il diritto di essere
La scelta di Monti di sparigliare il gioco in cui Berlusconi credeva di essere maestro ha messo in agitazione Bersani che si aspettava, evidentemente, una facile vittoria elettorale entro la quale il centro giocasse un ruolo eminentemente di testimonianza visti i risultati dei sondaggi.
La baracca Casini-Fini-Rutelli-Montezemolo-Giannino e chi più ne ha più ne metta non riusciva a decollare. Casini fa sempre bella figura ma non acchiappa voti, Fini e Rutelli sono in discesa libera, Montezemolo vuole restare alla Ferrari e dunque la gente gli dice, va bene restaci, Giannino potrebbe essere un perfetto grillo parlante di un movimento esistente, ma non appare in grado di organizzare ciò che non esiste.
Senza modifiche alla legge elettorale il centro aveva solo il problema di riuscire a superare le soglie di sbarramento e sperare di contare qualcosa in caso di mancata autosufficienza della coalizione di centro sinistra. Per Monti quasi tutti gli osservatori prevedevano il posto di successore di Napolitano o, in alternativa, quello di vicepremier (tecnico) a fianco di Bersani.
La scelta di Berlusconi di riproporre, anche dentro lo sfascio del PDL, la carta non del padre nobile, ma quella del "rieccomi", ha determinato una accelerazione della crisi, ma soprattutto uno sparigliamento generale con l'Europa, la Chiesa Cattolica, i grandi quotidiani che chiedono più o meno esplicitamente a Monti di esserci.
Non si tratterebbe, per essere chiari, di una alternativa in grado di essere maggioranza, ma avremmo la comparsa, dietro il PD vincente, di 3 forze di peso comparabile e assolutamente non miscibili: il centro montiano, la destra berlusconian-populistica, il movimento cinque stelle. C'è anche la Lega, ma per quanto Berlusconi possa blandire, i quadri leghisti sanno benissimo che la ripresa non incomincerebbe nemmeno se accettassero lo scambio mortale Maroni in Lombardia e patto di ferro con Berlusconi su scala nazionale. Dunque la Lega sarebbe la quarta forza (più ridotta in dimensione, ma molto significativa su scala regionale) destinata a fare opposizione.
Tutto ciò accade, è bene dirselo, come conseguenza indiretta della vittoria di Bersani che libera, sia sul fronte giovanile (verso il 5 stelle), sia sul fronte moderato (verso il centro montiano) consensi che sarebbero potenzialmente andati al PD in caso di vittoria di Renzi.
E dunque? Dunque ciascuno lavori sul proprio terreno. Il PD deve combattere con decisione per conquistare consensi che lo avvicinino alla soglia del 40% e deve evitare di demonizzare gli altri anche se, in caso di presentazione di un rassemblement montiano, è del tutto evidente che l'ascesa di Monti al colle si farebbe problematica perché verrebbe inevitabilmente vissuto come uomo di una parte.
Bersani deve essere energico su tre fronti: il rinnovamento interno, la presentazione di una squadra con nomi di ministri tecnici di peso, la scelta delle primarie per i parlamentari (ma incomincio a sentire aria di freno del tipo "faremo una grande consultazione ….").
A meno che la proposta di Monti presidente della Repubblica sia avanzata in modo chiaro e sia accompagnata dalla esplicitazione, prima delle elezioni, di un rapporto con il centro almeno su alcuni terreni di riforma delle istituzioni e di modo di essere in Europa. In quel caso si aprirebbe prospettive interessanti sia per il PD sia per la III repubblica.