Il capitale umano – Paolo Virzì
Il capitale umano (2013) è in prima visione da qualche giorno e si è subito scatenata la polemica perché la destra più becera, brianzola e non, si è sentita offesa e umiliata. Ben gli sta, anche se il film (in termini di ambientazione) non parla della Brianza ma semmai della zona del comasco-varesotto (la Prealpina non è il giornale di Monza, che non ha un giornale e neanche di Como, che ha la Provincia, ma del Varesotto).
Il titolo viene dal diritto assicurativo e lo scopriamo alla fine: il capitale umano è il valore di un uomo calcolato in base all'età, allo status sociale, alle aspettative di vita. In questo caso, quanto vale la vita di un oscuro ciclista che torna dal lavoro e viene investito da un SUV.
La vicenda si svolge in un paese fittizio (Ornate, finiscono in -ate i toponimi di origine longobarda) e racconta di due famiglie quella di Giovanni Bernaschii, finanziere d'assalto e di Dino Ossola immobiliarista desideroso di emergere, a tutti i costi.
Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni) si occupa di speculazioni ad alto livello e vive tra viaggi all'estero, riunioni d'affari, decisionismo. "Abbiamo scommesso sulla rovina di questo paese e abbiamo vinto". Ha una bella moglie di rappresentanza Carla (Valeria Bruni Tedeschi) con un passato di attrice di teatro (come chi, non mi ricordo) che fa la moglie ma ha qualche pruderie intellettuale (restaurare un teatro semiabbandonato e mettere in piedi una stagione teatrale permanente). Ha un figlio Massimiliano (Guglielmo Pinelli) cresciuto tra la noia, il bengodi e l'alcool, come avviene in questi casi. Vive in un mondo più grande di lui e nel quale basta chiedere per avere.
Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio, che sembra Giacomino di Aldo Giovanni e Giacomo) vorrebbe fare il salto di classe da piccolo immobiliarista al mondo della finanza. Si fa prestare 600 mila euro e li mette nelle mani di Giovanni che gli ha promesso rendimenti del 40%. "Ci siamo giocati tutto, anche il futuro dei nostri figli". Ma oltre al denaro ha in mente la cena allo sporting al tavolo dei potenti, la partita a tennis con i grandi e infatti finisce per tradire la figlia e fare il ricattatore nei confronti di mamma Carla per rifarsi dell'investimento andato male. Dino ha una figlia Serena (Matilde Gioli) già fidanzata di Massimiliano. "Per farvi contenti sono stata cinque anni in una scuola che odio". Non lo regge per quello che è e per il mondo in cui vive. Gira in moto, odia il SUV con gli interni in pelle di Massimiliano e si innamora di uno sballone Luca Ambrosini sottoposto a una terapia psichiatrico-riabilitativa obbligatoria per una vicenda di droga in cui ha coperto lo zio con cui vive. Luca è in terapia da Roberta (Valeria Golino) la compagna di Dino da cui aspetta due gemelli e che fa la psichiatra in una struttura pubblica (come sottolinea orgogliosamente in una di quelle chiacchiere insulse che fanno i neoricchi a cena).
Il film, dal punto di vista della trama ruota intorno all'investimento notturno di un ciclista, la viglia di Natale e si svolge, dopo l'investimento, in una serie di quadri (capitoli) in cui si va avanti e indietro nel tempo per seguire le dinamiche psicologiche e comportamentali dei personaggi che sono il nocciolo della vicenda.
Paolo Virzì ha affrontato il mondo dell'altra parte, quello della speculazione affaristica, del mondo patinato, delle mogli di rappresentanza, delle scuole cattoliche private frequentate dai giovani rampolli (e queste ci sono a Monza a Como e a Varese), della piccola borghesia vigliacca che cerca di emergere, costi quel che costi.
Ne esce un ritratto assolutamente impietoso di una Italia che esiste e che, in parte, ha governato questo paese; in questa Italia gli uomini ci fanno una autentica figura di merda, mentre sono le donne ad uscirne bene e a dare qualche speranza.
Ci sono ovviamente le sfaccettature: gli uomini non sono tutti uguali; Dino è il peggiore; Giovanni, per quanto odioso, ha i suoi prìncipi, Massimiliano è una vittima mentre Luca è un minorenne già stritolato dalla sua condizione sociale e un po' border-line (ne ho conosciuto uno quasi identico, tanti anni fa, quando insegnavo in uno dei licei di Monza).
Le donne non sono tutte uguali: Carla, un po' soffre e un po' galleggia, Roberta non si capisce perché stia con Dino ma è orgogliosa del suo lavoro e guarda con un certo disprezzo al mondo patinato a cui il suo uomo punta e poi c'è Serena, tutta spontaneità e gioia di vivere.
Il film merita decisamente; ha suscitato polemiche a destra perché, nella babele del berlusconismo e del post-berlusconismo che ha intaccato gli stili di vita degli Italiani, non siamo più abituati a pensare che il marcio negli stili e nei modelli di vita possa esistere. Per il resto, lo ripeto, la Brianza non c'entra; quel mondo esiste anche in Brianza come esiste in tutto il nord; ma il nord non è quella roba lì. Per fortuna.
Il mio voto: 9.5