p v ¬p = vero
Si fa un gran parlare del rischio che la intelligenza artificiale possa soppiantare la creatività umana e in particolare quella giornalistica data la possibilità di attingere per la sua formazione di base a banche dati sterminate cosa che la mente umana non riuscirebbe a fare.
Il rischio è reale e, personalmente, la cosa non mi spaventa più di tanto: la mia tesi di laurea del 1970 verteva sulla logica ad infiniti valori e sui corrispondenti fuzzy set che vedevamo come primi passi sul terreno della intelligenza artificiale.
Poi mi capita di ascoltare a Stampa e Regime su Radio Radicale l’articolo di uno di quei sapientoni di politica estera pagati profumatamente e osannati; ero in macchina e mi è sfuggito il cognome, ma non mi è sfuggita la argomentazione raffinata: per l’attentato di Mosca ci sono solo due possibilità:
- è stato organizzato direttamente o indirettamente dai servizi segreti russi con lo scopo di accusare poi l’Ucraina
- è stato organizzato e gestito come si dichiara nella rivendicazione da Isis-K
Dai tempi di Aristotele, ma forse anche prima, se p è vero, non p è falso e la frase disgiunta è vera; se p è falso, non p è vero e la frase disgiunta è vera. Non si scappa; questione di logica elementare.
L’illustre commentatore poteva anche dire che l’attentato l’ha organizzato mio zio oppure non l’ha organizzato mio zio. Un qualunque articolo generato dalla intelligenza artificiale avrebbe esaminato le mille sfaccettature del reale e anche quelle del mondo immaginario assegnando a ciascuna di esse un certa percentuale di plausibilità.
Meno male che c’è l’intelligenza artificiale che potra anche servire all’addestramento delle professioni intellettuali e a scremare dal gruppo quelli che, sarebbe meglio, si occupassero di funzioni puramente esecutive di tipo molto semplice, non come quelle che fa un robot di quelli utilizzati nella automazione industriale (troppo complesse per il nostro analista).