morire con dignità

Leggo sul sito del Gazzettino di Venezia del caso di una donna moribonda rimasta in Pronto Soccorso per 8 ore prima che saltasse fuori un posto e della successiva morte, qualche ora dopo il ricovero, nel reparto di malattie infettive (a detta del primario di Pronto Soccorso, l'unico che garantisse un minimo di dignità e privacy).

I parenti si sono resi conto dei problemi dell'ospedale e hanno dichiarato che, al di là degli aspetti logistici, il trattamento è stato all'altezza del caso, ovvero il personale medico ed infermieristico ha fatto ciò che ha potuto.

Dalla lettura dell'articolo mi manca un dato: perché si porta una persona agonizzante a morire in ospedale?

L'ospedale è uno dei luoghi più tristi ed angoscianti che esistano. Un tempo si moriva a casa circondati dai propri cari ed è così che dovrebbe essere: luci tenui, ambienti noti, rumori soffusi, la mano di un amico o dell'amato che tiene la tua.

Purtroppo è molto diffusa, a parte il caso degli hospice e della assistenza domiciliare ai malati terminali, l'idea di "provare", o comunque di delegare a qualcuno la propria impotenza.

Mi fa ancora male il modo in cui venne lasciata morire mia madre: la ricoverammo in mattinata per il II infarto nel giro di una settimana (dopo una precedente dimissione affrettata), messa in rianimazione dopo qualche ora di pronto soccorso, con i parenti mandati a casa alle 21 perché "era tutto tranquillo" e poi morta da sola, seminuda e attaccata alle macchine all'una di notte.

Non sarebbe stato meglio che il medico di base dicesse "il cuore sta cedendo lasciatela morire tranquilla"? Invece le cose non vanno così nella maggioranza dei casi: non va così con il medico di base stretto tra la coscienza del "non c'è più nulla da fare" e la tranquillità del rivolgersi alla struttura specialistica superiore; non va così per la struttura ospedaliera che prima tenta di respingerti e poi non ha il coraggio di dire che è ora di smettere o peggio smette l'assistenza ma non lo dice.

Quasi nessuno fa più della semeiotica in medicina: non si parla con il paziente, non lo si guarda e ci si affida agli esami; quando i risultati non convincono si prescrivono altri esami. Mia madre fu dimessa, e io ero perplesso nel guardare come stava, perché gli esami degli enzimi cardiaci erano a posto. Erano passati 5 giorni dal primo ricovero. Non ci fu detto "la pompa sta cedendo" statele vicino. Ci fu detto portatela a casa, e poi ricoveratela, e poi (con la pressione massima a 60) "perché l'avete portata qui"?

Beata la civiltà contadina.