Il procuratore – Andrea Vitali
Il procuratore (1990) è il romanzo d'esordio dello scrittore di Bellano (LC). Come molti dei suoi romanzi è ambientato in epoca fascista, ma sarebbe meglio dire negli anni 30/40 perché il fascismo è un accidens e ciò che conta è il costume, il modo di vivere e di pensare di quella gente che abita quel ramo di lago di Como.
In ognuno dei suoi romanzi trovo un ricordo, un modo di essere, una abitudine che mi rimandano diritto alla mia infanzia. In effetti i costumi della Brianza monzese, del lecchese e della Valtellina non sono molto cambiati dal periodo fascista agli anni 50 e 60. Così ci ritrovo "riso e prezzemolo", il "pantrito", la cultura della operosità, l'andare in montagna e il lago con i suoi venti, le abitudini.
Marco Perini è il figlio, nato tardi, di una coppia di anziani droghieri di Bellano e ha in mente ben altro di dedicarsi alla vendita delle spezie e del sapone.
A quattordici anni offrì la prima dimostrazione di quello che era. Accadde il giorno della Festa degli Alberi. C'era da fare una consegna in casa del direttore didattico. Marco insistè perché il servizio gli venisse affidato. Sapeva infatti di trovar sola Licia, la generosa servotta di casa, poiché il direttore, con la moglie e la figlia Adelina, presenziava alla festa. Non poteva prevedere il leggero malore che colse Adelina, da poco dimessa dal sanatorio di Pineta di Sartenna, e che obbligò la madre a riaccompagnarla a casa subito dopo il discorso del padre. Madre e figlia sorpresero la serva completamente nuda e il Perini con i pantaloni alle caviglie mentre tentavano una copula nel corridoio. Adelina svenne. Le grida della madre fecero accorrere tutto il caseggiato. Ne conseguì uno scandalo di cui il parroco fece parola nell'omelia domenicale.
Marco Perini nella vita farà il procuratore, il procuratore di donne: nelle città ma anche a domicilio su per il lago.
Ritorna a Bellano perché c'è da gestire l'eredità e quasi si innamora di Deilde, la figlia di Zita, la prima e più importante delle sue donnine.
Dopo aver servito il brasato, Quintini si sedette al banco della ricezione. Dai due commensali gli giungeva solo un sommesso chiacchierio. Appoggiò il mento al banco, le palpebre gli si fecero pesanti. Guardò un'ultima volta l'uomo che parlava agitando la forchetta.
"Non credete che sia ora di svelarmi il motivo del vostro invito?" chiese Deilde.
"Puoi chiamarmi Marco."
"Darvi del tu quando ancora non vi conosco? Sarebbe indelicato."
"Non vedo la difficoltà…"
"Oh lo so, lo so…"
"Cosa sai?" chiese il Perini.
"Che voi… che tu… non vai tanto per il sottile!"
"Ma cosa vai a pensare!"
"Be'", esitò Deilde, "l'invito un po' brusco di questa sera è una prova."
"Ma tu lo conosci il mondo?"
"E com'è il mondo?"
"Bello. Grande. Vario. Tu Ilde non ti sei mai mossa da qui?"
"No, mai! Qui ho tutto quello che mi serve."
"Ti sembra. Non sai cosa può offrirti la vita!"
"Posso recuperare il tempo perduto."
"Ma ti ci vuole una guida."
Deilde sorrise, allungando lei, questa volta, una mano sul tavolo.
"Qualcuno che abbia esperienza, vero?"
Il Perini soppesò un istante il tono della ragazza, poi commentò:
"Una ragazza deve avere un uomo che la protegga!"
"Giusto", esclamò Deilde. "Anche mia madre lo dice sempre. Un padre, per esempio. E, se non c'è un padre, un marito…"
"Hai qualche corteggiatore?" chiese Marco.
"Ne spunta uno al giorno!"
"E, di questi corteggiatori, ce n'è qualcuno che ti sta a cuore?"
Deilde si limitò a spalancare gli occhi, come se meditasse indecisa.
"Non c'è molto da scegliere, eh?" la incalzò il Perini.
"È vero, per le altre! Io, ormai…"
"Ormai…"
"La mia dose di fortuna l'ho avuta."
Il Perini picchiò il tacco per terra.
"Aver fortuna, in un paese come questo, vuol dire al massimo sposare il medico condotto."
"Fuochino", lo stuzzicò Ilde.
"Il figlio del farmacista?"
"Fuochino."
Il Perini riflettè un momento. Poi spalancò la bocca.
"Il notaio Dellera!"
Deilde rise, piena d'allegria.
"Fuoco!"
Il Perini scosse la testa.
"E tu saresti disposta a passare tutta la tua vita qui, a fare la moglie di un notaio dai gusti sedentari? Non c'è nient'altro che ti piacerebbe fare?"
Deilde eresse il capo e Marco ne ammirò lo splendido collo che le dava un'aria regale.
"Di una cosa sono sicura", disse la ragazza. "Non voglio fare la puttana, papà!"
Il procuratore non è il più bello dei romanzi di Vitali, ma è il primo ed è inconsueta la scelta del tema. D'altra parte, ci ricorda Vitali, la ispirazione gliela diede il papà con i suoui racconti di guerra e fu grazie ad essi che il giovane Andrea scoprì che se non avrebbe potuto fare il giornalista poteva diventare uno scrittore. Da allora continua a sfornare un romanzo all'anno, uno più bell'altro. Ma quante storie ha da raccontare il lago.
Al casinò di Campione, un giorno Perini incrociò il Pedretti, invecchiato ma sempre curioso, che gli chiese se esercitasse ancora il mestiere di procuratore.
"No", rispose Marco. "Adesso mi occupo di uomini: di ebrei e antifascisti, li aiuto a espatriare."
"Con l'assistenza di chi?"
"Di amiche e amici comaschi."
"Anche di Bellano?"
"A Bellano lavora per noi Quintini."
E, mentre il Pedretti si allontanava, appagato e disinteressato, al braccio di una bionda in pelliccia, Marco pensò che le guerre non solo ti impongono di cambiare vita: ti costringono anche a cambiare testa.
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