Amen. Costa Gavras
Della uscita de "Il vicario" (1963) di Rolf Hochhuth ho un vago ricordo di polemiche (avevo 17 anni). Nella prima metà degli anni 60 era una colpa grave affrontare il tema della scarsa azione del Vaticano nei confronti del nazismo. Nel 1965 il tentativo di rappresentare l'opera a Roma durò un solo giorno. La pièce venne allestita all'interno di un seminterrato trasformato in sala teatrale, con la partecipazione di Gian Maria Volonté. Il giorno successivo la Polizia fece chiudere il teatro per mancanza del certificato di agibilità dei locali e, nei giorni seguenti, il Prefetto di Roma vietò lo spettacolo in quanto contrario alle norme contenute nel Concordato.
Costa Gravas, il regista più politico del cinema europeo (Z l'orgia del potere è quello più noto), non fa mai dei documentari: parla di cose vere e ci mette dentro una storia il che rende il risultato ancora più efficace.
Il tema del film è quello della "cautela" del Vaticano nei confronti del nazismo, ma ci sono anche una serie di comprimari perché accanto a Pio XII, alla diplomazia vaticana, alla Curia (che fa venire in mente il "non ce la faccio più" di Ratzinger), ci sono anche i diplomatici americani ed inglesi accreditati presso la Santa Sede. Nelle prime scene che acommpagnano i titoli di testa un giovane ebreo si reca a Ginevra alla Società delle Nazioni e si spara al cuore per denunciare la indifferenza del mondo. Il "punto" dopo Amen non è un vezzo. Così sia e non c'è altro da dire. Per questo la locandina con la croce che diventa svastica e viceversa, disegnata da Oliviero Toscani riassume bene il messaggio del film (ne fu vietata l'affissione tranne nelle sale, ed eravamo ormai nel 2003).
Il Vaticano aveva due problemi: non schierarsi per poter essere un riferimento religioso anche nei paesi di lingua tedesca, trovare il modo di battere il comunismo la cui ossessione era superiore al pericolo nazista. In una scena del film PioXII lo dice esplcitamente all'ambasciatore americano (che rimane allibito): lasciamo al signor Hitler il compito di sconfiggere Stalin e poi cercheremo un accordo.
Nelle prime scene si vedono visite ai bimbi tedeschi handicappati: suore, medici che sorridono, cartelle cliniche nelle mani dei ragazzi che si recano al controllo. Poi gli autobus del programma eutanasia, la doccia, le suore che escono e la connessione del tubo di areazione allo scarico di un grande motore diesel. In questo modo muore la nipote di Kurt Gerstein, ufficiale delle SS, chimico che lavora presso l'ufficio disinfestazione e si occupa di depurazione delle acque e lotta al tifo attraverso la disinfestazione dai pidocchi con lo Ziklon B (l'acido cianidrico, detto anche acido prussico). Gerstein vuole capire, la Chiesa si muove, qualcosa si inceppa nel meccanismo nazista che uccide e comunica poi la morte per malattia, come se fossero tanti casi individuali. Il progetto ad un certo punto verrà fermato o comunque molto rallentato. Per la Chiesa gli handicappati e gli Ebrei erano cose molto diverse.
Il tenente per via delle competenze viene utilizzato dalla macchina di morte per migliorare il meccanismo (cristalli migliori, modalità di conservazione dello Ziklon, cautele) e l'errore, se di errore si può parlare, è quello di portarlo a vedere lo Ziklon in azione. Gerstein rimane sconvolto, si sente un buon tedesco e un buon cristiano e cerca in tutti i modi di informare. Nei suoi comportamenti c'è qualcosa di strano: l'alternarsi dell'orrore, della voglia di boicottare, e la professionalità nel fare il suo lavoro. Nel film vediamo anche un suo vecchio compagno che lavora nella Wermacht che inorridisce nello scoprire che è un SS, ma nel contempo si occupa di efficienza nella organizzazione dei treni e non vuol sapere cosa trasportino.
Il treno (vedi locandina) è una trovata filmica di grande efficacia; lo vediamo comparire più volte nel succedersi delle stagioni con un sottofondo musicale molto coinvolgente. I treni vanno con i vagoni ben chiusi e tornano con i vagoni aperti e Gerstein li vede. Nessuno lo ascolta; le autorità vaticane a Berlino minimizzano e non vogliono sentire ragioni, tranne un giovane prete, gesuita e figlio di un nobile romano addetto al soglio del Papa. Riccardo Fontana è a Berlino ad imparare la diplomazia, conosce bene la curia vaticana ed è tra quelli che possono arrivare al Papa.
Adesso sono in due a tentare di far sapere ma nemmeno l'esistenza di un testimone oculare smuove le cose. Non le smuove nemmeno la deportazione degli ebrei romani che avviene mentre Gerstein e Fontana sono a Roma. Il giovane prete, già deluso dalla promessa di un discorso radio di denuncia da parte del papa, discorso si rivelerà invece banale e precotto, decide di testimoniare in proprio, si mette la stella gialla e parte con gli dalla Tiburtina con gli ebrei romani. Finirà nei forni e la scena dello smistamento degli abiti da parte del Sonderkommando che trova la tonaca nera è particolarmente efficace.
Dal punto di vista della logica delle SS il film è dominato dalla figura del "dottore" un personaggio, cinico, efficiente, gentile e intelligente che, nelle ultime sequenze, rivediamo a Roma mentre uno dei cardinali della diplomazia vaticana gli organizza l'espatrio in Argentina.
Gerstein, nella fase finale del nazismo, sconvolto dall'assassinio di Fontana cerca rifugio presso gli Americani. Lo mettono in galera, scrive un memoriale che si rivelerà decisivo sul piano storico, non viene creduto per quanto riguarda la sua battaglia per informare e si impicca in cella. Sarà riabilitato venti anni dopo. Non dobbiamo farci ingannare da un facile anticlericalismo. Costa Gavras non ce l'ha solo con il Vaticano e con i silenzi di Pio XII ce l'ha con le responsabilità di tutti: di quelli che hanno taciuto, di quelli che hanno fatto affari, di quelli che hanno obbedito.