Che cosa sono le BR – recensione

intervista ad Alberto Franceschini

Non intendo proporre una sit-com intitolata le BR. Con la intervista al secondo dei padri-fondatori; considero esaurito l’argomento perchè l’Italia è ormai un’altra cosa, chi doveva pagare ha pagato, chi poteva parlare e spiegare lo ha fatto, oppure è stato zitto oppure ha peccato per omissione; però è comunque bene che alcune cose si sappiano e tra queste alcune che riguardano l’assassino di Moro, Mario Moretti.

La intervista a Franceschini è del 2004, lui è uscito di galera nel 1998 da dissociato, si è fatto 24 anni di galera e ha usufruito di qualche sconto di pena dovuto alla dissociazione (era stato arrestato insieme a Curcio attraverso l’infiltrato Girotto-frate-mitra).Il libro è fatto di due parti:

  • l’infanzia e l’adolescenza di Franceschini, la storia del gruppo di Reggio Emilia (detto dell’appartamento perché aveva sede in un appartamento nel centro storico di Reggio) formatosi a partire dal 67 intorno alla FGCI reggiana. Sul gruppo dell’appartamento consiglio di leggere la recensione al film-documentario Il sol dell’avvenire sceneggiato da Fasanella che contiene anche il link per visualizzarlo su YouTube.
  • La storia di Franceschini nelle BR dal 70 al 74 in libertà e successivamente da detenuto osservatore critico della leadeship di Mario Moretti. Nei suoi  confronti e in quelli del suo mentore Corrado Simioni, Franceschini oscilla tra un giudizio di critica di militarismo e il sospetto che si tratti di infiltrati del giro dei servizi segreti (tra CIA e KGB).

Reggio Emilia, l’adolescenza la radicalizzazione della FGCI e la lotta armata

Alberto Franceschini viene da una famiglia operaia con un nonno Andrea (classe 1887) tra i fondatori del PCdI, confinato con Secchia e Pertini, partigiano nelle SAP. Dopo la liberazione la famiglia fece da custode della Camera del Lavoro di Reggio mentre il nonno, vedovo, si innamorò di una ragazza del Casino di Reggio la sposò ed ebbe una figlia (una zia più giovane di Alberto).

Di questa famiglia tutta PCI c’è il ricordo della vertenza per non pagare il canone RAI della radio, perché loro ascoltavano solo le trasmissioni in italiano di radio Praga e radio Mosca e mi viene in mente che alla metà degli anni 60 anche io smanettavo con una radio ad onde corte con cui la sera ascoltavo radio Praga e radio Tirana (c’era un po’ di emozione nell’ascoltare la internazionale nell’etere).

Alberto è attivo sin da giovanissimo, a 13 anni è in piazza alla manifestazionbe per le Reggiane che finirà con i morti di Reggio Emilia. Ci racconta di una FGCI con 12 mila iscritti su 150 mila abitanti, delle prime lotte contro lo sfruttamento da parte delle aziende della Lega delle cooperative  e della maturazione di posizoioni antimperialiste e anti Nato cresciute intorno alla guerra del Vietnam.

C’è però un elemento di differenza rispetto alle pulsioni della meglio gioventù, questi giovani si raccordano con gli ex partigiani e ben presto iniziano a ragionare di lotta armata andando a raccattare le armi nascoste sull’Appennino. In proposito viene citato nei dettagli un episodio riguardante una partita di Sten ancora imballati nei sacchi con cui erano stati paracadutati. La Luger che si vede nella foto del primo rapimento BR, quello di Idalgo Macchiarini gliela aveva data il suo segretario di sezione che nel primo dopoguerra era fuggito in Cecoslovacchia in quanto imputato di avere giusiziato il direttore delle Reggiane. A partire dal 67 iniziano ad andare in montagna ad esercitarsi a sparare.

Pian piano la situazione con il partito si fa tesa; si è formato il gruppo dell’appartamento in cui si ritrova il filone guevarista proveniente dalla FGCI, psiuppini, anarchici ma anche gruppi del neonato dissenso cattolico. In questa occasione Franceschini conosce Corrado Corghi, ex segretario regionale della DC, esponente del dissenso cattolico e di quei settori che guardano a Camillo Torres e alla lotta armata in America Latina.

