Brescia 50 anni dalla strage
Era il 28 maggio del 74, un martedì, tarda mattinata, Filippo Castrezzati era a metà del suo comizio, quando di sentì un suono secco e poi le grida.
Pioveva e sotto i portici di piazza della Loggia, proprio dove si era rifugiato il gruppo di attivisti della CGIL Scuola esplose una bomba collocata in uno di quei cestini metallici della spazzatura che si trovano ovunque nelle nostre città.
Morirono sùbito in 6 dilaniati dalla bomba, altri due erano gravissimi e morirono nei giorni successivi. I feriti, colpiti dalle schegge furono oltre un centinaio.
le vittime
- Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni, insegnante di francese.
- Livia Bottardi in Milani, 32 anni, insegnante di lettere alle medie.
- Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante di fisica.
- Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante.
- Euplo Natali, 69 anni, pensionato, ex partigiano.
- Luigi Pinto, 25 anni, insegnante.
- Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio.
- Vittorio Zambarda, 60 anni, operaio.
Tra gli 8 morti si contano 5 professori, attivisti della CGIL Scuola, due di essi Giulietta Banzi e Luigi Pinto sono anche militanti di Avanguardia Operaia.
l’attentato
Potete ascoltare qui il documento sonoro del comizio con lo scoppio intorno al minuto 9 della registrazione.
Si era concluso da poco il referendum sul divorzio voluto da Fanfani e Almirante con la grande vittoria del no alla abrogazione e la provincia di Brescia, da alcuni mesi era stata teatro di iniziative fasciste di vario genere; la manifestazione, con sciopero generale era stata convocata pensando ad una protesta che facesse da argine.
Invece ci fu l’attentato seguito poi dalla rivendicazione da parte di organizzazioni fasciste nate per filiazione dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo
Brescia Oggi il quotidiano progressista di Brescia uscì con una edizione straordinaria nel pomeriggio stesso della strage
Sono stati giorni tristi e frenetici; ero il segretario regionale lombardo di AO e con la mia Aermacchi 350 mi recai a Brescia tutti i pomeriggi sino al giorno dei funerali, venerdì 31, per stare vicino ai compagni che fino al giorno prima avevano lavorato fianco a fianco di Giulietta e Luigi.
Luigi era ancora vivo, sarebbe spirato il 1 giugno per gli effetti del gravissimo trauma spinale che aveva subìto. Nel preparare questo articolo ho trovato anche la testimonianza del medico che lo accolse in ospedale, era cosciente e voleva sapere del suo stato.
Da Milano organizzammo un treno speciale in occasione dei funerali. Erano altri tempi; i funerali furono grandiosi con una partecipazione popolare tra le 500 e le 600 mila persone (4 volte la popolazione di Brescia). Peccammo certamente di estremismo (compagna Giulietta sarai vendicata) e in assenza dei fascisti cercammo di prendercela con le istituzioni dello stato, in primis con la DC mettendo sullo stesso piano il Presidente Leone o Rumor e la DC bresciana notoriamente di sinistra, popolare e antifascista. Se ne trova traccia nei documenti e nelle tesi di laurea. La gente sapeva di Giulietta, della sua militanza, e quando entrammo in piazza con lo striscione di AO fummo accolti da una marea di applausi.
che persone erano?
I 5 docenti morti erano, ciascuno con le sue peculiarità, persone eccezionali impegnate nella costruzione del sindacato scuola CGIL, nato da pochissimi anni e ciascuno di loro si portava dietro storie di impegno politico-culturale, di famiglia, di alpinismo, di emigrazione.
In questi anni un po’ di istituzioni locali si sono preoccupate del ricordo, esiste un sito con diverso materiale documentario, sono state fatte delle tesi di laurea su alcuni di questi protagonisti e, nelle loro scuole e/o città di provenienza sono ricordati con delle lapidi.
Giulietta Banzi
Giulietta Banzi insegnava francese al liceo Arnaldi, aveva tre figli piccoli che ricordano lo sballottolamento per le riunioni e le manifestazioni. Il figlio mschio, Afredo, che allora aveva 5 anni, è senatore del Partito Democratico.
Era sposata con un avvocato democristiano di sinistra che, ai tempi della strage, era assessore all’Urbanistica al comune di Brescia. Aveva iniziato il suo spostamento a sinistra nella seconda metà degli anni 60 aderendo ad un circolo culturale in cui si approfondiva, lavorando sui testi, il pensiero di Marx e di Lenin; da qualche mese entrata in contatto con il Comitato di Agitazione degli insegnanti (creatura milanese messa in piedi da Maria Teresa Torre Rossi e Claudio Annarratone) aveva aderito ad Avanguardia Operaia.
