si è abbassata l’asticella ?

Alcuni mesi fa mi è capitato di alloggiare in una casa, oggi usata come casa residenza, la cui proprietaria si chiamava Ida. Ida era una docente di greco. Ha scritto diversi libri per le scuole superiori e traduceva fluentemente dal greco all’italiano e viceversa.

Nella casa di Ida c’erano tantissimi libri. C’erano le prime edizioni dei Promessi Sposi e libri degli anni ’20 del secolo scorso, ancora rilegati a mano. Tra questi libri ho ritrovato testi scolastici che descrivevano la storia di un’Italia da alfabetizzare. Nei libri delle scuole medie si parlava di trigonometria, di seno, coseno e parallasse… a 12 anni!

Nei libri della scuola primaria si utilizzavano verbi e vocaboli che oggi ritroviamo in antologie del biennio delle superiori. E la storia e la geografia avevano pagine piene di dati e nomi.

Non sono un nostalgico e chi mi conosce sa cosa penso di quel tipo di scuola che ha selezionato tanto, lasciandone troppi indietro. E così apro i libri dei miei figli, di 8 e 11 anni. Vedo pagine piene di foto e tanti colori e poche frasi scritte, se non ad effetto, e tante schede da compilare. Vado nella sezione di matematica e scienze e, quando si parla di Universo, si riesce a passare dai pianeti alle stelle fino a citare i buchi neri in sole 8 righe, poco più di 130 parole, e anche con qualche errore concettuale (!).

Mi chiedo: quando abbiamo deciso di abbassare l’asticella? Siamo davvero sicuri che una scuola semplice sia la scuola migliore per tutti i nostri bambini e ragazzi? Siamo davvero certi che la responsabilità di tutto questo non sia nostra?

Mi occupo di robotica educativa e di didattica della fisica da quasi 20 anni. Nei miei corsi di formazione ai docenti dico subito: i miei corsi non sono semplici. Non amo girare motorini. Amo fare Scienza, Matematica, Fisica… amo raccogliere dati, discutere di energie e forze, amo progettare e fare ipotesi con metodo scientifico.

Io credo che il problema non sia lo strumento e neppure il digitale (e così sfatiamo subito un luogo comune: non è la scuola degli ultimi 20 anni ad aver abbassato l’asticella e non lo sono i suoi strumenti). E il problema non sono neppure i nostri bambini e ragazzi.

Credo che il problema sia cosa chiediamo loro di fare e cosa diamo loro. Se a un bambino di 5 anni che piange a tavola diamo in mano uno smartphone per farlo calmare oppure scegliamo di raccontargli una favola con un libro, allora facciamo delle scelte. Se a 8 anni spiego le energie e le loro trasformazioni semplificando un libro di testo già semplice o lo faccio sperimentare con pannellini fotovoltaici e qualche LED, allora faccio delle scelte.

Qualcuno ha affermato che la scuola democratica, la scuola per tutti, ha abbassato così tanto l’asticella da delegittimare la Scuola stessa nel suo ruolo di ascensore sociale. Io credo che dovremmo seriamente interrogarci su cosa vuol dire fare Scuola e iniziare a non cedere alla tentazione di banalizzare il sapere e le discipline, ma di scegliere i giusti strumenti e continuare a coltivare le grandi domande.

In quei libri di 100 anni fa c’era dietro tanta scuola che ha perso per strada migliaia di alunni. Una formula di trigonometria ha bocciato tanti ragazzi, già a 11 anni, costringendoli a scegliere tra i campi, le fabbriche o chissà cos’altro. La scuola di oggi è molto diversa e, fortunatamente, c’è più didattica, più pedagogia, più relazione. Non cediamo, però, alla tentazione di abbassare troppo l’asticella, ma alziamo sempre più le grandi domande ed utilizziamo con efficacia gli strumenti, anche quelli del nostro tempo, troppo spesso impolverati dentro gli armadi delle scuole.

Intanto sfoglio alcuni libri che la nipote di Ida mi ha donato e imparo tanto da quei testi che venivano letti e studiati da ragazzi e ragazze di 12 anni!