Qualche riflessione sul consenso e sui ciarlatani
Da un mesetto sto lavorando su Hannah Arendt di cui in passato avevo letto solo la Banalità del male, le cronache da Gerusalemme sul processo ad Eichmann. Adesso sto studiando (studiare è la parola giusta) le Origini del totalitarismo un'opera che a suo tempo ha sfidato, nel campo progressista, la teoria del politicamente corretto e che ha sostenuto la omogeneità profonda (sotto le differenze apparenti) del nazismo e dello stalinismo. Sto leggendolo non in maniera sequenziale anche perché delle tre parti (l'antisemitismo, l'imperialismo, il totalitarismo) sono più interessato alla terza.
Già stamattina ho messo on line su Facebook una osservazione dedicata al fascino del dittatore che, in una nota, la Arendt riferisce ad Hitler ma che mi è parsa particolarmente efficace se viene riferita ad alcuni dei propagatori di consenso che operano in televisione, siano essi dei politici oppure dei giornalisti. Quando ho letto questo brano mi è subito venuta in mente una apparizione televisiva di Sgarbi della scorsa settimana. Insultava tutti, dai grillini ai dirigenti del PD; tendeva a farli apparire come degli ignoranti in fondo all'abisso della sua cultura monotematica e se qualcuno avanzava delle obiezioni veniva sommerso di insulti.
Il fascino è un fenomeno sociale, e quello esercitato da Hitler sul suo ambiente deve essere inteso in questo particolare contesto. La società è sempre incline ad accettare lì per lì una persona per quello che pretende di essere, di modo che un ciarlatano atteggiantesi a genio ha sempre qualche probabilità di esser creduto.
Nella società moderna, con la sua caratteristica incapacità di giudizio, tale tendenza è accentuata, e chi, oltre ad avere delle opinioni, le presenta col tono di una convinzione incrollabile, non perderà tanto facilmente il suo prestigio, per quante volte risulti evidente il suo errore.
Hitler, che conosceva il caos moderno delle opinioni per esperienza personale, aveva scoperto che all'impotente zigzagare fra le varie idee e alla «convinzione… che sia tutto un mucchio di scemenze» si poteva sfuggire aderendo a una delle molte opinioni correnti con «inflessibile coerenza ». La raccapricciante arbitrarietà di tale fanatismo affascina la società perché per la durata della riunione essa è liberata dal caos di opinioni che costantemente genera.
Da una parte c'è il chiachiericcio delle false analisi intorno ai falsi problemi. I giornalisti devono in qualche modo riempire i loro contenitori e così ci si esercita nel dire tutto e il contrario di tutto. Poi compare il messia esperto in parole d'ordine, in tesi semplici e chiare e la gente rischia di cadere dalle sue labbra (ogni riferimento alla restituzione dell'IMU è puramente casuale).
Poco più avanti si legge:
L'attrazione del male e del delitto sulla mentalità della plebe non è davvero nuova, perché essa è sempre stata incline ad accogliere «gli atti di violenza con l'espressione ammirata: "volgare, ma molto in gamba."
L'elemento sconcertante nel successo del totalitarismo è piuttosto la genuina abnegazione del suoi seguaci: può essere comprensibile che un nazista o un bolscevico non si senta scosso nella sua convinzione da crimini contro persone che non appartengono al movimento o addirittura gli sono ostili· ma lo stupefacente è che non tentenni quando cominciano ad essere colpIti i suoi compagni di fede, e neppure quando è lui stesso a cadere vittima della persecuzione, ad essere condannato sulla base di accuse Inventate, espulso dal partito e deportato in un campo di concentramento o di lavoro forzato. Anzi, con grande meraviglIa dell'intero mondo civile, egli può essere persino disposto ad accusarsI e a collaborare alla sua condanna a morte, purché non sia toccata la sua posizione di militante. Sarebbe ingenuo considerare una semplice espressione di fervente idealismo questa tenacia di convinzioni che resiste ad ogni esperienza e soffoca l'istinto di conservazione.
L'idealismo folle od eroico che sia scaturisce sempre da una decisione individuale e conduce a una convinzione che rimane soggetta all'esperienza e al ragionamento. II fanatIsmo totalItario, a differenza di ogni forma di idealismo, si sgretola nel momento in cui il movimento lascia i suoi seguaci negli impicci, cancellando in essi qualsiasi convinzione capace di sopravvivere alla rovina del movimento stesso. Ma all'interno della struttura organizzativa, finché resta compatta, i membri fanatizzati non possono esser raggiunti né dall'esperienza né dal ragionamento; l'identificazione col movimento e il conformismo assoluto sembrano aver distrutto la stessa capacità di esperienza, anche se estrema come la tortura o la paura della morte.
Cosa ve ne pare? Viene in mente il vecchio adagio beato il paese che non ha bisogno di eroi.
Era un aspetto del fanatismo che conoscevo bene sul versante del movimento comunista e che è stato ampiamente studiato. Basta pensare alla esperienza dei processi di Mosca del 36-38 e all'eroismo con cui alcuni dirigenti storici della rivoluzione d'ottobre (da Zinovev, a Kamenev a Bucharin) affrontarono la condanna a morte accettando sentenze da Santa Inquisizione per un bene superiore.
Erano riflessioni che mi sono apparse alla memoria mentre recensivo i film sulle foibe o mentre recensivo Il Sospetto con quella frase messa in bocca a Gian Maria Volontè: eravamo d'accprdo sin dall'inizio.
Per fortuna si va riscoprendo l'importanza del non perdere la tenerezza, grazie alle donne e adesso anche al nuovo Papa.