1968 a Fisica: mi rivedo (mi ricordo) così
Questo articolo è stato scritto nel giugno 2009 quando, a quasi un anno del ritrovo per celebrare i 40 anni dalla occupazione di Fisica, avevamo deciso di tentare di scrivere un libro a più mani in cui ciascuno di noi ricordasse quei momenti. Del libro non se ne è fatto nulla anche se, a questo indirizzo potete trovare un po' di materiale.
Conservo un ricordo molto positivo degli anni dal 66 al 68; non altrettanto su quelli successivi. Buttai giù questi ricordi ad indicare un percorso evolutivo. I riferimenti iniziali alla passione si rferiscono alla relazione tenuta da Franco De Anna al convegno e che aveva "la passione" come filo rosso.
Passione: generosa, gioiosa, razionale, triste, rabbiosa, violenta, rispettosa, istintiva, impaziente, bella. In ogni caso passione.
Quando parlo del più e del meno con i miei studenti ed ex studenti la discriminante della passione viene subito fuori. Loro dicono se uno ha passione, per quello che è e per quello che fa, noi lo sentiamo e ci interessa.
Volevamo cambiare il mondo e ci sembrava impossibile che gli altri non capissero che bisognava cambiarlo. Quel mondo era ingiusto e incomprensibile. Dunque bisognava cambiarlo. Erano verità semplici che valevano in casa (con mamma e papà), con gli amici o all’università.
Come ci siamo arrivati? Il percorso di quelli del 68 parte prima del 68 – E’ importante riconoscerlo per capire.
Alluvione di Firenze novembre 66
Inizio del II anno di università. Avevo fatto analisi 1 con il Ricci ed era andata al primo colpo (incredibile per un provinciale proveniente dall’Itis – impegno, fatica, frustrazioni, senso di inadeguatezza).
Come pensavamo allora, dopo analisi 1, ormai eri un fisico.
Era appena iniziato il II anno ed è arrivata l’alluvione. Si parte organizzati con Ugi e Intesa. Mi ricordo una loggia tipo quello di piazza Signoria (ma più piccola) e noi pieni di fango (un fango liquido ocra verdastro) che ci riposiamo un po’.
Il fango era dovunque e ce n’era tanto giù nei sotterranei della Biblioteca Nazionale. Mi ricordo un panino con il pane senza sale (sciapo o sciocco come dicono lì) e il salame toscano (quello con il grasso non macinato a pezzi grandi) che vedevo per la prima volta.
Forse abbiamo fatto più scena che sostanza (viaggio, pernottamento a Prato e due giorni scarsi di lavoro); ogni tanto ci penso. Ma siamo andati subito e ci era chiaro che bisognava andare.
Manifestazione di Firenze aprile 67
Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato pace, diceva una frase di Tacito stampata su una bandiera americana con il teschio.
E’ stata la mia prima manifestazione con l’UGI e con Flavio e i suoi amici della Fgci di Lecco; tanti giovani, tante bandiere vietnamite, un po’ di bandiere rosse.
Il movimento di solidarietà con il popolo vietnamita era in espansione e mettevano in discussione le appartenenze precedenti.
Mi viene in mente che nel 66 quando, a Monza con altri giovani studenti ventenni, decidemmo di uscire dalla Federazione Giovanile Socialista (in cui eravamo entrati da meno di un anno) i temi erano due: non ci piaceva il centro sinistra che (nonostante Riccardo Lombardi) iniziava ad entrare nella fase di normalizzazione e non ci piaceva la guerra del Vietnam.
Ci tenevamo a sottolineare che non eravamo antiamericani, eravamo contro quello che gli Americani stavano facendo. Ricordo il comizio di Giorgio La Pira sindaco di Firenze.
Per me allora era un mito come lo erano padre Balducci e la sua rivista Testimonianze, don Milani a Barbiana, don Mazzi e la comunità dell’Isolotto. Era la dimostrazione che si poteva essere cattolici ed essere in prima linea nella lotta contro l’ingiustizia.
