agli amici di C.L.

Il sito di Tempi pubblica una lunga replica di Formigoni alle accuse nei suoi confronti cosa ho da dire sulla amicizia con Daccò e Simone e si rivolge a Carla Vites cercando di rispondere alle sue obiezioni sull'amicizia tradita.

Interviene anche il direttore Luigi Amicone con Formigoni non è perfetto. Ma non vedete quale regime preparano?

Le repliche sono state oneste, anche se prevalentemente rivolte all'interno. In buona sostanza, si dice, avere amici che fanno affari, non è un delitto e fare affari perché si hanno amici in Regione nemmeno. Segue l'inno ai successi di Regione Lombardia.

I successi ci sono e Formigoni non avrebbe fatto tre mandati consecutivi sbaragliando i concorrenti di centro sinistra, volta a volta diversi, se non avesse dimostrato capacità di governo e capacità di fare squadra.

Il mix pubblico privato e la sussidiarietà, applicate alla sanità e alla formazione professionale hanno funzionato e su molte cose Regione Lombardia si è rivelata funzionante alla prova dei fatti. E dunque?

  1. Se Formigoni si dovrà dimettere lo si vedrà attraverso le carte dei magistrati. La sua difesa sulle "sponsorizzazioni" pagate da Daccò ma che coprirebbero spese di gruppo mi pare poco convincente. I conti per le cene pagate da Daccò mi paioni poco rilevanti, anche se non ci sono solo le cene e le feste di capodanno sono già meno chiare. Ma il problema sono le decine di milioni di euro non i conti del ristorante o i biglietti aerei. Qualcuno vuole sostenere che quando Daccò faceva consulenze o intermediazioni milionarie stava solo carpendo la buona fede dei clienti o magari certe amicizie contavano davvero?
  2. Mi ha creato disagio osservare la parabola discendente di un movimento che ho visto nascere e da cui mi sono distanziato nel lontano 1965, non per la questione degli affari, che mi avrebbe fatto inorridire (erano altri tempi e gli ideali contavano qualcosa nella vita), ma per le questioni legate all'integralismo sul piano religioso. Ricordo ancora l'ultimo raggio a cui partecipai (aprile 65, ventennale della liberazione) mentre avevo già iniziato il distacco: non capisco i partigiani comunisti e socialisti perché se non avessi avuto la fede in Cristo mai e poi mai sarei andato in montagna. Quella era gente seria, con idee diverse dalle mie, ma seria. Mi colpì la scelta di mettersi in proprio in politica, e ci fu una differenziazione psicologica e comportamentale tra i ciellini puri (la comunità) e quelli di MP (il movimento). Non intendo polemizzare sulle logiche spartitorie e di occupazione di tutti gli spazi (nei primariati, a medicina, ….); tutto era funzionale alla costruzione del regno di Dio (o di don Giussani) in terra. Interesse legittimo.
  3. I giovani degli anni 60, 70, 80 divennero adulti e si crearono le prime divisioni tra chi ci stava in tutto e chi ci stava solo in parte. Ma la macchina di potere era costruita, oliata e funzionante con una bella divisione di compiti che prevede che chi sta al vertice faccia politica e non si occupi mai direttamente di affari. Formigoni lo rivendica e ha ragione.
  4. Gli anni sono passati e sono venuti i compromessi con la Lega, l'ingresso in Forza Italia, la incapacità di vincere dentro Forza Italia ponendosi come espressione di un pezzo di quella politica (Maurizio Lupi). Prima si giustificò lo stare con gli uomini di Andreotti invischiati in tangentopoli e poi si giustificò lo stare con i festini di Arcore, a condizione di non andarci.
  5. Poi c'è stato il disagio sul piano morale; mi ha impressionato la frase della moglie di Simone Carla Vites sulla mancata conoscenza degli affari del marito. Lo chiama padre dei miei figli, il che mi fa pensare alla imminenza di una rottura (che per un ciellino è sempre un bel problema). Ci sono stati l'affaire Minetti, il disagio per le maialate del capo, e ora i soldi e gli stili di vita poco sobri (per usare la terminologia di Bagnasco).
  6. Luigi Amicone vede nell'attacco a Formigoni l'attacco della demoplutocraziamassonica. Può darsi che ci sia anche quello? Ma ad Amicone chiedo se non convenga che Monti (sul piano morale) sia meglio di Berlusconi e se la crisi della politica non sia una invenzione della demoplutocrazia, ma sia invece in atto una seria crisi delle rappresentanze democratiche da cui si uscirà con sommovimenti molto seri.