Italiani brava gente: meglio fottere e chiaggnere
Ci ho pensato su e alla fine questo mi è sembrato il titolo migliore per parlare del problema dei bambini senza mensa.
Lo spunto mi è venuto da un servizio andato in onda stamattina presto su RAI 1. Contrariamente alla abitudine di sintonizzarmi sulla 7 ho deciso di guardare il canale ammiraglio della RAI: lo spunto era stato dato da un servizio condotto dalle Iene nei giorni scorsi sul pasto negato ai bambini indigenti del comune di Vigevano (lega Nord). Mi sono visto qualche intervista al Sindaco, qualcuna rubata alle famiglie e poi un dibattito in studio con uno psicopedagista e una nutrizionista. E' stato sentito anche il sindaco di Cavenago Brianza (PD) altro comune in cima alle cronache ormai da più di un anno ed è stato citato il caso di Adro (BS).
Dice lo psicopedagogista: guai a separere i bambini, guai a metterli in competizione (a te la mensa a te il panino), guai a rimandarli in famiglia. In ogni caso si creano fratture e si fa un vulnus all'equilibrio psicologico in fase di crescita. Lo psicopedagogista mi è sembrato il tipico rappresentante (da pubblico impiego) della società del politicamente corretto secondo cui lo Stato o il Comune devono dare e la gente deve ottenere perché i diritti del fanciullo vengono prima di ogni cosa. Chi ragiona così volutamente ignora la situazione dei comuni che, se non si interviene, corrono il rischio di dover sospendere il servizio per tutti. Il pasto è parte della scuola e se è parte della scuola va garantito a tutti, dicono. A quello intervistato ho persino sentito dire una cosa bizzarra: non va bene nemmeno che la famiglia (indigente o che la pensa diversamente) venga a prendere il bimbo e lo faccia mangiare in famiglia. Gli mancherebbe una cosa che manca ai compagni; e io chiedo, siamo sicuri che, se si può, il pasto in famiglia non sia una bella cosa? Attenzione però, non si può neanche fare come sognava la Gelmini: le scuole offrono moduli variabili (tempo pieno, tempo prolungato, scuola del mattino) e la famiglia sceglie. Nel comune dove abito, oltre che un costoso (per il comune) servizio di trasporto scolastico, legato alla esistenza di frazioni che distano sino a 20 km dal comune e dalla scuola, c'è una sola prima elementare (e meno male che ci sono gli immigrati) e dunque il tempo pieno è l'unica scelta possibile.
Dice la nutrizionista: per ragioni igienico normative il pasto della mensa non può essere consumato insieme a quello portato da casa (e dice il vero) ma questa è una delle tante forme di sovietizzazione sociale di cui è piena l'Italia si parli di sicurezza, di igiene o di sanità: stoviglie monouso, cibi precotti. Chissa che prima o poi non vietino agli scolari di scambiarsi il temperamatite perché, come è noto, gran parte delle malattie passano per le mani. A quando l'obbligo di lavarsi le mani ogni quarto d'ora?
Si va verso la società americana che come è noto vieta ai turisti di arrivare con formaggi e insaccati in proprio: meglio un cibo inodore, incolore e insapore; i profumi, gli odori e i colori si aggiungono dopo per via chimica. Dunque chi non mangia le cose della mensa deve stare altrove, ma non in uno spazio qualsiasi, ci vuole uno spazio con una cubatura, una gradevolezza e un confort adeguati, oltre che idoneo personale per la vigilanza (e così il comune che vuole risparmiare 100 deve spendere 1000 per l'ambiente).
Non va bene il panino: c'è troppo sale, mancano le fibre, mancano la frutta e la verdura. E chi l'ha detto che la famiglia dà solo il panino? E chi l'ha detto che non si debba ritornare alla schiscetta? Semmai una osservazione intelligente potrebbe essere un'altra: in situazione di crisi, per alcune famiglie pesantemente indigenti il pasto di mezzogiorno potrebbe essere l'unico completo dal punto di vista nutrizionale. Ma anche su questo punto i telegiornalisti, del tutto ignoranti sul fare la spesa e sul cucinare, sparano scocchezze a gogo. Scandalo: in alcuni supermercati si sono messi a svendere il pane del giorno prima. E allora? Ieri alla Coop di Siena ho comperato per un euro le croste del parmigiano prodotte dalle macchine che partizionano la forma. Sono croste alte più di un centimetro che si possono mangiare a tavola e anche grattuggiare prima di utilizzare il residuo per insaporire le minestre, hanno tnato formaggio e costano 2 euro e 40 al chilo anzichè 15. Il pane no, quello me lo faccio in casa da tempo in pezzature da oltre un chilo che poi surgelo. Ma come non mangi il pane fresco tutti i giorni? Forse abbiamo bisogno tutti di un po' di decrescita felice cioè di recuperare abitudini e comportamenti opposti alla religione del bifidus.
Dicono i sindaci: noi siamo alla canna del gas e abbiamo dovuto intervenire contro i casi di morosità manifesta, contro il pensiero che stava diventando troppo diffuso che la mensa si può anche non pagare, tanto … Chi ha problemi reali si rivolga all'ufficio servizi sociali e si cercherà una soluzione condivisa. Questo è un argomento che i giornalisti faticano a comprendere, non sanno cos'è l'ISEE, hanno preferito chiamarlo riccometro e insieme alle forze politiche hanno esultato quando il progetto di revisione su cui aveva lungamente lavorato il governo Monti è stato lasciato decadere. Se ci si prende la briga di andare su Internet e si digitano parole chiave come morosità, mensa scolastica si vedrà che molti comuni, che non sono finiti in TV, hanno affrontato il problema misurandosi su questioni quali: differenziazione delle tariffe in base all'ISEE, rateizzazione dei debiti, esternalizzazione dei servizi di riscossione. Vedo per esempio che la scelta di occuparsi del problema ha portato a far scendere la morosità dal 10-30% al 4% che è una soglia giudicata accettabile. Dicono ancora i sindaci: il servizio mensa, per lo stato è un servizio a domanda individuale, cioè non è un diritto assoluto, e sempre in base alla legge, è obbligatorio che i servizi a domanda individuale (trasporto scolastico, centri estivi, pasto agli anziani, …) abbiano una forma di partecipazione al costo da parte di chi lo chiede. Il sindaco che non lo fa diventa inadempeinte rispetto alla gestione del bilancio del comune.
Siamo uno strano paese, a corrente alternata: tutto è dovuto, ma bisogna tagliare la spesa pubblica. Se la scuola è dell'obbligo deve essere gratis; se il settore pubblico è in crisi, chissenefrega, l'importante è non aumentare le tasse. Quando si finisce in TV compaiono sempre i benefattori. Ci pensiamo noi a pagare … Anche questa è una cosa tipicamente italiana. E' accaduto ad Adro ed è accaduto a Cavenago, in fondo sono poco più di 800 euro l'anno a bambino. Peccato che questi benefattori si rivelino (a volte) esistenti solo finchè la notizia è calda e spariscano quando bisogna pagare come ha denunciato il sindaco di Cavenago.