autismo a Mugnano (NA)

La notizia l’ha data per primo Il Mattino di Napoli ed è stata poi ripresa dalla stampa nazionale e dalle TV: in una delle scuole elementari di Mugnano sei genitori, di una prima elementare, hanno chiesto ed ottenuto il nulla osta per spostare i loro figli altrove. Motivazione la Dirigente Scolastica non li aveva assecondati nella richiesta di spostamento di classe avanzata per evitare che si ritrovassero in classe un bimbo autistico con cui, alcuni di loro, avevano già convissuto alla materna.

La DS ha dichiarato:

  • di essere stata fatta oggetto di pressioni politiche;
  • che nella scuola da lei diretta i casi di autismo sarebbero 52 (ma le fonti giornalistiche sono tra loro in contrasto e forse ha considerato l’insieme di tutti i casi di handicap grave).

Per quanto riguarda le pressioni politiche ha fatto anche il nome di un consigliere comunale (già di Rifondazione) e ora eletto in una lista civica di appoggio al Sindaco oltre che da parte di altri funzionari comunali facenti parte dello staff del Sindaco; quest’ultimo si chiama fuori e dichiara che prenderà provvedimenti mentre invita il consigliere a dimettersi; il PD dichiara che ci sono di mezzo personalità note e che tutti conoscono (ma non le nomina) e invita il Sindaco a dimettersi.

Naturalmente sono intervenuti il Direttore regionale dell’Istruzione, il Ministro Carrozza e anche il ministro Lorenzini (Sanità). C’è un profluvio di dichiarazioni all’insegna del politicamente corretto e, la cosa mi ha colpito, non viene mai riportato il punto di vista di chi ha chiesto il nulla osta. Bisogna includere, la presenza della diversità è un momento di arricchimento, se ci sarà bisogno si darà qualche insegnante in più, …

La seconda considerazione riguarda quel numero (52) che mi pare decisamente alto e mi interpella rispetto a due questioni: il ruolo delle famiglie nei processi di crescita dei bambini (ci sei o non ci sei?), la comodità, complici le commissioni mediche, nell’ottenere certificazioni di invalidità che danno molti diritti in più rispetto ai semplici disagi comportamentali o di apprendimento.

Personalmente sono venuto in contatto con il problema dell’autismo prima vedendo il lavoro di mio genero (istruttore di nuoto) con alcuni casi alla piscina di Colle e poi, due anni fa quando Giusy Marchetta, autrice de L’Iguana non vuole  è venuta a presentare il suo libro al Bandini nell’ambito di Leggere è volare. Prima ho sentito lei raccontare la sua esperienza di insegnante di sostegno a Torino e poi ho letto il libro.

Dalla lettura di libri come questo, così come di quelli dedicati alle forme di dislessia grave, esco sempre frastornato, conscio del fatto che bisogna fare di più, ma anche consapevole del fatto che quelli che cedono, quelli che non se la sentono, un po’ di ragione ce l’hanno. Nella attuale debolezza dell’intervento di sostegno c’è sempre poco o tanto che non funziona.

E’ una battaglia da eroi, di quelle in cui non si tratta di risolvere, ma semmai di contenere, di accettare e per i genitori amare.

Rispetto a due anni fa il tema dell’autismo è uscito dal dibattito tra specialisti anche grazie al giornalista di Radio24 GianLuca Nicoletti (il conduttore di Melog) che ha deciso di rendere pubblica in Una notte ho sognato che parlavi la sua esperienza di vita con il figlio autistico, ormai grande e che si è portato anche nelle trasmissioni televisive. Nicoletti se ne sta occupando full-time e trovate sul suo blog il racconto della vita di un padre alle prese con un figlio autistico che diventa grande. Questa estate se l’è portato a fare un trekking a cavallo in Umbria.

Tornando alla scuola, oltre alle tante cose che non funzionano, legate alla difficoltà degli insegnanti nel fare più cose contemporaneamente e alle ristrettezze nelle risorse, c’è il problema del come riuscire a tradurre in pratica l’idea che l’insegnante di sostegno non fa il sostegno al disabile, ma fa il sostegno alla classe e che il titolare del progetto didattico è il docente e non l’insegnante di sostegno. Forse lo sanno a malapena le famiglie che però nella scuola trovano in primo luogo una occasione per tirare il fiato qualche ora al giorno e, come racconta molto bene Giusi Marchetta, il rapporto tra docente di sostegno e docenti curriculari, spesso, non è dei migliori.

Qualche citazione dai due libri che ho citato.

