Tre camerati: Erich Maria Remarque
Avrei voluto rileggere La via del ritorno, ma la mia copia sta con i miei libri su al Nord e così mi sono dedicato ad un romanzo di Remarque che non conoscevo. Il titolo "i tre camerati" mi faceva pensare alla terza puntata del tema del reducismo, ma non è propriamente così.
Il libro è ambientato nella Germania uscita dalla sconfitta della I guerra mondiale, ma è passato qualche anno: siamo nella seconda metà degli anni 20, la Germania è lacerata dai conflitti sociali e dalla disoccupazione e i tre personaggi da cui si origina il titolo sono rimasti insieme dopo essere tornati dal fronte franco-tedesco, hanno una trentina d'anni e, a modo loro, si sono reinseriti.
Il romanzo è l'ultimo concepito in tedesco (nel 37) da Remarque che stava già in Svizzera e si apprestava ad emigrare visto che il suo approccio antimilitarista mal si conciliava con il nazismo. L'uscita del film tratto da "Niente di nuovo sul fronte occidentale" era stata un successo mondiale ma aveva creato problemi in Germania e i nazisti gli avevano tolto la cittadinanza (il nome originale dello scrittore è Remark).
I tre camerati sono Robert Lohkamp (che fa da voce narrante), Otto Köster e Gottfried Lenz. I tre hanno aperto (forse a Berlino ma comunque in una citta del nord della Germania) una auto-officina: ricondizionano auto usate di lusso e le rivendono; fanno anche una attività di taxi e possiedono una automobile sportiva risistemata da loro (la Carla) con la quale partecipano con successo a gare automobilistiche.
Robert è il più giovane e disordinato dei tre; a tempo perso fa il pianista-cantante nei bar della città, vive in una pensioncina insieme ad impiegati, prostitute, segretarie, profughi e ha una concezione della vita tra il cinico e l'autodistruttivo (nella sua vita, ma anche in quella dei compagni dominano le serate nei bar accompagnate da ruhm, grappa, kirsch, cognac e vodka con una costanza e una intensità assolutamente fuori dal comune e da dare, in certi momenti, il voltastomaco anche al lettore.
Il romanzo è fatto di tanti dialoghi e periodi brevi e accanto ai tre camerati l'altra protagonista è Pat (Patrice Hollmann) una giovane che viene da un altro mondo rispetto ai tre (ambiente aristocratico o alto borghese in decadenza). Pat porta stile nel loro mondo e Roby, che di Pat si innamora quasi subito, pian piano si trasforma passando da un atteggiamento di vita alla giornata e autodistruzione al ruolo di innamorato perso.
La tubercolosi, di cui alla fine Pat muore in un sanatorio d'elite sulle Alpi Bavaresi, entra nel romanzo pian piano; il lettore (e con lui Roby), attraverso tanti piccoli dettagli, viene portato alla consapevolezza che di TBC si tratta sino alla prima tragica emottisi mentre Pat e Roby si trovano in vacanza nel mare del Nord. Man mano che la malattia si sviluppa il rapporto tra i due si fa più solido con cambiamenti reciproci significativi e nel romanzo compare la problematica della morte o meglio della condanna a morte di cui il malato acquista progressivamente consapevolezza.
Intanto, in parallelo con la storia principale scorrono le problematiche e le caratteristiche della Germania:
- l'ambiente delle prostitute con le solite ansie di riscatto sociale
- l'ambiente della piccola borghesia impiegatizia con il caso di un pensionante che, mollato dalla moglie stufa del tran tran impiegatizio, finisce per impiccarsi dentro il micromondo della pensione
- una vicenda di vendita di auto usate in cui compaiono borghesi arraffoni, venditori senza scrupoli (in tutto identici a quelli di oggi), il confronto tra la durezza del guadagnare 50 marchi e la facilità con cui se ne guadagnano 500 o 1000 gestendo abilmente venditore e compratore
- l'ambiente degli appassionati d'auto e, dato interessante, il prestigio della industria italiana (in particolare la Lancia)
- il sistema ferroviario efficiente e assolutamente competitivo rispetto a quello delle auto
- il sistema sanitario con la figura del professor Felice Jaffé che aveva già curato Pat e che la segue nel periodo tra la crisi estiva e il ricovero in sanatorio nel tardo autunno. E' un medico molto disponibile e molto attento a dare speranza senza imbrogliare. L'impaziente Pat viene aggregato al giro del professore con i malati gravi veri che, nonostante tutto, sperano
- l'ambiente delle agitazioni operaie, le assemblee dei consigli, la tensione in città. All'uscita da una di queste assemblee Goffredo Lenz viene colpito al cuore da un gruppo di nazisti e Otto e Robert nascondono alla polizia ciò che hanno visto perché vogliono essere certi di vendicare l'amico e decidono che è meglio fare da sè.
Il sanatorio è caro e il danaro non basta mai; l'auto-officina va a rotoli perchè dopo aver sistemato una automobile incidentata da cui pensavano di ricavare intorno ai 4'000 marchi salta fuori che il proprietario fa fallimento e che l'auto non era nemmeno assicurata. Robert si trasferisce sulle Alpi per stare vicino a Pat mentre Otto gli fa credere che non dovrà preoccuparsi del danaro (in realtà vende l'amata Carla per consentire all'amico Robert di stare con Pat sino alla fine).
