a proposito di anti-…

In questi giorni la discussione su anti-(fascismo, totalitarismo, comunismo, imperialismo, sionismo, violenza, …) e quella su filo-(ambientalismo, pacifismo, …) va per la maggiore e diverse forze che lanciano strali o polemiche sono spesso sguarnite su un pezzo dell’anti o del filo.

Parto dalla questione dell’antifascismo per sottolineare un dato di natura storica: l’Italia, a differenza della Germania (dove il nazismo aveva letteralmente stritolato ogni forma di opposizione) ha partecipato direttamente alla propria liberazione dal nazi-fascismo attraverso una esperienza di lotta armata abbastanza significativa sul piano dimensionale, esperienza che si è aggiunta all’azione degli eserciti alleati che risalivano la penisola, in collaborazione e in funzione di stimolo.

Si è trattato di un elemento importante sottolineato da De Gasperi alla conferenza di Parigi e ciò ha consentito la organizzazione della democrazia senza bisogno di essere messi sotto tutela, anche se i condizionamenti ci furono, almeno in parte, ma ciò è naturale in qualsiasi processo storico. Non è stato così per la Germania, divisa in quattro e poi in due quando russi e alleati occidentali hanno iniziato a litigare e, men che meno lo è stato per i paesi dell’est schiacciati dal tallone di ferro sovietico.

E’ questa la ragione per la quale oltre che dirsi anti-totalitari, in Italia è opportuno dirsi anti-fascisti.

A suo tempo ho molto apprezzato il coraggio di Gianfranco Fini nel traghettare il partito neofascista verso la democrazia. Serviva dare un taglio netto e Fini lo diede visto che Alleanza Nazionale ereditava tutto dal MSI, un partito nato nel dopoguerra per organizzare il consenso dei nostalgici della RSI. Molti di quei personaggi erano gli stessi padri fondatori (penso a Mirko Tremaglia), altri erano i rappresentanti del neofascismo degli anni 70 (penso a Ignazio La Russa) sempre a metà tra legalità, fascismo militante e trame nere. Ognuno ha avuto il suo album di famiglia: Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, i NAR.

Di sicuro, in quella storia, non possiamo metterci Giorgia Meloni che ha le stesse ascendenze, ma viene da una generazione dopo, quella culturalmente ancora interna al linguaggio e ai riferimenti culturali del nazionalismo e della reazione, ma che, anche per ragioni generazionali, non può essere definita neo-fascista.

Qualcosa di analogo ha caratterizzato l’evoluzione della ex sinistra comunista. Il PCI è sempre stato qualcosa di diverso dal modello sovietico e leninista-stalinista, anche se quel modello faceva parte del suo DNA a partire dalla origine del 1921 (si pensi alla ostilità verso i socialisti che spesso perdura ancora oggi).

Il PCI ha contribuito in energie umane e sangue alla nascita della Repubblica Italiana accettando da subito un modello di Costituzione diverso da quello delle Democrazie Popolari (pur nel desiderio represso di fare come la Russia). Bisogna darne atto e questa è la ragione per la quale molti dirigenti politici, che da quella esperienza politica vengono, si dichiarano oggi anti-comunisti in quanto anti-totalitari e, contemporaneamente, si dichiarano orgogliosi di essere stati comunisti-italiani (primo tra tutti Walter Veltroni).

Attenzione, certe incrostazioni non si trovano solo dalle parti della Meloni ma anche sul fronte degli antifascisti militanti (e vanno denunciate come tali).

  • Nel giro della Meloni si hanno difficoltà a prendere le distanze da certe commemorazioni paramilitari di stampo neofascista (penso a quella su Acca Larenzia o a quella del cimitero monumentale di Milano che si tiene il 25 aprile) e comunque la parola anti-fascista dà fastidio e si preferisce fare di ogni era un fascio dicendo che, siccome siamo contro il totalitarismo, siamo anche antifascisti enon lo deiciamo perché c’è e c’è stato un antifascismo militante che ha insanguinato le nostre fila (e si cita spesso il caso di Ramelli).
  • Nel giro antifascista ci sono modelli e interpretazioni diverse, anche molto diverse ma il 25 aprile scatta il trigger della memoria e si scende in piazza tutti insieme. Così si ha difficoltà a dire che noi non abbiamo niente da spartire con una parte di quelli che hanno manifestato ieri a Milano. Parlo di quelli che davano dei nazisti alla parte di corteo con le insegne della brigata ebraica, o di quelli che hanno una visione sanguinaria della resa dei conti e che rifarebbero domani Piazzale Loreto, o di quelli che erano in piazza per impedire al Sindaco Sala di parlare. Quando invitiamo Giorgia Meloni a dichiararsi antifascista lodobbiamo fare chiarendo che l’antifascismo che proponiamo nulla ha a che vedere con certe idee o comportamenti.

Non sto sostenendo una sorta di visione rivisitata  della antica proposta della lotta agli opposti estremismi, sto auspicando la necessità di convergere su un blocco di valori che caratterizzano l’Italia Repubblicana, quella di oggi, diversa da quella del 45, ma comunque figlia di una riga che venne tracciata allora.

Penso che lo si debba fare nel reciproco rispetto e con lungimiranza capendo che in politica, spesso, sono necessari dei tempi per elaborare il lutto e dunque bisogna avere pazienza e testardaggine.