Corrado Corghi, ben introdotto negli ambienti vaticani e amico di Fidel Castro farà da mediatore con il Vaticano e con Cuba per garantire l’espatrio di quelli della banda XXII ottobre che avrebbero dovuto essere liberati in cambio della liberazione del giudice Mario Sossi (primo sequestro importante con detenzione del reapito, organizzato da Curcio e Franceschini nel 74). La liberazione saltò per la opposizione del Procuratore Generale Coco che si rifiutò di firmare la scarcerazione e per questo, due anni dopo venne trucidato insieme alla sua scorta dalla colonna genovese delle BR.

Il partito, per controllare il gruppo, propone di pagare l’affitto, ma quelli dell’appartamento si fanno un vanto di operare in proprio, lavoretti, contributi da Feltrinelli e più avanti anche le prime rapine. Il segretario della commissione federale di controllo, già comandante della brigata del nonno, propone a due dei leader (tra cui Franceschini) di prendere unm anno sabbatico e di andare a Mosca all’università Lomonosov a seguire corsi di marxismo-leninismo; i due rifiutano e si arriva alla rottura.

Pian piano il gruppo dell’appartamento cresce e diventa famoso nel mondo della contestazione e così arrivano i pellegrinaggi perché quella realtà fa gola: arriva De Mori del Cub Pirelli, arriva Curcio, arrivano Magri e la Castellina in giro a costruire la rete del Manifesto (il resoconto di questo incontro è esilarante).

Lucio Magri e Luciana Castellina. Stavano girando l’Italia per reclutare gente dal Pci. E vennero anche da noi perché eravamo già conosciuti come il «gruppo di Reggio». Ci  esposero le loro tesi, noi li ascoltammo. Poi, finita l’assemblea, verso l’una, io e Gallinari  rimanemmo a chiacchierare con loro. Magri me lo ricordo benissimo per un particolare: eravamo a dicembre e lui era abbronzatissimo. Gli dicemmo che non avevamo capito bene quali fossero le sue posizioni e gli chiedemmo di spiegarci che cosa pensava della lotta armata.
Magri tergiversava, o non aveva le idee molto chiare, o forse aveva paura di sbilanciarsi. Allora gli dicemmo fuori dai denti che noi, la rivoluzione, la stavamo organizzando sul serio. Lui ci guardò come stralunato, poi gli caddero le braccia e disse: «Ma allora, se voi volete fare veramente queste cose, io me ne torno a sciare». «Tu tornerai a sciare», gli rispose serissimo Gallinari, «non noi». E Magri non si fece più vivo.

La fondazione delle BR e uno strano personaggio

Franceschini viene radiato dal PCI nel dicembre del 69 ma nel corso dell’estate a Chiavari si è costituito, per azione di Renato Curcio e Corrado Simioni, il Collettivo Politico Metropolitano.

Corrado Simioni (1934-2008) ha avuto dei trascorsi nel PSI da cui è stato radiato per indegnità morale, è uno studioso di Pirandello e in quel momento lavora alla Mondadori. E’ lui a recarsi a Reggio per mandare in porto l’operazione recuperodei dirigenti dell’appartamento (hanno obiettivi comuni: “la lotta armata, la rivoluzione, la clandestinità“.

Mentre Renato era il leader da assemblea, molto comunicativo, capace di infiammare la gente, Simioni era l’opposto: di poche parole, riflessivo, non ci teneva a mettersi in mostra, ad apparire. Erano molto solidali, rapporti anche di complicità. Come se si fossero divisi i compiti: a Renato il ruolo pubblico, a Corrado quello più discreto della cura delle relazioni.
Immediatamente non si avvertiva la sensazione che uno fosse più importante dell’altro. Però, quando cominciavi a parlare con Simioni, ti accorgevi che era molto colto e che  usava la sua cultura come uno strumento di potere sugli altri. Alla fine ti rimaneva l’impressione che il vero capo del Cpm fosse lui, non Curcio

Simioni ha le relazioni con i movimenti rivoluzionari in giro per il mondo (e questo, dopo il suo trasferimento a Parigi sarà l’elemento caratterizzante). Il CPM ruota intorno ad alcuni padri fondatori: un pezzo di CUB Pirelli, Duccio Berio e Vanni Mulinaris (da sociologia di Trento), Italo Saugo (legato a Feltrinelli), un gruppo di ingegneri IBM controllati da Simioni, il gruppo dei tecnici della Siemens tra cui Mario Moretti.

