l’eterno uguale e la liturgia di Letta

Critiche a non finire al pd. aggiungo la mia: in sintesi il PD ha perso perche’ si porta appresso qualcosa di… religioso. e Letta assomiglia al prete che officia come fosse un dovere corrente: senza immaginazione e senza immedesimazione, si piomba nel vortice crepuscolare dell’ordinarietà, della prevedibilità.

L’effetto è soprattutto uno: pare di essere dentro la canzone più famosa di Califano: l’entusiasmo che ti resta è la brutta copia di quello che era, ed il tempo e i suoi giorni, si riempiono di noia. “No, non ho detto gioia, ma noia, noia, noia / Maledetta noia”.

Da quando è nato, il Pd, coi suoi undici segretari in quindici anni, si interroga sulla sua identità. Sempre in bilico tra riformismo e nostalgia (del sol dell’avvenire); ancora non è riuscito a sbarazzarsi dal dirsi l’uno con l’altro “compagno”; ancora non ha chiuso del tutto con l’epoca in cui USA e URSS erano i gendarmi del mondo (si stava preferibilmente dalla parte dei secondi e immancabilmente contro i primi).

In sostanza, un atavico senso di appartenenza strettamente legato alle passate represse pulsioni pseudorivoluzionarie. Roba da religiosi, appunto; anzi, roba da bacchettoni. I generosi tentativi di  smuovere il tutto sono naufragati tra mille correnti.

Norberto Bobbio già lo diceva (ai leader di sinistra di allora): “Si interrogano sul loro destino e non hanno capito la loro natura. Capiscano la loro natura e risolveranno il problema del loro destino”.