere, cucina e veranda neo acquisto da Bertoni. Le loro strade nel tempo si sono divise.

La Jugoslavia allora era abbastanza sgombra dal turismo di massa e alla portata di due categorie di clienti, la sinistra militante e i padroni degli yacht di lusso, ma tra le due categorie non c’era un grande scambio comunicativo.

Il paese di Tito ci apparve come un paese molto povero e con una economia di sussistenza. Compravamo il pesce e la carne in un villaggio lungo la costa abbastanza lontano dal campeggio per via delle strade non proprio dirette. La carne veniva tagliata al momento dai quarti appesi ai ganci, il pesce si prendeva direttamente dai pescatori e ci si intendeva a gesti. Per quasi tutta la vacanza la verdura fu costituita da peperoni gialli delle dimensioni di una piccola mela che costavano l’equivalente di 40 lire al chilo.

La frutta (fichi, pesche e albicocche) si coglieva direttamente dagli alberi del campeggio (ricavato in un frutteto). Unico problema era quello del rinfrescamento dell’acqua; vedemmo per la prima volta uno di quei grandi frigoriferi da esterno a loculi. Di giorno tra sole battente e aperture degli sportelli i loculi erano praticamente a temperatura ambiente e bisognava ricordarsi di riempire il proprio loculo la sera per ottenere un minimo di raffreddamento.

Le strade erano molto disagevoli e pericolose, compresa la litoranea. Ogni tanto a bordo strada si vedeva qualche motociclista a cui era andata male. Gli Jugoslavi avevano quasi tutti macchine Fiat ma, rispetto a noi, non c’erano i gommisti e neanche le pompe dell’aria compressa ai distributori. Le gomme se le riparavano da soli e poi le gonfiavano con le pompe a stantuffo di quelle che da noi si usavano per le bici.

A Dubrovnik ci siamo commossi vedendo un impianto di condizionamento della Delchi di Villasanta. Prima di tornare in Italia abbiamo comunque fatto l’esperienza dei Ćevapčići (salsicce molto pepate) e dei Ražnjići (polpettine di carne) oltre che del caffè turco preparato al momento per ebollizione nei caratteristici pentolini monodose di ottone stagnato.

1973 Sicilia

La vacanza del 73 fu nella seconda metà di agosto perché nella prima parte del mese io rimasi a presidiare la federazione di  Milano. Tutti erano in ferie ma come ogni anno si tenne la manifestazione per i morti di piazzale Loreto.

Era l’anno del colera e andammo in Sicilia, a Forza d’Agrò nella casa prestata da una infermiera originaria di lì e amica di Bruna. Forza d’Agrò si trova a metà collina tra Messina e Taormina. Il viaggio, memori della esperienza dell’anno precedente di cui si tratterà tra breve, fu fatto in due tappe con sosta a Frosinone in una piazzuola dell’autostrada per dormire un po’.

il castello normanno di Forza d’Agrò

A Forza d’Agrò visitammo l’antico castello normanno adibito a cimitero con le tombe sostanzialmente a secco per la difficoltà nello scavare. Ogni tanto si vedevano tibie e teschi tra le pietre delle tombe. A parte le condizioni precarie che sono aumentate, si trova ancora in quello stato

In Sicilia i bar disinfettavano tutto passando i bicchieri con grandi fette di limone; sui tetti delle case di Forza d’Agrò c’erano fichi e pomodori messi ad essiccare. Per via del colera non si trovava pesce fresco e ci nutrimmo di pesce surgelato.

Al mare andavamo appena sotto il paese ma visitammo Taormina, le gole dell’Alcantara, l’Etna e le valle laterali con i segni delle colate laviche, i monti Peloritani che mi colpirono per la grande differenza di vegetazione sui due versanti. Per non farmi mancare nulla mi si infettò un molare cariato e così ebbi modo di sperimentare i dentisti isolani andando per qualche giorno a Letojanni.

1972 Calabria

Nell’estate del 72 vacanza, sempre in campeggio, ma questa volta a Isola Capo Rizzuto, per la precisione a Le Castella (il rudere che si vede in Brancaleone alle Crociate). La nostra 127 verse oliva era praticamente nuova e commettemmo l’imprudenza di fare una tirata unica da Monza.

la nostra 127 con cui siamo andati anche in Sicilia e in Jugoslavia

Verso mezzanotte, nel tratto tra Lauria e Lagonegro, guidava Bruna, che mi aveva dato il cambio da poco, e io dormivo dopo aver abbassato lo schienale lato passeggero.

Mi sono svegliato di soprassalto con la macchina che saltellava, si inclinava e infine si fermava. Anche Bruna si era addormentata con in mano il volante. La macchina aveva proseguito diritto, piegando lentamente a destra, e dopo aver superato la banchina eravamo finiti dentro un cuneo di delimitazione stradale tra la banchina e una parete di cemento armato.

Per fortuna chi ci seguiva aveva visto la scena, si è fermato, ha preso atto che, a parte lo choc, eravamo sani e salvi, ma dentro un fosso e con la ruota anteriore destra che era esplosa. E’ ripartito dichiarando che avrebbe chiamato i soccorsi appena giunto a Lauria.

In effetti, dopo un paio d’ore è arrivato un carro attrezzi da Lagonegro, il meccanico ha visto che la situazione era sanabile, ha agganciato la 127 con noi dentro e ci ha trainato sino a Lagonegro. Una volta arrivato, vista l’ora, non ci ha proposto nulla, ci ha lasciati semisospesi davanti alla officina (così si evitava che scappassimo) e se ne è andato a casa a dormire dopo averci detto che ci si rivedeva la mattina dopo. Così è stato e, pur se con un giorno di ritardo, anche quella vacanza è incominciata.

Dal punto di vista gastronomico i ricordi principali riguardano il capocollo stagionato con il peperoncino e legato con frammenti di canne di bambù per tenerlo diritto; anche la ‘nduja e la pancetta, ma il capocollo era impagabile

Le Castella oggi

Allora a Le Castella non c’era quasi nulla oltre al campeggio e ad un cenno di paesino. La visione che se ne ha oggi da Google Earth, tra porto e insediamenti è impressionante.

Il campeggio era nel vallone di una fiumara e tempo fa, in un servizio del telegiornale, ho visto che è stato mezzo spazzato via da una alluvione dopo un potente acquazzone (erano passati 40 anni da quando c’ero stato io ed era tutto come prima).

Approfittammo della vacanza per visitare un po’ di Calabria e in particolare la zona della Sila. Strade piene di curve che non finivano mai. All’improvviso boschi di abeti, non sembrava di essere all’estremo sud e per la strada era pieno di ragazzi con panieri di vimini che ti offrivano i porcini a 1’000 lire al chilo.

Altri tempi


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