Quella sera ebbi il primo incontro con quelle che avremmo poi chiamato le contraddizioni in seno al popolo. La Pira aveva appena iniziato a parlare con il suo stile profetico che lo portava a fare il Sindaco delle città della pace a viaggiare tra Mosca e Washington e fare l’ambasciatore, al di qua delle linee, dei diritti del Vietnam.
La Pira parla ed ecco che i marxisti leninisti lo fischiano: ma perché? E poi a manifestazione finita lo scontro con la polizia ricercato da alcuni. Che paura; città sconosciuta; botti dei lacrimogeni; cerchiamo di arrivare al pullman: ma perché i fischi, ma perché gli scontri? Non eravamo venuti per la pace?
Estate 1967
Castelveccana, convegno estivo dell’Intesa, in un convento di suore sul Lago Maggiore. Si discute della lotta contro l’aumento delle tasse all’Università Cattolica. Ci sono anche Luciano Pero e Michelangelo Spada (non c’è Mario Capanna).
L’Intesa per noi giovani cattolici impegnati a sinistra è lo sbocco naturale: progressismo, incontro con la sinistra laica e comunista dell’Ugi. C’è anche il segretario nazionale Pierluigi Covatta, cresciuto nelle file del movimento giovanile democristiano e che ha guidato l’organizzazione all’incontro con i comunisti. Covatta finirà la sua carriera politica come dirigente nazionale del Psi.
La mia formazione politica sta avvenendo con la lettura sistematica di Rinascita il settimanale teorico del Pci. A Rinascita mi sono abbonato nel 1965; l’abbonamento era molto conveniente (prezzo e libri di storia in regalo) ma a casa mia non era pensabile l’arrivo per posta della stampa comunista. Così ho appoggiato l’abbonamento a casa del segretario del Pci del mio paese (per altro amico di mio padre) e la domenica mattina passavo a ritirare la mia copia a casa sua. Leggendo Rinascita mi sono progressivamente stupito intorno al mondo comunista. Non solo non mangiavano i bambini ma andavo scoprendo che la maggioranza degli intellettuali di valore erano o erano stati comunisti.
Continuano le letture di taglio terzomondista (non si dice ancora antimperialista). Un libro importante è stato Il saccheggio del terzo mondo di Pierre Jaleè (ed Jaca Book).
Il giorno prima dei miei 21 anni arriva la notizia della morte di Che Guevara. Quelle foto di Che Guevara massacrato di botte prima di essere riempito di pallottole lasciano il segno. Sembra il Cristo morto del Mantegna. La rivoluzione cubana dialoga con la Chiesa Cattolica, si impegna nell'OLAS (organizzazione degli stati latino americani che si oppongono all'imperialismo USA), ci appare come la rappresentanza tangibile del fatto che "cambiare si può".
Primavera 68
Marzo 68 o forse febbraio: la vicenda della nostra prima occupazione. Tutto comincia da una assemblea negata. Ci guida Roberto Biorcio, più vecchio di noi di un paio d’anni. Biorcio è il presidente del parlamentino di tutta la Statale, un figlio della borghesia alessandrina, distinto, con un coupè argento.
Il professor Caldirola non ci lascia fare l’assemblea. Non mi ricordo proprio perché volevamo fare l’assemblea e sarebbe interessante avere la ricostruzione di Roberto.
Biorcio incalza Caldirola e si muove secondo i moduli della non violenza (me lo ricordo a braccia alzate che resiste davanti alla lavagna). Alla fine il professor Loinger, collega di Caldirola, ci presterà la sua aula per continuare l'assemblea.
Tanta voglia di fare qualcosa, ma cosa? Quel che si dice: l’appetito vien mangiando. Un lungo dibattito durato giorni; si fa strada, pian piano, l’idea di occupare.
Assemblea vera; noi con tanta voglia di essere; gli altri, i nostri compagni di corso, che ci accusavano di essere pagati dai comunisti con le semplificazioni che la destra qualunquista ha sempre avuto e che aveva anche allora.