Gli ultimi due mesi, e gli ultimi capitoli del romanzo sono dedicati a come si vive in sanatorio: la trasgressione, le regole, la negazione della malattia, le feste per chi guarisce, gli amori. Con l'imminente primavera arriva anche la fine di Pat, ma il Robert che rimane è completamente diverso da quello che si incontra all'inizio.
Il primo attacco
Ero seduto in riva al mare e vedevo tramontare il sole. Pat non era venuta perché durante il giorno non si era sentita bene.
Quando si fece buio mi alzai per ritornare a casa ed ecco, da dietro il boschetto vidi arrivare la domestica che mi faceva cenni e gridava qualche cosa che non riuscivo a capire perché il vento e il mare facevano troppo fragore.
Le feci cenno di fermarsi che l'avrei raggiunta, ma quella continuò a correre e si portò le mani alla bocca. Signora... compresi presto...
Mi misi a correre. Che succede?
Ella esclamò col fiato mozzo: Presto… la signora… sta male….
Corsi lungo la riva sabbiosa attraverso il boschetto verso casa. Il cancello di legno si era incagliato. Perciò lo scavalcai e entrai di corsa nella camera.
Pat era coricata sul letto col seno macchiato di sangue, le mani contratte e le labbra insanguinate. Accanto a lei c'era la signorina Muller con degli asciugamani e un catino d'acqua.
Che succede? gridai spingendola da parte.
Ella cercò di parlare mentre io la investivo: Porti un po' di garza! Dov'è la ferita?.
Mi guardò e con le labbra tremanti cominciò a dire: Non è una ferita… E' uno sbocco di sangue.
Per me fu una mazzata. Sbocco di sangue? Le strappai di mano il catino dell'acqua.
Porti un po' di ghiaccio, vada a prendere il ghiaccio! Bagnai una salvietta nel catino e la posi sul petto di Pat. Non abbiamo ghiaccio in casa disse la signorina.
Mi voltai di scatto mentre lei si ritraeva. Per carità, vada a prendere il ghiaccio, mandi a vedere alla trattoria e telefoni subito al medico!
Non abbiamo telefono…
L'assemblea
Sul palco stava parlando un uomo tarchiato e robusto. Aveva la voce sonora che penetrava senza sforzo fin negli angoli più lontani.
Era una voce che persuadeva senza che si tenesse conto di ciò che diceva. E ciò che diceva era facile da capire. Egli passeggiava liberamente per il palco con brevi gesti delle braccia, beveva ogni tanto un sorso d'acqua e diceva un motto di spirito.
Ma poi si fermava improvvisamente rivolto verso il pubblico e, con voce fatta squillante, lanciava come frustate una frase dopo l'altra enunciando verità note a tutti, sulla miseria, la fame, la disoccupazione, trascinando l'uditorio con foga impetuosa e concludendo col grido furioso: Così non si può andare avanti!.
Il pubblico applaudì fragorosamente con grida e battimani, come se si fosse già posto rimedio alla situazione. L'oratore, con la faccia lustra, attese.
Poi con eloquenza larga, convincente, irresistibile, incominciò a fare promesse su promesse, una vera pioggia di promesse, e davanti a tutta quella gente sorse un paradiso col suo fascino cangiante, una lotteria nella quale tutti i biglietti vincevano il primo premio e ciascuno trovava la sua felicità personale, il suo diritto e la sua vendetta.
Osservai gli spettatori. Vi era gente di tutte le professioni, contabili, piccoli artigiani, impiegati, un certo numero di operai e molte donne. Nella sala troppo calda, appoggiati alle spalliere o chini in avanti, formavano lunghe file, un viso accanto all'altro e il torrente delle parole passava sopra le loro teste.
Strano, per quanto fossero diversi, tutti i visi avevano l'uguale espressione assente, lo sguardo assonnato e avido verso una lontana e nebulosa Fata Morgana. Quegli occhi erano vuoti e ad un tempo animati da una grande attesa che spegneva critiche e dubbi, contraddizioni e problemi, la vita della giornata, il presente, la realtà.
Quello lassù sapeva tutto, aveva la risposta pronta ad ogni domanda, un aiuto per ogni bisogno. Era bello potersi affidare a lui, avere qualcuno che toglieva le preoccupazioni, era bello aver fede.
…. Adesso, Otto, capisco che cosa vogliono costoro dissi a Köster che mi precedeva. Non vogliono la politica, vogliono un surrogato della religione. Egli si volse.
Non vi è dubbio. Vogliono credere di nuovo in qualche cosa. In quale cosa è indifferente e appunto perciò sono così fanatici.
La fine del romanzo
A un certo punto qualcuno disse: E' morta….
No ribattei.
Non è morta ancora. Mi stringe ancora la mano…
Luce. Luce viva, insopportabile. Gente. Il dottore.
Aprii lentamente la mano e quella di Pat cadde inerte.
Sangue. Un viso stirato e soffocato. Occhi fissi e tormentati. Capelli bruni di seta.
Pat chiamai. Pat! E per la prima volta non mi rispose.
Vorrei star solo… dissi.
Ma prima non…? domandò qualcuno.
No risposi. Andate fuori. Non toccatela.
Poi lavai le macchie di sangue. Ero impietrito. Le pettinai i capelli. Divenne fredda e io la posi nel mio letto e le misi addosso le coperte. Stetti seduto accanto a lei ed ero incapace di pensare. Seduto su quella sedia, la fissavo con gli occhi immobili.
Il cane entrò e si accovacciò ai miei piedi. Vidi il volto di lei trasfigurarsi. Non potei fare altro che star lì svuotato e guardarla. Poi sorse il mattino ed ella non fu più lei.