Acciaio – Silvia Avallone
Il romanzo ha avuto un grande successo in Italia ed è stato molto tradotto anche all'estero. Il film è stato presentato l'anno scorso alla mostra di Venezia e non ha certamente bissato il successo del romanzo.
Il libro l'ho letto l'estate scorsa ed ho atteso di vedere la traduzione cinematografica per la recensione. Un otto quasi nove al romanzo un cinque scarso al film. La sequenza che ho seguito (dopo un anno dalla prima lettura) è stata la seguente: visione del flm, rilettura del romanzo, nuova visione del film.
La delusione deriva dal fatto che nel film di Mordini c'è meno del 30% di quello che si ritrova nel romanzo e quello che c'è è anche adattato alle esigenze della fiction. Dunque sul film non dirò altro perché, a parte il valore delle immagini della fabbrica e del contorno, è stata ritagliata una sceneggiatura semplificata con due storie: il rapporto tra Anna e Francesca e l'amore impossibile tra il bell'Alessio e la bella e ricca e laureata Elena.
La lettura del libro era stata una felice sorpresa e mi spiace che in una intervista al Corriere Silvia Avallone (laureata in filosofia e poi in lettere) abbia dichiarato che le sarebbe piaciuto insegnare ma che ha dovuto cedere le armi (un altra delle tragedie del nostro sistema di istruzione molto bravo a respingere i bravi o a farli cedere per mancanza di prospettive).
Siamo a Piombino nell'estate del 2001 e nella immaginaria via Stalingrado ci sono le case comunali per gli operai della acciaieria, già ILVA e ora Lucchini (e presto deserto). Nel romanzo Piombino non c'è: c'è l'acciaieria dove si fanno le rotaie migliori del mondo, c'è il blocco delle scuole, c'è la grande area dismessa in riva al mare residuo di quando i dipendenti erano 20 mila con i gatti e lo squallore delle aree degradate, c'è l'Elba di fronte dove vanno i milanesi con il traghetto ma che, per quelli di Piombino, resta un sogno, c'è via Stalingrado dove si vive sul ritmo della fabbrica, c'è la cocaina che non è un vizio dei ricchi, ci sono i locali come il Gilda di Follonica dove si va a vedere o comperare il sesso.
Le protagoniste sono due ragazzine che hanno finito la III media: Anna e Francesca.
Anna Sorrentino ama lo studio, si iscriverà al classico, ha un fratello (Alessio) che fa l'operaio alla Lucchini dove manovra i grandi carri-ponte che spostano le siviere piene di acciaio fuso, Sandra una madre casalinga e politicamente impegnata (tra Rifondazione e il femminismo) e Arturo un padre scappato dalla Lucchini per non essere licenziato (dove rubava il gasolio per arrotondare) che ama la bella vita e che vive sognando il successo ma praticando la malavita (falsari, droga, contrabbando).
Francesca Morganti, a differenza che nel film è bionda; è alta, introversa e cerca di resistere alle angherie di Enrico un padre padrone gelosissimo che la vuole controllare senza riuscirci ma in compenso la opprime e la mena; poi c'è Rosa la madre che vorrebbe difendere la figlia ma non ce la a e si porta dietro tutti i retaggi di sottomissione della donna che viene dal Sud, fa la serva e non osa.
Intorno ai due nuclei famigliari ci sono:
- Cristiano e Mattia; Cristiano fissato con il Gilda, ha avuto un figlio da Jenifer, un ragazzo padre che non cresce; Mattia che ricompare all'improvviso dopo un periodo fuori dall'Italia per scappare dagli effetti di una rapina finita male; Mattia che si innamora, ricambiato di Anna, che va a lavorare alla Lucchini e che, sotto l'effetto della cocaina, a fine romanzo investe e spappola sotto il muletto Alessio.
- Lisa e Donata: Lisa è la secchiona racchia, coetanea di Anna e Francesca che la snobbano; viene recuperata da Francesca, come si recupera uno straccio, per vendicarsi di Anna che ha scelto Mattia invece di lei. Lisa esprime tutte le frustrazioni del suo "insuccesso" fisico e sociale e quando osa affermare che le piacerebbe portare un po' più in giro la sorella Donata che sta morendo di SLA si sente rispondere da Francesca con totale anafettività.