Renato era il personaggio pubblico: interveniva nelle assemblee, incontrava i leader degli altri gruppi che si stavano formando, insomma era quello che faceva politica alla luce  del sole. Simioni, invece, operava sempre dietro le quinte. Lui doveva rimanere coperto perché stava preparando il passaggio alla lotta armata, stava organizzando la rete logistica, le strutture clandestine. Si sapeva che c’era chi stava facendo questo lavoro, e che questo era Simioni. Tant’è che il Cpm, già allora, era in grado di esprimere una capacità militare durante i cortei.

Il gruppo controllato da Simioni è soprannominato delle zie rosse perché è composto prevalentemente da donne e ne fa parte Mara Cagol. Le zie rosse si occupano di servizio d’ordine attivo durante i cortei. E’ già in questa fase che avvengono le prime incrinature tra Curcio-Franceschini e Simioni.

Franceschini è colpito dalla scarsa trasparenza di Simioni  che pretende di mettere alla prova i compagni mentre poco o nulla si sa di lui che gira in Maserati perché un vero rivoluzionario non deve destare sospetti   (come vive, quali sono le sue entrate, quali sonoi i suoi rapporti con i GAP di Feltrinelli).

Scheda tutti i militanti con un questionario dettagliato ai limiti della patologia. Questi questionari saranno poi consegnati ad un ex partigiano comunista emigrato in Cecoslovacchia per sfuggire ad una condanna per omicidio ai tempi della Volante Rossa. L’ex partigiano viene presentato a Mara da Simioni che di lui si fida. Più tardi, dopo che Simioni si è trasferito in Francia con Berio e Mulinaris, emergerà che Roberto Dotti (era a lui che avrebbe dovuto rivolgersi nel caso in cui avesse avuto bisogno di soldi o di altri aiuti) era legato alla associazione di Edgardo Sogno e Franceschini quando lo scopre si chiede anche se in realtà non fosse rimasto legato al KGB.

Il 2 settembre del 70 una italiana e un profugo greco saltano per aria (difetto del timer, stesso tipo di quello di Feltrinelli) mentre si stanno recando all’ambasciata americana di Atene per un attentato dimostrativo.

Alla lettura del giornale Simioni sbianca, dichiara che l’attentato l’ha organizzato lui e che la donna era una delle sue amanti. Curcio è allibito e la cosa più grave è che emerge che al posto della donna avrebbe dovuto esserci Mara che però si era rifiutata. Simioni non si limita a quello:

Scoprì sino in fondo le sue carte. Rilanciò proponendoci di compiere due attentati, che lui aveva già preparato. Voleva che uccidessimo due ufficiali della Nato, a Napoli, durante una visita di Nixon in Italia. E poi che ammazzassimo anche Junio Valerio Borghese, durante un comizio che il leader di Avanguardia nazionale aveva programmato in una piazza di Trento… Secondo lui, quelle azioni di altissimo livello militare sarebbero servite a «innalzare il livello dello scontro», costringendo la sinistra extraparlamentare a misurarsi su un nuovo terreno. L’effetto sarebbe stato che i pacifisti e gli opportunisti sarebbero stati spazzati via; mentre i veri rivoluzionari si sarebbero forgiati nello scontro. Nel frattempo, noi avremmo costruito l’organizzazione clandestina in cui sarebbero confluiti i rivoluzionari di tutta la sinistra.