Ricordo che pian piano, sulla base delle nostre caratteristiche, si formavano dei ruoli assembleari; Basilio era l'uomo dell'appello ai sentimenti, …
La democrazia assembleare: una votazione per appello nominale di coloro che nei giorni precedenti, libretto alla mano, si erano iscritti al voto; una votazione durata ore ed ore. Le aule B e C collegate via audio con l’aula A (grazie ai prodigi di Flavio fin da allora eccezionale addetto alla logistica). Si viene chiamati e ci si dichiara favorevoli o contrari; l’applauso liberatorio quando si arriva al quorum; si occupa.
Dobbiamo essere seri: i ragazzi da una parte le ragazze da un’altra. Bisogna mettere bene in ordine tutto la mattina.
Ciascuno contratta a casa il diritto di dormire nella facoltà occupata: fortunati quelli con la famiglia di sinistra che non hanno problemi.
Una foto mostra le ragazze (ma va?) che fanno le pulizie la mattina perché noi di scienze della prima ora siamo molto moralisti e ci teniamo a smentire quello che dicono certi giornali.
Come siamo diversi: Basilio per noi brianzoli è un mito (non è battezzato ed è di famiglia comunista) ma gioca alle carte come gli altri, anzi di più, a briscola con suo nonno.
Ci sono i cattolici senza aggettivi compresi quelli che tra breve daranno vita a Comunione e Liberazione sulle ceneri della implosione di Gioventù studentesca, i cattolici di sinistra già toccati da Fuci e Intesa, gli studenti genericamente di sinistra, quelli di sinistra ma che forse sono ancora più a sinistra, quelli dello Psiup, gli anarchici (come Gianni del Circolo Ponte della Ghisolfa), gli hippies (come il Kappa), i situazionisti, qualche operaista in gestazione.
I bidelli di fisica sono con noi (quante partite a tressette e al due con Gino e Giancarlo nell’intervallo pranzo).
Si mette in piedi il Comitato di Agitazione nella ex sala della facoltà (di fronte alla biblioteca) dove si facevano le lauree e dove un tavolo gigantesco ci permetteva di fare riunioni ordinate.
Incominciamo a fare i tatse-bao usando i fondi delle bobine di carta da quotidiano procurate da Flavio. I nostri tatse bao hanno il titolo rigorosamente a pennello con vernice ad acqua di colore rosso e sono inconfondibili nella storia del movimento milanese.
I titoli dei gruppi in cui si articola l’assemblea ci sono in una delle foto sopravvissute: didattica di massa, ricerca di massa, preparazione all’insegnamento, scuola – società – ristrutturazione, diritto allo studio, sbocchi professionali.
Poi il grande lavoro su Lettera ad una professoressa che viene ristampato in migliaia di copie e che leggeremo e discuteremo pagina per pagina nei gruppi di studio.
Che casino e che unità! Prima di finire l’occupazione grande lotta con gli estintori ad anidride carbonica: uno sfogo liberatorio.
L’occupazione è finita. Non chiedetemi cosa abbiamo ottenuto perché i ricordi si sovrappongono tra le mie tre occupazioni (mi sono laureato a luglio 70 e a settembre ero già al CAR a Palermo): i semestri, i corsi serali, le dispense, …
Ricominciano le lezioni. Quelli entrati nel 65 a Fisica sono il perno del movimento, fanno il III anno e adesso hanno Istituzioni di Teorica con Prosperi che deve fare l’assiomatica della Meccanica Quantistica: vorremmo sapere cos’è un’osservabile, vorremmo capire il legame tra un operatore nello spazio di Hilbert e la realtà fisica.
Nonostante l’impegno di Franco Gallone e Gipo Cattaneo (giovani assistenti a metodi e teorica) le risposte non sono entusiasmanti. Non è chiaro se siamo noi che ci spieghiamo male, la MQ che è difficile, noi che siamo ignoranti o lui che non apprezza le domande. Forse Prosperi ha fretta, visto il mese perduto. I teorici sono simpatici (Galgani, Lantz, Ramella, don Cirelli).
