Calenda come Pierino … quello del lupo
Il primo sentimento è quello di amarezza. Carlo Calenda ha dimostrato una idea della leadership del tutto inadeguata al progetto: unire il centro liberal democratico e costruire la casa dei riformisti. Ha costantemente alzato il prezzo chiedendo a Italia Viva di farsi da parte, di tacere, di non esistere per non disturbare il manovratore e alla fine ha rotto quando è apparso chiaro che il congresso sarebbe stato un congresso serio e con una segreteria contendibile.
Quando il processo di avvicinamento è iniziato, a ridosso delle politiche, facevo fatica a capire le posizioni reciproche: apparentemente Calenda spingeva e Renzi frenava. Certo c'erano cose poco chiare nel documento Letta-Calenda subito seguito da quello Letta-Bonelli-art.1. Dietro c'era, e Renzi lo ha documentato, la scelta di Letta di porre il veto su Italia Viva (perché Italia Viva in coalizione avrebbe fatto perdere più voti di quanti ne avrebbe portati).
Chissa come è andata: Calenda si trincerò dietro l'accordo che apriva la strada ai 5 stelle per affermare che Letta aveva tradito l'impostazione originasria; c'è chi dice, invece, che Calenda sia rimasto stupito e impaurito dalla decisione di Italia Viva di presentarsi alle politiche anche da sola.
Così è nato il progetto terzo polo che, alle politiche è andato molto bene nelle città e dove conta il voto di opinione e meno bene dove serve una presenza consolidata sul territorio. Poi sono venute le due scadenze delle regionali (Lombardia e Friuli) decisamente in regresso. In Italia Viva si diceva: usiamo il 2023 per consolidare la unità nei territori, sciogliere i due partiti alla fine del 2023 e costruire il nuovo partito nel 2024 (tesseramento unico) con le elezioni europee come banco di prova.
In tutto questo, mentre i due partiti continuavano ad operare separatamente nei territori e con tutti i rischi legati al marciare divisi (si veda il caso di Siena dove le due forze appoggiano per le comunali candidati sindaco diversi), formalmente il ruolo di front-man era affidato a Calenda mentre Renzi si limitava ad interventi episodici, ma di peso, come al Senato.
Era atteso per questo mese un manifesto comune dei valori per dare sostanza al processo di scioglimento che in caso contrario avrebbe saputo di ammucchiata.Invece negli ultimi 15 giorni sono venute dichiarazioni a ripetizione che andavano in senso contrario. Renzi, che non sta mai con le mani in mano, ha scelto di dedicarsi ad uno strumento di orientamento e diffusione capillare come la direzione-rilancio del quotidiano arancione, il Riformista (senatore, conferenziere, opinion-maker) per dare continuità di orientamento politico e capillarità al mondo di Italia Viva.
Sullo sfondo, anche se se ne parla poco, c'è anche la fine, per ragioni di salute, dell'era politica di Silvio Berlusconi. Forza Italia, senza Berlusconi non c'è più e contemporaneamente è in atto l'operazione di costruzione organizzativa e strutturata del nuovo partito della destra. Renzi, in maniera implicita od esplicita potrebbe avere in mente di giocare un ruolo e lo si vedrà dalle caratteristiche, oltre che dalla capacità di incidenza, del Riformista.
Calenda, nell'affermare la fine del processo unitario: ha sollevato quattro questioni: 1) la assunzione comune del tema del finanziamento 2) la richiesta di azzerare la Leopolda 3) gli impegni sulle scadenze del processo unitario 4) l'inserimento nel manifesto dei valori dei divieti sulle attività di lobbing.
Gli si è replicato: 1) la compartecipazione ai costi c'è stata e ci sarà 2) la Leopolda storicamente è qualcosa di diverso e di pù ampio di una manifestazione di partito e non può essere oggetto di contrattazione 3) il processo unitario prevedeva il manifesto dei valori, tesseramenti separati nel 2023 e scioglimento dei due partiti a fine 2023 con tesseramento unico nel 2024, congresso fondativo, strutturazione nei territori, e definizione della leadership in sede congressuale 4) il divieto di ogni attività di lobbing era già previsto e accettato consensualmente nel manifesto dei valori.
Qui finisce la mia ricostruzione ma mi voglio soffermare sui limiti di questa nuova politica troppo basata su scadenze di opinione e troppo poco basata su partiti in grado di essere forza organizzata nella società anche al di là e al di fuori del semplice livello strettamente politico. Ne scrivevo nel lontano 2017 in Il mio congresso del PD (da leggere) e non ho cambiato opinione. E' vero sono cambiate le tecnologie, i modi della organizzazione sociale, il modo di far politica ma l'analisi che Antonio Gramsci faceva dal carcere sulle caratteristiche dalla società italiana va tenuta presente: l'egemonia è una cosa molto seria che richiede la capacità di parlare e convincere dagli intellettuali agli underdog per riferirsi alla Meloni. Su questo terreno mi pare che quella di Renzi, a proposito del Riformista, sia stata una buona intuizione.
Mi era iscritto a Italia Viva nel 2022 dopo le molte perplessità sulla scissione a freddo del PD (da cui per altro ero già fuori) quando si aprì il progetto di un partito unico dei riformisti. Calenda lo ha fatto saltare e prima di riprendere la tessera 2023 di Italia Viva voglio misurare la capacità di pensare in grande e di guardare lontano. Per ora sono amareggiato e mi piacerebbe che coloro che fanno politica a tempo pieno, o quasi, si rendessero conto che, anche se si è dalla parte della ragione, è stata bruciata in pochissimi mesi una fiducia che sembrava far seguito alla speranza: la speranza per una politica razionale, pragmatica, capace di risolvere e di innovare.