(…)
La storia tra Mattia e Anna mette in crisi il rapporto di amicizia adolescenziale tra Anna e Francesca. Francesca forse è lesbica è certamernte gelosa della comparsa di Mattia. Tra Anna che la tradisce ed Enrico che la mena e le impedisce di andare a scuola Francesca finisce per fare l'esperienza del Gilda mentre sogna un casting a canale 5.
Il mondo non è tutto rosso o tutto nero:
- Alessio è iscritto alla FIOM, ha un forte senso di solidarietà di classe ma vota Forza Italia. Alessio si fa regolarmente di cocaina, per resistere ai ritmi della acciaieria, disprezza il padre che gli propone l'arricchimento facile, fa il capofamiglia ma vuoi per la cocacina, vuoi per mettere qualche soldo da parte, va a rubare il rame sulle linee dismesse della acciaeria.
- Sandra vorrebbe divorziare, fa i volantinaggi, non ne può più di Arturo, ma quando Arturo ricompare tra una fuga e l'altra non sa resistere all'anello con il diamante e lo stesso fa Alessio che si ritrova una Golf in regalo.
- Rosa e Francesca non ne possono più di Enrico; dopo un ennesimo litigio Rosa si accorda con Sandra per andare dai carabinieri, ma poi non se ne fa nulla. Anzi, dopo che per effetto di un incidente in motorino, Enrico sviluppa una patologia psichiatrica che lo porta all'inedia più totale sarà Francesca ad accudire il suo aguzzino.
Il vecchio ordine della citta operaia, del partito comunista è andato in pezzi: c'è la droga, ci sono i rapporti maschilisti dentro la famiglia, c'è il sesso che compare non più a 18 o a 16 anni ma le esperienze si fanno a 14, senza capire bene cosa accade con il sesso mescolato alle fiabe e alle avventure adolescenziali.
citazioni
La mora e la bionda. Loro due, sempre e solo loro due. Quando uscivano dall'acqua si tenevano per mano come i fidanzati. E al bagno del bar entravano insieme. Sfilavano su e giù per la spiaggia, voltandosi prima una poi l'altra quando ricevevano un apprezzamento. Te la facevano pesare, la loro bellezza. La usavano con violenza. E se Anna, ogni tanto, ti salutava anche se eri sfigata, Francesca non salutava mai, non sorrideva mai. Tranne ad Anna.(…)
La finestra è aperta. Si sono chiuse a chiave nel bagno. Lo fanno ogni lunedì mattina, d'estate, quando è finita la scuola e tutti sono al lavoro. Tirano su la tapparella, scostano la tenda. Restano seminude al centro della stanza. E nel palazzo di fronte sono a casa solo i pensionati e i fancazzisti.
Si sono truccate il viso, esagerando. Il rossetto sbava fuori dai contorni, il rimmel cola per il caldo e impiastra le ciglia, ma a loro non importa. Questo è il loro piccolo carnevale privato, la provocazione da lanciare fuori dalla finestra. In fondo lo sanno che qualcuno potrebbe anche spiarle e sbottonarsi i pantaloni.(…)
Un gatto. Uno di quegli aggeggi pelosi, senza coda, senza orecchie. Una di quelle bestie di merda con gli occhi pieni di cataratte, che vivono nelle tubature, sotto i capannoni, e a volte, a forza di stare dentro il veleno, nascono senza una zampa. Un gatto. Solo che il rigagnolo rosso si stava espandendo, formava una pozza sotto il sole cocente.
«Sposta il mulo, per favore» la voce sgozzata del collega.
Mattia, senza dire una parola, salì sul mulo, lo accese, fece marcia indietro.
Ridiscese. Un gatto quando si spappola non rilascia tanto sangue. Una suola. Qualcosa come: una scarpa umana. E filigrana riarsa di capelli.
Vide tutta quella roba informe. Non riusciva davvero a capire. Vide il suo collega sbiancare, cominciare a guardarsi intorno, cominciare a chiamare: «Alessio! Alessiooo!». Dietro, davanti al capannone. «Ale, Alessiooo!» Telefonare al caporeparto. Tornare indietro, tornare da lui che era in piedi, impalato, accanto al mulo. Dire: «Dio mio».(…)
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