La classe: Laurent Cantet

La classe Entre les murs (2008) ha vinto la Palma d'oro a Cannes ed è un film insolito per come è stato scritto e per come è stato girato.

Il protagonista François Bégaudeau è anche l'autore del romanzo da cui è stata tratta e interpretata la sceneggiatura. Si tratta di un  professore di liceo passato poi alla attività giornalistica e letteraria e a sua volta figlio di professori.

Il film è stato girato in tre mesi (d'estate) dopo che per l'intero anno scolastico appositi laboratori interni a un po' di scuole medie parigine avevano consentito di selezionare gli studenti che avrebbero costituito la classe di entre les murs.

François insegna lettere in una III media; l'unica differenza con il nostro sistema è che in Francia le medie durano 4 anni e si passa poi ad una scuola superiore che di solo 3 anni (così si finisce a 18 anni).

A differenza che in molti film italiani, non si può dire che la scuola sia stata piegata alle esigenze del fare un film. Va in onda la scuola vera e si capisce che, anche in Francia, è l'aspetto relazionale la cosa più importante del fare scuola. Siamo a Parigi in uno degli arrondissement (circoscrizioni) di periferia e, a differenza dell'Italia, la componente di studenti per i quali il francese non è la prima lingua è quella preminente (arabi, neri-africani, antillani dei dipartimenti d'oltre mare, cinesi). Rispetto all'Italia non si vedono latino americani e provenienze dall'est europa.

Quello della multietnicità (con le differenze di cultura di partenza, di abitudini, di modo essere) è insieme alla mancanza di padronanza linguistica, il primo e principale problema di cui si deve occupare la scuola.

I professori sono mediamente più giovani dei nostri (ci sono più uomini) e sono apparentemente più motivati (nelle riunioni collegiali non c'è mai quello/a che ha fretta di andarsene).

Gli studenti tendono ad intervenire in maniera disordinata, tranne quelli che non parlano mai e quelli che non parlano per protesta contro il mondo. Il congiuntivo è una roba da medioevo. Nessuno parla più così.  Cos'è lei uno snob? Chi parla così con belle maniere … gli omosessuali. Tra loro parlano dei professori, si scambiano opinioni, ma hanno difficoltà o repulsione ad esprimerle davanti a tutti.

Ci sono i professori (giovani) che già non ne possono più: Non li reggo più quegli stronzi; sono di una cattiveria, di una malafede, restate lì nei vostri quartieri di merda. Basta mica siamo dei cani.

I ragazzi per bene, quelli dei quartieri alti, qui li chiamano i "burro e prosciutto", i figli di papà, quelli che sanno di formaggio. Come in Italia, la campanella è sacra. Se suona, qualunque cosa tu stia facendo o dicendo, loro si alzano e se ne vanno, oppure si mettono a preparare i bagagli.

In Francia, alcuni aspetti di natura formale (quel che si chiama la buona educazione) hanno ancora un certo peso, anche in periferia (forse per questo la scuola è pulita e non ci sono le scritte). In una scena esilarante François obbliga una studentessa maleducata a fermarsi e a chiedere scusa. Alla fine, al quinto tentativo ce la fa, dopo che ha dovuto farle lo spelling: le domando scusa professore di essere stata insolente . Ah, così va meglio. Sì però non lo pensavo. Dare del tu ad un professore è una mancanza grave, da consiglio di disciplina.

C'è una bella discussione in Consiglio di Classe sulla opportunità o meno di istituire una sorta di patente a punti. Si parte da 6, si tolgono 1 o 2 punti per le diverse mancanze e quando si arriva a 0 scatta il provvedimento disciplinare (una cosa che ho trovato ed abolito nella prima scuola in cui ho fatto il DS). I rappresentanti dei genitori osservano che voi professori pensate solo a penalizzare e non a valorizzare e allora si propone di dare anche i punti bontà  che fanno aumentare il punteggio. Ma qualcuno osserva che se poi uno arriva a 30 punti chissa cosa potrà combinare senza che gli accada nulla.

Così procede l'anno scolastico; questi quattordicenni sono belli tosti e hanno una buona convinzione nel sostenere la parità di diritti nel rapporto educativo. Tra le altre cose allo scrutinio partecipano anche due studentesse delegate degli alunni. Schiamazzano tutto il tempo (e dalla mancanza di reazioni è probabilmente la norma) ma, in compenso, prendono accuratamente nota dei giudizi dei docenti (quelli che normalmente non si verbalizzano) e li mettono poi in circolazione, con le ovvie conseguenze negative sul piano relazionale.

François, che è anche il coordinatore del Consiglio di Classe, viene accusato ingiustamente di aver offeso Suleyman, uno studente del Mali, tosto e aggressivo che già in una occasione era finito dal Preside per aver offeso un compagno delle Antille dopo una accesa discussione intorno al calcio africano. Le due delegate hanno capito male e nella foga il prof le definisce delle sgallettate. Sarà dura spiegarsi e chiarire che voleva dire vivace e spudorata, per loro vuol dire troia e il docente, in nome della giustizia, dovrà essere punito quanto Suleyman che, in un accesso d'ira, se ne va dalla classe con violenza e fa un bello sbrego al sopracciglio di una compagna.

I Francesi hanno una cosa molto diversa da noi, con cui hanno fatto fronte al bullismo; oltre un certo limite si finisce davanti al Consiglio di Disciplina che può espellere e ricollocare in un'altra scuola (la votazione avviene a scrutinio segreto); è quel che accade a Suleyman. Nel corso dell'anno, lo apprendiamo dalla discussione, ci sono stati 18 casi.

A fine anno c'è il bilancio di cosa si è imparato e la sgallettata afferma di non aver imparato nulla e che però si è letta La Repubblica di Platone, trovato in casa tra i libri della sorella. Ne fa anche un riassunto esilarante mentre un altra alunna nera si ferma e dice a François: io qui non ho imparato niente. Non capisco quello che facciamo. A lettere? No in tutto. Non ci voglio andare al liceo. Prima farai il quarto. Io non ci voglio andare.

La scuola non è ancora finita.


Il mio voto: 9 – Il migliore mi pare ancora Auguri professore