Pomigliano e l’internazionalismo proletario

Sto sentendo le reazioni al risultato di Pomigliano con i NO in zona 40%. Complimenti a tutti quelli che hanno ciurlato nel manico e ora possono inneggiare all’internazionalismo proletario: si chiude in Italia ma si mantiene l’occupazione in Polonia.

Secondo i sondaggi hanno votato per l’occupazione gli operai sindacalizzati e hanno votato NO, in numero superiore alle attese della FIOM, i giovani meno legati alla cultura del posto fisso. Se è così la notizia è doppiamente clamorosa e lascia con il cerino in mano la dirigenza FIOM che avrebbe preferito poter dire: noi abbiamo fatto la nostra parte ma gli operai la pensano diversamente. Invece ora dovrà dire cosa si fa.

La Fiat annuncia che la percentuale di NO è troppo alta per fidarsi a fare l’investimento. Il ministro Sacconi spergiura che Marchionne rispetterà gli impegni. Tutti fanno la loro parte.

Un tempo, in queste occasioni, il movimento operaio aveva dirigenti coraggiosi e all’altezza delle responsabilità: la svolta di Salerno di Togliatti nel 1944, la lungimiranza di Togliatti nel portare a casa la Costituzione quando si andava alla rottura con la DC, le posizioni di Lama in campo sindacale. Ora si fa il pio pio e non parlo solo della FIOM. Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione del fatto che in Italia, sul versante riformista, non c’è politica e si vive di sussurri e grida. Chissa quante grida sentiremo stasera ai telegiornali.