Visto con gli occhi del poi eravamo di una ignoranza micidiale ma a nostra discolpa c’è da dire che non abbiamo incontrato dei grandi maestri, di quelli da ascoltare a bocca aperta (come c’erano a Lettere e Filosofia).
L’unico che accetta di discutere un po’ con noi è Gianni Degli Antoni: giovane, curioso e piacentino. Nascerà un rapporto destinato a durare e finiremo quasi tutti ad occuparci di Cibernetica perché con lui si riusciva a parlare.
Il 1968 prosegue anche dopo l’occupazione; ricordo gli scontri di largo Gemelli ed una settimana intera di manifestazioni contro la repressione. Se non ricordo male in largo Gemelli venne menato il buon Paolo Cotta: ma come si fa a picchiare Paolo Cotta, dicevamo.
Estate 1968: il convegno di Fontanella
Fontanella è una frazione di Sotto il Monte, il paese di Giovanni XXIII e a Fontanella padre David Maria Turoldo (intellettuale, poeta, predicatore, organizzatore) aveva messo in piedi intorno ad una abbazia medioevale un centro studi dei Servi di Maria.
A Fontanella abbiamo fatto il convegno estivo del movimento. Pochi giorni di nuovo insieme (eravamo una cinquantina) per discutere cosa fare nel 68/69.
Abbiamo lavorato e a me è rimasto in mente la pace di quel posto. C’era appena stata l’invasione della Cecoslovacchia e, dando prova di notevole lungimiranza, mi ero iscritto al PSIUP da 15 giorni. Il partito era un misto di burocrati filosovietici, vecchi socialisti luxemburghiani come Lelio Basso, antimperialisti duri come Libertini e, nella primavera, il PSIUP aveva flirtato con il movimento ottenendo anche un buon successo elettorale.
Turoldo ci lasciò discutere per giorni senza mai interferire e poi prese la parola l’ultimo giorno con un invito esplicito a non farci strumentalizzare. Ricordo ancora la replica irata di Sergio Bianchini che si stava avvicinando ai marxisti leninisti.
Ho deciso di tornare a Fontanella a Natale 68 per regolare i miei conti con il Cristianesimo. Ho trovato gente molto in gamba disposta a concepire percorsi personali e un po’ eretici dentro la Chiesa (teologi puri, teologi della liberazione). Decisi che, nonostante Turoldo e i suoi collaboratori, con la Chiesa era ora di farla finita. Prima che con Dio.
Si incominciava a cercare una nuova teoria; eravamo curiosi di marxismo; in quella estate ho letto un libro di André Gorz, condirettore (con Sartre) di Les Temps Modernes (il socialismo difficile, ed. Laterza). Ne ho steso anche degli appunti che ho poi discusso con Oskian che mi stava guidando nella formazione teorica e politica. Ero sistematico e diligente; Nel volume, che conservocome un cimelio personale, ci sono tutte le note a margine: sindacalismo e politica, studenti e operai, riforma e rivoluzione, il socialismo difficile, colonialismo dentro e fuori.
Stavo passando dalla sinistra Psiup, con cui a Monza si lavorava nel Comitato di Base della Candy, alla scelta rivoluzionaria: la politica al primo posto. Di lì a qualche mese sarei entrato in Avanguardia Operaia.
Nascevano i gruppi e ci si schierava.
Ricordo che ero molto orgoglioso del mio essere diventato prima di sinistra e poi marxista a differenza di molti che, non avendo storia, avevano fatto il percorso inverso. Sono passati tanti anni: il marxismo è decisamente passato, anche se il materialismo storico rimane uno strumento importante per leggere la storia; essere di sinistra continua ad avere un senso solo se guardi alla storia europea dalla rivoluzione scientifica in poi (ma di questo ne parleremo ragionando di come sono adesso).
Il mondo cambia e noi con lui.