Giusi Marchetta:


Appena è entrato in classe ho capito che qualcosa non andava.
Più del solito.
«Buongiorno Andrea.»
Lui non ha risposto.
«Tutto bene, Riccardi?» ha fatto Miranda dalla cattedra.
Lui si è afferrato i capelli.
«Nessuno parla!»
La classe si è immobilizzata: bocche chiuse, mani sul banco.
«Ok» ho detto. «Vieni, siediti.»
Riccardi ha scrollato le spalle poi si è lanciato sulla sedia: ha appoggiato i gomiti sul banco, si è stretto la testa tra le mani.
Ho tirato subito fuori il libro di epica come un talismano.
«Andrea, questa cosa ti piacerà: è la storia di un mostro, un gigante.»
Lui non mi ha ascoltato: ha stretto i pugni ancora di più.
Ho fatto un passo indietro, gli ho dato spazio.
Miranda ha smesso di scrivere alla lavagna. Ha aspettato che mi dessi una mossa.
«Andrea, non stiamo qui. Usciamo un po’.»
Lui ha cercato la mia mano, l’ha stretta. Poi si è alzato, è corso alla porta.
«Aspetta Riccardi, aspetta!»
Mi aspettavo che si precipitasse in aula sostegno, invece è arrivato alla porta dei bagni, c’è andato contro con il palmo delle mani. Ha provato la solita scalata. È ricaduto a terra.
«Cristo!» ha urlato.
L’ho raggiunto.
«Andrea.»
Riccardi si è chinato, le braccia tese contro la parete, la testa giù.
Ho allungato una mano e l’ho messa accanto alla sua.
«Non è colpa tua. Non ci riesce nessuno. È il muro. Vedi? È scivoloso.»
Lui è rimasto zitto.
Il braccio alzato ha cominciato a pesarmi: la parete si faceva più liscia ogni minuto, per vendicarsi. Andrea, è colpa di Spiderman. Lo guardi volteggiare tra i palazzi e pensi che sia facile, naturale. Ma lui ha le ragnatele, per questo ce la fa.
Noi non abbiamo niente.

Qualche collega si è affacciato sul corridoio, ci ha visti così: due pazzi che reggono un muro, gli impediscono di crollare, oppure cercano di abbatterlo e non ci riescono.


Gian Luca Nicoletti

Un figlio autistico è un fantastico rivelatore di umanità grottesca. Di fronte a Tommy cade la maschera. Portandomelo dietro per uffici mi accorgo subito di chi esiste unicamente per il ruolo che occupa e nonostante la propria inconsistenza.

«Scusi se non prendo il foglio in mano, ma mi sono appena messa la crema…» Me lo disse una dottoressa, medico legale dell’Asl, mentre mi rifiutava il permesso di parcheggio per disabile. Tommy è un toro, chiaro che cammina con le sue gambe, ma non può fare un centimetro di strada se non ha qualcuno accanto. Ogni tanto decide di piantarsi e non lo muove nemmeno un’autogrù; idem se prende a correre, è difficile trattenerlo; nel caso malaugurato in cui avesse un attacco epilettico poi… Inutile spiegarlo alla dottoressa che si stava dando la crema, dovrò metterci un avvocato, far casino, ricorrere al Tar.


Dunque le sue cassette furono messe negli scatoloni, lasciandone fuori alcune che avremmo portato con noi in vacanza. Quando tornammo, a lavori finiti, tutti gli scatoloni furono riportati a casa e ricordo che erano talmente tanti da formare una muraglia di cartoni bianchi che occupava metà del salotto. Non avevamo fretta di aprirli, per ovvi tempi di adattamento alla nuova casa ristrutturata, Tommy però non poteva aspettare e reclamava una cassetta in particolare, mi pare fosse Il gobbo di Notre Dame o qualcosa di simile. Attaccò a fare la sua richiesta con quella martellante insistenza che lui solo sa applicare con somma maestria, come fosse un massaggio di carta vetrata ai nostri nervi più sensibili. Provai a fargli capire in qualche maniera che quella cassetta era stata messa a caso in uno di quegli scatoloni che avevamo davanti, e avrebbe dovuto aspettare che li aprissimo tutti per averla. Lui sembrava invece molto deciso e ci indicava una scatola, assolutamente identica alle altre, posta a metà della pila di quelle accatastate contro il muro.
Siccome la sua insistenza stava diventando insopportabile, decisi di arrampicarmi con una scaletta e lentamente cercare di estrarre quello scatolone dal mucchio, tanto per accontentarlo e sperare che la finisse. Com’è facile immaginare a questo punto, naturalmente quella scatola conteneva, assieme agli oggetti più disparati, anche la cassetta che Tommy cercava.
Ho raccontato per anni questo episodio quasi come un’esperienza paranormale, proprio perché come tale l’avvertii allora. Anche se la spiegazione razionale era semplicissima: Tommy aveva mentalmente fotografato il momento in cui qualcuno aveva messo la cassetta nello scatolone. Ed erano state memorizzate anche le impercettibili differenze che segnalavano quella scatola tra decine e decine di altre, ai miei occhi assolutamente identiche. Ci saranno state magari una piccola piega del nastro adesivo o un’irregolarità del cartone, per noi invisibili, ma per lui capaci di dare un’identità a ognuna di esse.