Tra i ricordi di lei mi è piaciuto quello di una ex studentessa: ci dava del lei, come forma di rispetto nei nostri confronti e ci diceva che la letteratura francese, che lei insegnava, era importante, ma che era più importante non scordarsi della Rivoluzione Francese.
Strane le vite vere, non vi pare? Le nostre analisi di allora non prevedevano queste cose, una compagna che vive una vita felice con un marito democristano, ma questo marito democristiano fece portare sulla bara di Giulietta la sua bandiera rossa creando scandalo in certi ambienti.
Qualcosa del lavoro politico di allora di Avanguardia Operaia a Brescia è rimasto con la esperienza di Brescia anticapitalista. La CGIL Scuola, che ora si chiama Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC), in questi anni ha fatto un meritorio lavoro per ricordare le vittime producendo un libricino biografico di ciascuno. Questo è quello dedicato a Giulietta. La tête bien faite che richiama un famoso aforisma di Montaigne a proposito di scuole ed educazione, aforisma ripreso da Egadgar Morin: meglio una testa ben fatta piuttosto che una testa ben piena.
Alberto Trebeschi
Al momento della strage sapevo poco o nulla di lui. Era un insegnante di fisica, come me appassionato degli aspetti culturali e formativi di questa disciplina. Si occupava di storia della scienza e di problematiche di unità del sapere. E’ morto con la moglie, entrambi erano appassionati di montagna. Alberto, prima di approdare al partito comunista aveva avuto una lunga militanza nel partito radicale ed era tra gli animatole del circolo culturale Antonio Banfi frequentato da tutto il gruppo impegnato nella costruzione del sindacato scuola.
Qualche anno dopo la strage, quando avevo ripreso ad insegnare ho scoperto che gli Editori Riuniti avevano pubblicato un suo lavoro postumo, frutto del riassemblaggio di appunti e materiale didattico: Lineamenti di Storia del Pensiero Scientifico. Ne feci un largo uso nei primi tre anni di ritorno al Frisi dopo il 1977. Questa è la sua biografia Alberto. Una questione scientifica
Luigi Pinto
Luigi veniva dal sud, dalla provincia di Foggia, era perito industriale e nella vita, prima di approdare all’insegnamento a tempo indeterminato di Applicazioni Tecniche nella scuola media, aveva fatto un po’ di tutto, concorso per le ferrovie, lavoro al Petrolchimico di Marghera, cambi frequenti di residenza nel tentativo di costruirsi una vita come capita ai giovani volenterosi del sud.
Ma anche l’insegnamento nel bresciano non è semplice, levatacce per andare con i mezzi pubblici da Brescia a Montisola, sul lago di Iseo, traghetto incluso. Riprendo dalla biografia di FLC Luigi una storia semplice
due sembrano, tra le altre, le principali qualità dell’uomo: la generosità e il senso di responsabilità.
La prima significava, per Luigi, disponibilità, attenzione, rispetto, cura degli altri: parenti, amici, alunni, colleghi, compagni del partito e del sindacato.
La seconda, dovere, coerenza, serietà, consapevolezza, rigore nel lavoro e nella militanza politica e sindacale. L’espletamento del dovere comportava per lui, animato da un profondo senso di giustizia sociale, la rivendicazione dei diritti dei lavoratori, il miglioramento delle loro condizioni di vita, l’innalzamento della qualità della scuola, l’allargamento delle possibilità occupazionali.
A ciò lo sollecitavano i suoi convincimenti politici, la sua simpatia per Avanguardia Operaia e il suo impegno sindacale, ma anche la sua condizione di emigrante, di proletario, di giovane meridionale, costretto, come tanti lavoratori del Sud, a cercare fortuna lontano dal luogo d’origine e dalla famiglia.
per chiudere
Ogni volta che mi imbatto nelle stragi fasciste mi prende una sorta di malinconica rassegnazione tra processi che non finiscono mai, condanne da cui restano fuori una bella fetta di mandanti, una specie di storia infinita che, si spera, sia finita negli anni 80. E ti resta sempre una domanda, che non mi rimane quando mi documento sul terrorismo rosso: sappiamo tutto? Li abbiamo presi tutti? Chi ha organizzato e commesso le stragi sta pagando?
E’ questa la ragione per cui è necessario che la destra italiana non abbia paura di tirare la riga nei confronti non tanto e non solo dei fascisti stragisti ma anche di tutto quel mondo ambiguo che le circonda fatto di tolleranze e di va beh.