le centrali idroelettriche di pompaggio

Per capire cosa siano e perché si usino le centrali idroelettriche dette di pompaggio occorre fare una premessa che riguarda le differenze tra le centrali termiche (tra cui anche quelle nucleari) e le centrali idroelettriche.

Le prime sono delle gigantesche macchine termiche che, per ragioni legate al II principio della termodinamica, hanno necessariamente un rendimento piuttosto basso. Nelle grandi centrali si arriva al 40% (al 60% in quelle a ciclo combinato con due macchine termiche che lavorano in serie). Viene prodotto del vapore surriscaldato che fa girare una turbina e questa a sua volta aziona l’alternatore.Queste centrali buttano via un sacco di calore a bassa temperatura e dunque, tra i tanti problemi, determinano anche un effetto di inquinamento termico e, per questa ragione, sono costruite in corrispondenza di grandi corsi d’acqua necessari a portar via il calore a bassa temperatura.

Hanno anche un secondo difetto; per funzionare con quei rendimenti devono andare in continuazione a pieno regime, sono cioè poco flessibili e mal si adattano al fatto che la richiesta di energia elettrica ha dei picchi durante le ore di luce e si abbassa notevolmente di notte.

Le centrali idroelettriche utilizzano l’energia potenziale dell’acqua che, cadendo dall’alto, fa girare una turbina. Hanno rendimenti molto alti (sopra il 90%) e sono molto flessibili, possono essere fermate o portate al massimo regime in pochi minuti e possono fornire potenze variabili a seconda della necessità.

Da qualche decina d’anni, le tradizionali centrali a caduta sono state sostituite dalle cosiddette centrali di pompaggio nelle quali i bacini di accumulo dell’acqua sono due uno a monte e uno a valle. Durante il giorno, nelle ore di punta, funzionano normalmente (producendo energia elettrica e svuotando il bacino a monte) mentre durante la notte l’acqua del bacino inferiore viene ripompata in quello superiore sfruttando due cose:

  • l’energia elettrica in eccesso prodotta dalle centrali termiche per far funzionare le pompe
  • il fatto che sia l’alternatore, sia la turbina sono reversibili e si possono trasformare, funzionando al contrario, in un motore e in una pompa.

L’operazione può essere completamente automatizzata e ormai si è arrivati a costruire impianti di notevole potenza.

Il più grande è quello di Edolo che prende le acque del bacino dell’Adamello con una potenza di circa 1000 MW (con 8 gruppi). La centrale di Bargi utilizza come bacino a valle il lago di Suviana e come bacino a monte quello più piccolo del Brasimone che viene costantemente riempito e svuotato e che si trova a 5 km di distanza circa 350 m più a monte. La potenza installata è di 320 MW con due sole turbine.

Naturalmente le centrali di pompaggio non sono esenti da problemi tecnologici:

  • dimensioni e peso delle turbine; la girante ha un diametro di 4 metri e pesa oltre 30 tonnellate; l’alternatore a 8 coppie polari per produrre corrente alternata a 50 Hz (quella della rete) deve comunque fare 3000/8 = 375 giri al minuto con oggetti che pesano decine di tonnellate. Si pensi per fare un solo esempio all’albero d’acciaio lungo diversi metri su cui è innestata la parte rotante dell’alternatore.
  • quando si apriono e chiudono le valvole che portano l’acqua si verifica un colpo d’ariete di circa 40 atmosfere che va compensato con un pozzo piezometrico più alto del dislivello tra i due bacini
  • l’operazione di commutazione che trasforma l’alternatore in motore è delicatissima con quelle potenze in gioco e richiede un perfetto sincronismo tenendo conto che il motore sincrono, prima di funzionare come tale,  va fatto girare meccanicamente dalla turbina sino a raggiungere la velocità giusta
  • l’alternatore raffreddato dall’acqua del bacino inferiore genera energia elettrica a 40 mila volt e i cavi del sistema trifase vanno all’esterno (isolati e immersi in bagno d’olio) prima che i trasformatori portino la tensione a 380 mila volt
  • le condotte (del diametro di 4 metri) in cui cade l’acqua sono sulla verticale della centrale ma l’acqua arriva in pressione attraverso una galleria di quasi 5 km per portare l’acqua del primo bacino sulla verticale del secondo; la portata delle condotte è di 100 metricubi/secondo

Di fronte ai problemi posti dall’esplosione, incendio e allagamento a quota -40 in tanti si saranno chiesti come mai la centrale è stata del tipo a pozzo e non in caverna come si fa solitamente con le centrali idroelettriche in quota. Diamo intanto qualche elemento dimensionale (dipendente dalla potenza installata); la centrale ha una sezione rettangolare di 60×40 metri con una profondità di 54. Oltre agli aspetti di natura costruttiva (collocazione di un edificio di quelle dimensioni) c’è un elemento legato alla necessità che le pompe e le turbine si trovino al di sotto della quota minima del bacino per minimizzare gli stress che si verificano ogni sera in corrispondenza delle operazioni di commutazione.

Nella foto di Stefano Semanzato la condotta dal Brasimone e la centrale in un momento di svuotamento del bacino con evidenti le prese di carico e scarico dell’acqua.

Ci si interroga su cosa possa essere accaduto, in particolare sulle cause della esplosione: interne all’impianto oppure dovute per esempio all’utilizzo di bombole per saldatura difettose? Si potrà saperne di più se si riuscirà a bloccare l’acqua che, sgorgando da uno dei tubi di raffreddamento danneggiati ha completamento invaso il livello 9.

Una osservazione finale: in questi impianti altamente sofisticati gli incidenti non accadono durante il funzionamento dell’impianto ma durante le operazioni di testing (vedi Chernobyl) o di manutenzione o infine per qualche evento esterno scatenante (come nel caso di Fukushima).