Come ho vissuto Berlusconi

Fase 1: quella della nascita delle TV libere in cui il sistema politico cercava di impedirne il proliferare come aveva già fatto con le radio. Stavo dalla parte delle TV libere e del loro diritto a consorziarsi alla ricerca di una concorrenza al monopolio RAI sia attraverso l'informazione delle TV locali sia attraverso la condivisione di programmi da trasmettere su scala regionale o sovraregionale.

Stavo dalla parte della innovazione e mi colpiva favorevolmente il fatto che molte persone e intellettuali del mondo progressista fossero contro il regime di monopolio e schifati da mamma RAI e dai suoi lacci e lacciuoli lavorassero per Berlusconi. Stiamo parlando della fine degli anni 70 e degli anni 80.

Fase 2: nascita di Forza Italia, la gioiosa macchina da guerra di Occhetto, lo scioglimento del PCI, Mani Pulite, la distruzione della I repubblica. Per me sono stati anni di progressiva scelta riformista, di avvicinamento al liberal-socialismo, di scarsa adesione a quella che veniva chiamata II repubblica, di perplessità su alcuni aspetti di Mani Pulite. Nei confronti del Berlusconismo sviluppavo una progressiva ripulsa basata sulla mia estraneità ai modelli culturali, morali e comportamentali che le tv berlusconiane diffondevano a piene mani: tette e culi, poca cultura, effimero, umorismo da avanspettacolo, farsi i fatti propri, ridere sguaiatamente, diffondere il qualunquismo in particolare in politica. Ricordo che a chi mi chiedeva una opinione rispondevo che prima di votare Forza Italia avrei votato per Fini.

Per quanto riguarda gli anni 90 e il primo decennio del nuovo secolo imputo a Berlusconi e al suo sistema di cultura, spettacolo, informazione l'aver contribuito in maniera determinante alla corruzione intellettuale e morale del nostro paese. La botta definitiva è stata data dai social network e dalla civiltà dello smartphone ma credo che il berlusconismo ne sia stata in qualche modo la premessa.

Con la crisi della II repubblica (mai nata), con la distruzione della politica organizzata, con la trasformazione dei partiti in macchine elettorali basate sulla leadership anziché sulla partecipazione, con lo smartphone trasformato in appendice del proprio corpo si è compiuta, come trionfo del farsi i fatti propri, quella che avrebbe dovuto essere, almeno lo sostenevano, una grande rivoluzione liberale.

Accanto alla crisi della politica e al suo ritrarsi si è sviluppata, come è naturale che avvenga, la presa di potere da parte di un settore della magistratura (nata con mani pulite, ma proseguita in maniera più ampia successivamente) e di questa presa di potere Berlusconi è stato insieme artefice e vittima. Con le sue TV ha assecondato gli aspetti più deleteri di mani pulite e quella magistratura, chiamata a controllarne i traffici non sempre leciti, ad un certo punto gli ha dichiarato guerra.

E' stata una guerra senza esclusione di colpi; da una parte lui che si riteneva intoccabile protetto dai massimi esperti di procedura penale chiamati all'arduo compito di far decadere le inchieste per vizi procedurali o per decadenza dei termini (vogliamo parlare dell'avvocato Ghedini o di Coppi …), dall'altra un settore assatanato di magistratura che si riteneva investito di un compito salvifico per l'Italia (Davigo per tutti).

Berlusconi ha avuto due volte (con D'Alema e con Renzi) la possibilità di diventare il padre della modifica strutturale delle parti del nostro sistema costituzionale inadeguato e, in entrambe le occasioni, arrivato al dunque ha preferito chiamarsi fuori (più agevole la strada del potere diretto costruito sulla alleanza di centro-destra). Questa della mancanza di coraggio politico e di insufficiente cultura istituzionale è il difetto principale che gli imputo in politica. Ha preferito stare sempre e solo nel suo orticello anche quando in quell'orticello crescevano proposte alternative alla sua e così non abbiamo avuto le riforme istituzionali (forma di governo, presidenza della repubblica, legge elettorale, riforma dell'ordine giudiziario con separazione di carriere e funzioni) ed è cresciuta una organica cultura di destra fatta di valori reazionari.

Dopo la fase dei bunga-bunga, su cui andò in crisi il rapporto con Veronica Lario, i suoi alleati hanno continuato ad omaggiarlo formalmente (esemplare la vicenda di Ruby nipote di Moubarak) e contemporaneamente ne hanno ridimensionato potere e leadership fino all'ultima rielezione di Mattarella. Almeno ora che è morto la vogliamo affermare la stupidità del riproporsi come candidato Presidente della Repubblica a 85 anni e con la salute inficiata da stili di vita poco sobri praticati per decenni?

C'è un'ultima questione che mi sta a cuore, quella della corruzione morale. Si tratta di un argomento delicato. Da liberale penso che ogni cittadino e dunque anche chi fa politica, abbia il diritto alla riservatezza e alla distinzione tra sfera privata e sfera pubblica. Ma penso anche che esistano, per chi riveste un ruolo pubblico, dei limiti alla esibizione dei propri stili di vita che alla fine vengono proposti come modello. Una maggiore sobrietà non avrebbe guastato. La chiediamo a un professore di scuola media, la vogliamo chiedere a chi vuol fare il Pre4sidente del Consiglio  e/o della Repubblica?

E' vero, Berlusconi era uno sborone e questo spiega il recente episodio con la promessa di un pulman di troie per i giocatori vincitori del Monza Calcio, ma mi chiedo un signore di 86 anni, con i suoi soldi, con la sua storia politica, così decaduto da aver bisogno di una giovane badante fatta passare per fidanzata, ha il diritto di dire pubblicamente ciò che pensa anche quando si tratta di affermazioni da bar-Sport (come gli è capitato di dire recentemente su Putin e Ucraina) sapendo che poi il soccorso azzurro, verde o tricolore interverrà a dare tutte le precisazioni?

Berlusconi era un grande personaggio, una persona multiforme e fuori dagli schemi, un vincente abituato a vincere e dunque poco avvezzo alle opportunità e al senso della misura, ma alla fine era un uomo e come tutti gli uomini è morto e la rivoluzione liberale non ce l'ha data. Che differenza la morte, sul cammino di Francesco, di Flavia Franzoni, la moglie di Romano Prodi.

Al funerale mi ha fatto piacere vedere i 5 figli uniti accanto a Marta Fascina, elegante e commossa, l'ultima compagna e mi chiedo quale rapporto abbia potuto instaurarsi tra una giovane (molto più giovane dei figli) e un anziano giunto al termine del suo cammino; le diverse dimensioni della affettività.