Milano in farmacia e gli anziani

Milano, farmacia di via Forze Armate. “Ne avrebbe uno nella scatola verde?

Il farmacista la guarda un po’ sorpreso e risponde che va a vedere. La signora è molto anziana. Cappotto scuro. Con la schiena curva perde una decina di centimetri della sua altezza. Se la schiena fosse dritta arriverebbe poco sopra al bancone di vendita. Invece, così curva, arriva appena a mostrare gli spessi occhiali sopra al bancone.

Quando ritorna, il farmacista le porta tre scatole con i farmaci equivalenti a quello richiesto. Una scatola è gialla. Un’altra ha disegnata una larga barra blu e la terza una piccola barra verde chiaro. “Prendo questa

Mi scusi, signora, ma questa è blu. Se preferisce quella verde può prendere quest’altra…” – “Parli più forte che non la sento

Non la voleva verde? Questa è verde…” – “No, prendo quella blu

Il farmacista, un simpatico napoletano molto accogliente, è un po’ perplesso, ma non sembra meravigliato. Forse già conosce la cliente. E’ però curioso e a voce alta, come richiesto dalla donna, le chiede il motivo del cambio di colore.

Adesso le spiego. Volevo la scatola verde per non confondermi con le altre medicine che prendo. Però prendo la blu perché la scatola verde che lei ha in mano è troppo grande. Se la metto nell’armadietto poi faccio confusione perché non vedo più le scatole delle medicine che stanno dietro…

Il farmacista risponde con un paio di parole e qualche gesto di comprensione, poi calcola il totale da pagare. Fra banconote, monete, resto ed errori vari il pagamento richiede qualche minuto, ma alla fine la signora se ne va contenta con la sua medicina nella scatola blu.

Nel frattempo si era formata una coda di clienti. Alcuni erano impazienti, altri come me guardavano curiosi la strana scena. Tutti eravamo costretti a servirci dell’unico altro bancone, dove a servire i clienti c’era una giovane dottoressa con la pelle nerissima. Era talmente nera che, con il contrasto del camice bianco, sembrava scappata da un esperimento fotografico di inizio Novecento.

Il cliente davanti a me parlava con la farmacista a voce molto alta, scandendo le parole una ad una. Evidentemente pensava di essere nella jungla congolese e cercava di comunicare alla bell’e meglio con la negra figlia di cannibali. Sentendomi responsabilizzato da questo sforzo comunicativo intercontinentale stavo già preparando la mia frase comprensibile all’immigrata africana “Io comprare medicina testa dolore…“.

Mentre pensavo ai più semplici verbi all’infinito, magari conditi con qualche gesto manuale, sentivo la risposta della farmacista che, in perfetto italiano con accento lombardo, parlava senza sbagliare un solo congiuntivo (chiaramente non era adatta a fare la Ministra del Merito…). Rispondeva al cliente parlando degli effetti collaterali del farmaco richiesto. Inoltre gli spiegava alcuni meccanismi burocratici della ASL che gli impedivano di evitare il ticket. Gli suggeriva poi di recarsi a un certo ufficio ASL, di cui scriveva l’indirizzo su un foglietto, per chiedere il rinnovo dell’esenzione del ticket.

Un po’ imbambolato nell’ascoltare queste indicazioni così precise, vengo svegliato dal cliente in coda dopo di me che mi fa notare che l’altro farmacista, il simpatico napoletano, mi sta aspettando da un po’, dopo che la signora con la medicina verde era già uscita dalla farmacia.

Anche questa è Milano…