Mi piace lavorare (mobbing): Francesca Comencini
Mi piace lavorare (mobbing) è un film del 2003 che ha avuto importanti riconoscimenti al festival di Berlino. Chi mi segue sul blog sa quanto io sia poco tenero, persino irrispettoso, verso alcune caricature del sindacalismo che vanno per la maggiore (la fissa che siano i sindacati a fare i piani industriali o la linea del "noi l'avevamo detto").
Questo film ci riporta ad una delle ragion d'essere delle organizzazioni sindacali, non solo e non tanto per la necessità che qualcuno si opponga alla vessazioni più evidenti e plateali, ma soprattutto perché nel funzionamento normale di una organizzazione, la divisione dei ruoli e dei compiti determina quasi sempre una scarsa attenzione a ciò che determinate scelte comportano in termini di vita delle persone (i lavoratori).
Mi piace lavorare, dopo Il figlio più piccolo, affronta un altro aspetto della società italiana cui vale la pena di prestare attenzione e ridà un senso alla domanda gaberiana su cos'è la destra, cos'è la sinistra …
Per quanto riguarda gli incassi, questo film ha totalizzato poco più di 200'000 euro (ricordare i 20 milioni dei cinepanettoni), eppure parla di storie vere, prende spunto da 15 casi di mobbing acclarato la cui documentazione è stata fornita dall'apposito sportello della CGIL di Roma.
Nicoletta Braschi è l'unica interprete attrice professionista e, nella parte della figlia, c'è Camille Dugay (figlia della regista).
Anna è una giovane madre separata dal marito, ha una figlia sui 10 anni (Morgana) matura, affettuosa che sta sempre da sola e che diventa per questo molto autonoma (o forse lo era già). E' lei che fa la spesa e la vediamo passare dalla lettura del Piccolo Principe a quella di Don Chisciotte.
Partiamo dalla fine: dopo sofferenze di ogni genere e il licenziamento la causa contro l'azienda, per mobbing, viene vinta. Anna viene indennizzata e di fronte alle congratulazione della impiegata della CGIL che le dà l'assegno dicendo Beh, alla fine ce l'hai fatta, hai vinto, replica sì, se questo lo chiami vincere. C'è uno stacco e scopriamo che Anna parte con Morgana per un viaggio. La bimba la prende in giro per le sue ansie, mentre sta frugando nella borsa alla ricerca del telefonino per chiamare il nuovo posto di lavoro, dai mamma, smettila di avere paura, ci sono io con te.
La società per cui Anna lavora viene rilevata da una multinazionale e dunque ci saranno demansionamenti e ristrutturazioni anche se alla festa di ingresso del nuovo staff vengono date (ovviamente) tutte le tranquillizzazioni. Lei ha un posto di lavoro in contabilità e, nel giro di pochi mesi, subirà una serie di spostamenti a ripetizione con incarichi a volte umilianti, a volte difficili, a volte fasulli, che sembrano costruiti o per farla stare male o per metterla in difficoltà.
C'è un antipaticissimo capo del personale che la sposta, non giustifica e non ammette discussioni, anche se le proposte vengono sempre indorate (vedi fotogramma in basso a destra). Anna soffre e prende pian piano coscienza di quello che le sta capitando: la ricerca in archivio di una fattura inesistente che il capo del personale ha nascosto altrove prima di affidarle l'incarico, l'incarico di controllore della fotocopiatrice, lo spostamento in un ufficio in cui tutto funziona tranne il suo PC (l'unico con il monitor a raggi catodici), il rilevamento tempi e metodi in magazzino che scatena su di lei l'astio dei magazzionieri fino ad una vera e propria aggressione quando dalla direzione giungono ai lavoratori contestazioni di addebito per il mancato rispetto dei tempi. Dopo qualche tentativo andato a vuoto si rende conto che ha di fronte un muro di gomma e non prova nemmeno a far presente la assurdità di ciò che accade.
Anna si trasforma dalla persione gioiosa e contenta del suo lavoro in una introversa, stanca e delusa. Dopo che ha passato una giornata festosa a fare compere con Morgana e a trovare il papà-nonno in casa di riposo si presenta al lavoro con la nuova giacca e camicetta scelte da Morgana e viene accolta dal capo del personale che, mentre le dispensa l'ennesimo cambio di incarico, le dice: ma signorina, oggi si è dimenticata di togliere il pigiama?
La aggressione dei magazzionieri determina un crollo psicologico e Anna combatte con il tarlo della depressione (sta in camera al buio e dichiara al medico fiscale non ho più voglia di fare nulla. Al termine della malattia si rende finalmente conto che, molto semplicemente, hanno deciso di licenziarla.
Quando rientra viene accolta dal boss, che aveva sempre e solo intravisto, e questi le comunica con un tono tra la minaccia e la blandizie che non è adeguata e che nonostante l'impegno aziendale per affidarle nuovi incarichi ha sempre fallito, che non serve più, che bontà loro, in cambio della firma delle dimissioni, le daranno un anno di stipendio e che, anche per il bene della figlia, dovrebbe rendersi conto che …
E' la molla che fa rompere il vaso. Anna diventa una belva e … succede quel che ho scritto all'inizio.
Nicoletta Braschi si rivela bravissima, nel muoversi, nel parlare e nell'interpretare il ruolo della mobbizzata. Impressionano la mancanza di solidarietà tra i lavoratori e la totale mancanza di legami di tipo sindacale all'interno.
Il film è disponibile in DVD insieme al libro con la documentazione-verità che ha fatto da base alla sceneggiatura. Potrebbe essere un'idea per un bel regalo (di quelli utile), così come potrebbe essere un bel regalo quello di ricordarsene prima di votare a destra.
Il mio voto 9.5