Franceschini e Curcio si rendono conto che molte cose non quadrano (il libro è ricco di altri dettagli) e decidono di interrompere i rapporti. La rottura è verticale sia nel gruppo dell’appartamento sia tra i milanesi. Tra gli altri se ne vanno Prospero Gallinari e Mario Moretti (quest’ultimo in maniera ambigua). Ad onor del vero Moretti, ufficialmente se ne va in polemica con Simioni e lo sostiene in maniera netta nella su intervista rilasciata a Rossana Rossanda (Brigate Rosse: una storia italiana – Mario Moretti (recensione).

Si forma il gruppo dei superclan (abbreviazione di superclandestini) e sull’altro versante nascono le BR. Il superclan non riesce a combinare nulla e pian piano gli esponenti di Sinistra Proletaria che erano andati con Simioni tornano all’ovile mentre Simioni, Mulinaris e Berio vanno in Francia dove metteranno in piedi una organizzazione che si occuperà di coordinamento di organizzazioni rivoluzionarie in giro per il mondo (Spagna, Palestina, Irlanda, America Latina) e resterà sempre il dubbio di legami con i servizi segreti (Mossad, CIA, KGB).

Un dato interessante è che dei tre protagonisti del superclan non ci sono immagini in rete; l’unica immagine di Simioni è quella in eveidenza con l’Abbè Pierre in visita a Giovanni Paolo II. Rimane in tutto il libro l’ipotesi che Mario Moretti avesse una impostazione poco politica e militarista di suo o che sia stato eterodiretto da quelli del superclan (segnalo in proposito il capitolo 10, le stranezze di Moretti).

Il rapimento Sossi (1974)

So tratta della prima operazione importante delle BR (dopo i mini attentati alle auto dei capetti di fabbrica o i rapimenti mordi e fuggi). L’operazione è molto complessa e viene gestita da Franceschini con responsabilità diretta e da un esecutivo in cui sono presenti oltre a lui Curcio, Cagol e Moretti.

Il racconto della vicenda è molto dettagliato: la cattura, il trasferimento nell’alessandrino, gli interrogatori e le ammissioni da parte di Sossi, la presenza di un infiltrato scoperto a posteriori, le trattative con il coinvolgimento del vaticano, la svolta negativa allo scambio con il gruppo della XXII ottobre imposta da Coco, il rischio imminente di una strage pianificata dal ministro degli interni Taviani, le paure di Sossi.

Non c’è tempo da perdere; Moretti, sostenitore della linea di uccisione di Sossi (secondo lo stesso schema che applicherà nel caso Moro, resta in minoranza nell’esecutivo e Sossi viene camuffato e liberato su sua richiesta a Milano in modo che possa tornare a Genova in treno e consegnarsi alla Finanza (gli unici di cui si fida). L’accusa congiunta di Curcio e di Franceschini a Moretti è che non sia in grado di gestire politicamente le situazioni, che pecchi di militarismo e che vada estromesso dall’esecutivo.

la cattura dei capi storici e il rapimento e assassinio di Moro

Nel giro di pochi anni si susseguono la cattura di Curcio e Franceschini (settembre 74) grazie alla infiltrazione di Silvano Girotto (frate mitra) in un contesto in cui emergono ombre di leggerezza o peggio nei confronti di Moretti, la liberazione di Curcio dal carcere di Casale (febbraio 75) con una azione militare condotta da Mara Cagol, il rapimento Gancia  e la sua liberazione alla cascina Spiotta con uno scontro armato in cui muore un carabiniere e successivamente viene uccisa Mara Cagol (giugno 75).

La versione di Franceschini e delle BR diceche Mara è stata giustiziata con una calibro 22 da un carabiniere in borghese che le spara un colpo all’ascella da distanza ravvicinata mentre lei ha le mani alzate in segno di resa. C’è un testimone oculare (il brigatista fuggito e nascosto nei dintorni che non sarà identificato ma darà la sua versione alle BR).

Allo stesso modo (con l’intenzione di uccidere) fu programmato l’arresto di Giorgio Semeria (marzo 76) con tentativo di uccisione per coprire chi lo aveva venduto.  Semeria avrebbe dovuto diventare il nuovo capo delle BR dopo il nuovo arresto di Curcio. In questo contesto le nubi si addensano su Moretti (Curcio e Semeria lo accusando di essere una spia) e nel libro si trovano i fatti e le circostanze.

Ovviamente la stessa domanda io la posi a Renato. E lui mi raccontò un episodio relativo al suo secondo arresto. Dopo la nostra cattura alla stazione di Pinerolo, Renato infatti era riuscito a evadere, ma quasi un anno dopo lo avevano ripreso.
Era una domenica, il giorno in cui era stato catturato la seconda volta. ll giovedì precedente aveva avuto una riunione di esecutivo piuttosto tesa con Semeria – in quel momento ancora in libertà – e Moretti. Terminata la riunione, Moretti disse che era stanco e che non aveva voglia di tornare a Genova, dove viveva in quel periodo; perciò chiese a Renato se poteva fermarsi a dormire da lui. Renato rispose di no, non sarebbe stato prudente: la regola della compartimentazione imponeva che nessuno sapesse dove dormivano gli altri. Moretti insistette e, alla fine, Curdo se lo portò a casa. Tre giorni dopo, la domenica, Renato fu arrestato nel suo appartamento insieme a Nadia Mantovani.

Moretti diventa il capo delle BR e inizia la fase sanguinaria della organizzazione. Dapprima la uccisione di Coco e della sua scorta (giugno 76) e via verso il caso Moro

Gallinari era stato arrestato alla fine del 1974. Nel 1 976 era imputato con noi nel primo processo al nucleo storico delle Br. E fu lui a leggere in aula il comunicato di rivendicazione dell’omicidio Coco. Poi, sospeso il processo, nessuno di noi tornò nel carcere di provenienza, ci trasferirono tutti in prigioni di massima sicurezza. Tutti, tranne Gallinari, che tornò a Treviso, un altro carcere-albergo come quello di Casale
Monferrato. E infatti, nel gennaio 1977, riuscì a evadere. Nelle sue memorie, pubblicate dopo la sua morte, Taviani rivela che consentirono a Gallinari di evadere perché, seguendo lui, volevano prendere Moretti. Solo che, Moretti, non lo presero. … Comunque, dopo l’evasione da Treviso, Gallinari entrò subito nell’esecutivo e divenne il braccio destro di Moretti. A quel punto, con due dei suoi uomini al vertice delle Br, il disegno di Simioni poteva dirsi davvero compiuto.

Al termine del sequestro Moro alcuni dei protagonisti arrestati finiscono in carcere e Curcio li spazzola:

Noi continuavamo a chiedere a quelli fuori: ma Moro che cosa ha detto? E loro continuavano a ripetere che non aveva detto niente di interessante. Poi, però, arrestano Bonisoli e Azzolini, nell’ottobre 1 978 scoprono il covo di via Montenevoso a Milano, trovano il «memoriale» di Moro e noi leggiamo tutto sulla «Repubblica». A quel punto ci arrabbiamo. Durante l’ora d’aria, all’Asinara, Curdo prende da parte Bonisoli e Azzolini e li strapazza: «Ma come, ci avevate detto che Moro non aveva parlato ! Se aveste pubblicato anche solo un decimo delle cose che abbiamo letto sulla «Repubblica», sarebbe scoppiato un tale casino ! Siete dei deficienti totali, oppure avete in testa qualche altra cosa?».

E si sta parlando solo delle confessioni di Moro depurate da Moretti, quelle integrali saranno scoperte anni dopo nel tramezzo murato di via Monte Nevoso.

Dalla lettura della intervista di Franceschini non si può concludere che Moretti fosse una spia o che invece fosse eterodiretto dai capi del Superclan che stavano a Parigi e che il suo militarismo, oltre che da elementi caratteriali fosse figlio di quel rapporto.


Che cosa sono le BR. Le radici, la nascita, la storia, il presente
Giovanni Fasanella , Alberto Franceschini
Rizzoli – Pubblicazione: 5 Maggio 2004 ISBN: 8817002348 Pagine: 240 12 €